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 Home page > Attualità > Europa > Prendere a calci un vasetto di yogurt greco

Prendere a calci un vasetto di yogurt greco

Si è lungamente discusso, durante il fine settimana, se l’accordo (o meglio, il pre-accordo) tra la Grecia e la Ue possa definirsi o meno una capitolazione del governo Tsipras davanti ai creditori internazionali. Osservando i termini del pre-accordo e le puntualizzazioni successive sembrerebbe di sì, ma più verosimilmente l’esito va ricondotto alla classica operazione di acquisto di tempo, da parte di entrambi gli schieramenti. Ciò non toglie che alcune considerazioni di fondo possano essere espressa già da ora, e sono quelle più “esistenziali”.

In soldoni, la Grecia pare aver ottenuto poco e nulla. Niente conferenza europea sul debito, che nell’ambizione di Atene doveva essere un evento solenne con validità erga omnes, uno spartiacque della storia per i paesi grandi debitori, anche se non è chiaro in che modo ed a quali termini. Niente decurtazione del valore nominale del debito, che era il bersaglio grosso della piattaforma elettorale di Tsipras. La concessione più “simbolica” ottenuta da Atene è stata, come noto, l’aver modificato il nome della Troika in quello di “Istituzioni”. Peccato che il termine Troika non sia mai esistito in alcun documento ufficiale, ma fosse solo colore mediatico poi entrato nell’uso comune. Si negozierà sulla possibilità di ridurre la consistenza dell’avanzo primario richiesto alla Grecia, previsto per quest’anno al 3% del Pil e che dovrebbe aumentare al 4,5% nel 2016. Peraltro, da parte tedesca (e non solo), si tende a leggere l’eventuale riduzione di tale avanzo solo come adeguamento al peggioramento congiunturale greco, che è stato indotto dalla corsa agli sportelli post-elezioni e dal mini crollo del gettito fiscale, e non come una vera concessione “di struttura”.

Il punto delle corse agli sportelli, o più propriamente al paese (visto il crollo di gettito fiscale da “liberi tutti”), è e resta centrale, anche a futura memoria. L’eventualità di un’uscita traumatica della Grecia dall’Eurozona ha indotto molti cittadini a prendere misure difensive. Sarebbe piuttosto naïf affermare che chi è corso a prelevare agli sportelli è un “oligarca” o comunque un alto-borghese antipatriottico ma questa chiave di lettura piace molto, ad esempio qui in Italia; paese che, come noto, ha un pessimo rapporto con la realtà. Non pochi osservatori leggono questa “corsa al paese” come l’elemento che ha fortemente indebolito la posizione negoziale della leadership greca, oltre alla visibile assenza di effetto-contagio sulla periferia, a differenza del terribile anno 2011. Forse sarebbe stato utile metterlo in conto prima di avviare il negoziato, ma gli esperti di teoria dei giochi sono altri.

Vero o meno che sia, abbiamo avuto la conferma che il rischio di uscita unilaterale dalla moneta unica è e resta la massima espressione del concetto di terra incognita, con buona pace di alcuni maestri del controfattuale che scrutano nelle loro scintillanti sfere di cristallo. La vicenda di questo negoziato, come avevamo segnalato in precedenza, segna anche l’ennesimo momento di imbarazzo per economisti, futurologi ed addetti ai lavori a vario titolo, spesso solo quello della chiacchiera. A questa regola non è sfuggito uno tra i più lucidi osservatori dell’eurocrisi, Wolfgang Münchau, che ha reiterato un editoriale da stato confusionale, in cui non è affatto chiaro come tenti di “istruire” i greci a negoziare, finito il tempo delle schermaglie.

Paul Krugman, invece, si è detto moderatamente soddisfatto dell’esito, da egli visto per quello che è: acquisto di tempo, soprattutto a beneficio di un governo oggettivamente “inesperto”. Nei giorni scorsi, Krugman aveva denunciato il tentativo tedesco e dei creditori del Nord (ma non solo loro, viste le posizioni molto nette di Portogallo e Spagnacontro concessioni sostanziali ad Atene) a spingere la Grecia fuori dall’euro. Mossa che, secondo Krugman, sarebbe stata autolesionistica per la Ue, perché avrebbe di fatto agevolato l’ascesa al potere di Alba Dorata. La posizione di Krugman sembra partire dal presupposto che l’uscita della Grecia dall’euro sarebbe assai miope per l’Eurozona ed una catastrofe per l’economia e la società greche, causando l’arrivo dei neonazisti. Bene, ma se le cose stanno in questi termini, ciò significa che qualunque uscita individuale dalla moneta unica equivarrebbe ad una devastazione senza appello. Prendiamone atto ma restiamo coerenti anche nelle diagnosi e prescrizioni successive. Stiamo dicendo che unica via è una ossimorica “dissoluzione ordinata” dell’Eurozona?

Non è un caso, per parlare del pollaio italiano, che il M5S si sia immediatamente buttato a pesce sulle parole di Krugman, che riecheggiano uno dei claim grilleschi delle origini: “senza di noi, in Italia ci sarebbe già Alba Dorata”. Le cose non sono andate esattamente in questi termini, come abbiamo visto, ma l’incapacità diagnostica dei grillini e la loro ingenuità a cavalcare quelle che appaiono come argomentazioni a sostegno delle proprie tesi fanno quasi tenerezza. Come detto (e visto), i paesi in assistenza sovranazionale non solo non hanno manifestato solidarietà alla Grecia, ma sono pure apparsi allineati alla linea dura tedesca. Come da attese, peraltro. Ma sono governi corrotti e collaborazionisti, diranno i più immaginifici tra voi. Può essere, ma queste sono le forze in campo, al momento. Poi, se e quando gli esiti elettorali cambieranno, penseremo alla nascita dell’Uomo Nuovo.

I grillini, si dicevacitano un post di Zero Hedge, noto sito ultracospirazionista ed iperventilante (che come oracolo di sciagure ci azzecca ancor meno di Ambrose Evans-Pritchard), che cita indirettamente Krugman sulla “minaccia neonazista” in caso di caduta di Tsipras. Il messaggio sembra quindi essere: teniamo la Grecia dentro l’Eurozona, a tutti i costi, perché se cade questo governo arrivano i nazisti, ed è colpa dei tedeschi! Può essere tutto, ma Alba Dorata vuole esplicitamente la Grexit, su base individuale e non concordata con alcuno. Che poi è esattamente quello che vogliono i grillini per l’Italia, pare di capire. Voi non notate la lieve contraddizione?

Parlando di cose un filo più serie, siamo in attesa della lettera contenente le proposte greche. Secondo indiscrezioni, sarebbero misure molto “facili”, molto simili a quelle che anche da noi lastricano la strada verso la felicità. Quanto alla lotta agli “oligarchi”, per noi italiani sarà interessante verificare se in Grecia ne risiedono ancora (fiscalmente parlando) oppure se, alla fine dei giochi, si tratterà anche da loro dei noti plutocrati da 40.000 euro lordi annui. Se poi Tsipras riuscirà a far funzionare il fisco e la pubblica amministrazione greci, entrerà nella storia. Ma, anche qui, non punteremmo troppi soldi.

Ma ribadiamolo: questa proroga di quattro mesi lascia tutto impregiudicato. Ed il barattolo di yogurt greco continua ad essere preso a calci lungo la strada.

 

Foto: Sascha Kohlmann/Flckr

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