• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Cronaca > Propaganda leghista all’Università Cattolica di Milano

Propaganda leghista all’Università Cattolica di Milano

Una breve riflessione sui manifesti di propaganda del MUP (Movimento Universitario Padano) affissi qualche giorno fa nell'ateneo

Da meridionale può fare un certo effetto visitare per la prima volta l'Università Cattolica del Sacro cuore di Milano: situata in una zona poco conosciuta a chi proviene da fuori, si respira da subito un'atmosfera atipica. Non si è abituati a vedere una struttura del genere: luogo spazioso, verdeggiante, ordinato, pulito, ben sorvegliato e organizzato. Un’università che è quasi un sito turistico. O forse anche una sorta di centro commerciale, vista la grandezza della libreria, situata a sinistra, subito dopo l’entrata. E infatti, si precisa proprio all’entrata che i visitatori-non studenti devono chiedere permesso alla segreteria per accedervi. 

Eppure, mentre passeggi in quei larghi corridoi, che sembrano incastonati tra di loro in un splendido lavoro di architettura, sulle pareti, sono affissi manifesti del Movimento Universitario Padano che lasciano un po’ perplessi.

Certo, solito folclore si dirà. Nessuno degli studenti sembrava turbato da quelle scritte più di quanto potessi esserlo io. Insomma, questo tipo di manifesti, appesi in un università, e per giunta cattolica che senso hanno? “Movimento alternativo padano”, “formazione militante”: cosa significa? Scritti col carattere gotico, che ci fa ricordare ben altre (e ben peggiori!) stagioni, ma che forse serve solo per collegarsi ad una certa tradizione, o mitologia, celtica (?). Altri manifesti che sembrano richiamarsi alla più becera propaganda leghista. Eppure qui non siamo in Veneto, non parlano direttamente all’elettorato leghista. Siamo nel cuore finanziario d‘Italia, in un università sita nei pressi della basilica di Sant’Ambrogio. 

Naturalmente, anche qui in meridione, c’è la rinascita di una certa retorica anti-risorgimentare e antiunitaria, ma il linguaggio di quegli striscioni era diverso. Può sembrare strano, ma non ho pensato al razzismo, alla xenofobia, o al populismo basso leghista. Ma a qualcosa di profondamente peggiore: all’indifferenza.

Studenti borghesi, cresciuti tra un’ave Maria e un Padre Nostro, figli di papà magari formati nella Milano bene. Forse. Gli elementi religiosi servono per costruire e costituire un senso identitario di appartenenza. Questa per loro è fede. Appartenenza. Un linguaggio simbolico, magari fatto di semplici slogan “Siamo contro l’aborto”. Null’altro per definire l’esistenza umana. Nessuna apertura al dubbio, alla problematicità e alla tragicità della vita. Nulla a che vedere col Cristo del discorso della montagna e delle beatitudine, nessun riferimento ai deboli e agli oppressi. Non hanno imparato la lezione sul bene da Agostino, allievo di quel sant’Ambrogio che venerano. Pregano un Dio che è contro l’unificazione d’Italia. Un dio pagano, forse. 

Allora, per un secondo ho avuto nostalgia della mia scuola. Dei nostri atenei “scassati”. Ho avuto la nostalgia e l’ammirazione per chi riesce ancora a scandalizzarsi, a indignarsi. Ho pensato alla plebe napoletana, a chi vive in stato di marginalità e ho capito che se si vuole cercare un senso religioso della vita andrebbe ricercato proprio qui. Perché, quindi, invece di stupirci solo quando qualche folle uccide per ragioni etniche, o religiose, non iniziamo tutti già a soffermarci e riflettere sul senso di questi manifesti?

Commenti all'articolo

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares