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 Home page > Tribuna Libera > Post-elezioni: possibili scissioni in vista #2

Post-elezioni: possibili scissioni in vista #2

Il minuetto fra i partiti continua.

Accade dopo la ventilata convergenza Lega-M5S, che sembra essere ancora la più probabile delle conclusioni, sia per le numerose sintonie di programma fra i due competitor sia per il comune interesse a far sfumare il quadripolarismo PD-M5S-FI-Lega in un nuovo bipolarismo giallo-nero con qualche piccola formazione residuale a destra e sinistra.

Il fronte contrario - ancora intontito dall'inaspettata batosta elettorale - si è mosso al rallentatore: dapprima si è esposto Maroni, minacciando una scissione all'interno della Lega, poi è ri-sceso in campo Berlusconi per cercare di tirare le redini alla frenesia indipendentista di Salvini e, oggi, tocca al sottosegretario PD, Sandro Gozi, sgambettare il suo stesso partito diventato inaffidabile ai suoi occhi dopo la rottamazione del rottamatore, al punto da definirlo un partito “da superare” perché “ormai insufficiente”.

Questa tendenza che guarda con estremo favore alla soluzione escogitata in Francia dalla “terza via” dell’ex socialista Emmanuel Macron - un centralismo nazionale repubblicano fortemente europeista (che si autodefinisce progressista anche se i detrattori lo accusano di essere semplicemente neoliberista) - sembra camminare in parallelo con i tentativi di Berlusconi e Maroni volti a ostacolare il possibile accordo Salvini-Di Maio.

In sintesi come i fautori del bipolarismo prossimo venturo (che ambiscono a far svanire definitivamente ogni traccia di sinistra e ogni traccia di destra “moderata” europeista) stanno cercando di imporsi muovendosi con cautela, così i sostenitori delle forze centriste stanno manovrando per realizzare - nonostante il voto contrario - proprio quel progetto su cui era stata cucita con cura l’ultima legge elettorale.

Un’ipotesi di scissione del PD - che sembra implicita, o almeno ventilata, nelle parole di Gozi - appare comprensibile nella logica prettamente “berlusconiana” che sembra emergere: una nuova edizione delle Larghe Intese tutta destro-centrica (al contrario di quella PD-FI immaginata prima del voto a baricentro PD).

Se Berlusconi dovesse riuscire a convertire Salvini ad una linea attendista, si potrebbe delineare un governo "alla tedesca" sostenuto dai 265 deputati di tutta la coalizione di centrodestra - o almeno non avversato dai salviniani - con l’apporto di una cinquantina di deputati renziani ormai in fase di “superamento” del PD. E, per questo, disponibili anche a governare con Salvini.

La maggioranza di 315 deputati sarebbe così a portata di mano. Più facile ancora al Senato dove ai 137 senatori del centrodestra basterebbe il supporto di una ventina di transfughi del PD.

Chi rimarrebbe con il cerino in mano a questo punto - oltre ovviamente a una sinistra ridotta ai minimi termini (ma anche con un'anima più asciuttamente socialdemocratica che potrebbe farsi venire l'idea di diventare un polo di riaggregazione della sinistra) - sarebbe proprio il partito più votato in Italia. Soprattutto al Sud.

Chissà come la prenderanno bene gli elettori.

Ma i Cinquestelle, peraltro, potrebbero essere invece molto contenti di ritrovarsi ancora all'opposizione a lamentarsi dei poteri forti e a sventolare la bandiera fanculista evitando così, ancora per un po', il pasticciaccio brutto di dover governare.

Perché le buche di un paese sono molto peggio di quelle di una città. Anche se si chiama Roma.

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