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Possiamo salvare il Pianeta facendo più figli?

In occasione della Giornata mondiale della popolazione, evento dedicato alla sensibilizzazione sul problema dell’incremento demografico, vi proponiamo il seguente articolo di Elisa Corteggiani, biologa molecolare e responsabile scientifico Uaar, pubblicato sul secondo numero di Nessun Dogma – Agire laico per un mondo più umano. Per leggere la rivista associati all’Uaarabbonati oppure acquista le singole copie in formato digitale.

Per far nascere i primi due miliardi di persone ci sono voluti 5.000 anni, nei 100 anni successivi siamo arrivati a sette miliardi e mezzo.

La crescita della popolazione umana

La popolazione umana sul Pianeta ha oggi superato i sette miliardi e mezzo di individui e cresce di circa 80 milioni di persone ogni anno, prevalentemente nei Paesi in via di sviluppo.

Si stima che per far nascere i primi due miliardi di persone siano stati necessari 5.000 anni, mentre i due miliardi successivi sono nati in circa cinquant’anni, nel periodo compreso fra la fine degli anni venti e gli anni settanta del novecento. In soli 25 anni, fra il 1974 e il 1999, la popolazione mondiale si è accresciuta di altri due miliardi di individui e oggi continua a crescere al ritmo di circa 200.000 persone in più al giorno. (Dati del World Population Prospects 2019 delle Nazioni Unite).

Le analisi di Thomas McKeown e Hans Rosling mettono in evidenza come la crescita che abbiamo osservato a partire dalla seconda metà del novecento non sia correlata con un aumento della fertilità, bensì con una drastica diminuzione a livello globale della mortalità per mancanza di risorse, malattia o guerre e in modo particolare con una riduzione importante e generalizzata della mortalità infantile.

La popolazione umana sembra avere una disponibilità di risorse necessarie alla sopravvivenza così elevata da non incontrare limiti alla propria crescita. In biologia è ben noto infatti che la popolazione di un organismo che vive in un habitat con una quantità di risorse illimitata cresce in modo esponenziale o geometrico e lo si può dimostrare facilmente in condizioni di laboratorio.

Si può crescere all’infinito?

Alla fine del settecento il reverendo Thomas Malthus, nelle sue analisi economiche sulla crescita delle popolazioni, asseriva che la tendenza dei viventi a crescere in modo esponenziale fosse accompagnata da una crescita solo lineare della disponibilità di cibo, conducendo all’inevitabile collasso, per mancanza di risorse, del numero di individui di una popolazione in crescita attiva. A limitare la crescita esponenziale e a evitare il collasso ci pensavano le malattie e le guerre, che decimavano le popolazioni, e il controllo morale esercitato dalle religioni sulla sessualità e la riproduzione degli individui di una società.

La disponibilità di cibo oggi nel mondo

Con buona pace di Malthus la disponibilità di cibo sulla Terra non è certo cresciuta in modo lineare nel corso del ventunesimo secolo e l’impatto di molti fattori che determinano la mortalità in una popolazione è stato fortemente ridotto grazie allo sviluppo della medicina e della tecnologia in generale. A fronte di un aumento dell’estensione delle terre coltivate del 30% si è avuto un aumento di raccolto di sei volte, ogni ettaro oggi produce cibo per quattro persone mentre 100 anni fa ne alimentava solo una e mezzo. La sintesi dei fertilizzanti azotati ottenuti dall’ammoniaca ha dato avvio alla cosiddetta rivoluzione verde; e a incrementare ulteriormente la produttività agricola ha contribuito un aumento di 150 volte dell’energia impiegata in agricoltura sotto forma di macchinari e ricerca.

La disponibilità di cibo, il primo fattore limitante nella crescita delle popolazioni, sembra oggi non essere un problema, è un problema semmai la sua distribuzione: si contano oggi nel mondo più di due miliardi di persone sovrappeso o obese, a fronte di 800 milioni di persone che hanno difficoltà a procurarsi cibo a sufficienza.

Mentre l’umanità ingrassa però il Pianeta si impoverisce di suoli fertili, si impoverisce di risorse energetiche indispensabili all’agricoltura moderna e contribuisce al cambiamento climatico che, a sua volta, sta riducendo l’estensione delle aree fertili nel mondo. Per quanto tempo ancora dunque la produzione di cibo sarà così abbondante?

L’attuale produttività globale di cibo è sostenibile?

A oggi e per tutto il secolo scorso, la fonte di gran lunga prevalente di energia utilizzata dall’uomo sono stati i combustibili fossili. Come conseguenza della combustione di queste risorse energetiche vengono rilasciati nell’ambiente, fra gli altri, anidride carbonica (CO2), monossido di azoto, acido nitrico e acido solforico. Attualmente l’umanità produce e immette nell’atmosfera 36 miliardi di tonnellate di CO2 ogni anno, pari a 60 volte la quantità rilasciata in atmosfera oggi dalle eruzioni vulcaniche. (Dati Noaa Climate.gov). L’anidride carbonica prodotta dall’uomo contribuisce al riscaldamento del Pianeta e si scioglie nelle acque oceaniche rendendole più acide e meno ospitali per molte specie che le abitano da millenni. Monossido di azoto, acido nitrico e acido solforico contribuiscono in diverso modo ad aumentare le sostanze tossiche per la respirazione dell’uomo, a rendere acide le piogge e meno fertili i terreni.

Gli effetti negativi sulla salute umana, la ridotta disponibilità di terreni fertili, e l’impatto degli eventi meteorologici estremi, tutte conseguenze del riscaldamento globale e dell’inquinamento delle risorse primarie, sono devastanti per le popolazioni più povere del Pianeta, che dispongono di minori risorse economiche e di sviluppo per esercitare la loro resilienza.

La tecnologia oggi consente alle popolazioni più ricche e più sviluppate del Pianeta di produrre energia pulita dalla luce del sole, dal vento e dall’acqua e di disporre di strumenti tecnologici in grado di utilizzarla al meglio e di ridurre gli sprechi. La diffusione di queste tecnologie ovunque, anche nei paesi che stanno avanzando il loro grado di sviluppo, unita a uno stile di vita meno consumista e a una migliore distribuzione delle risorse, potrebbero ridurre drasticamente o addirittura eliminare la dipendenza dai combustibili fossili, consentendo alla popolazione umana di sopravvivere abbastanza numerosa senza avvelenare se stessa e il resto degli abitanti della Terra. A rovinare la festa c’è il fatto che le tecnologie energetiche più avanzate dipendono dalle risorse materiali meno abbondanti sulla Terra, in particolare dai metalli rari. Possiamo cercare di riciclare di più, ma come faremo a far arrivare a tutta la popolazione mondiale in crescita strumenti che dipendono da materiali che non sono presenti in quantità sufficienti per tutti? (Fonte Nicola Armaroli “Energia per l’astronave Terra”).

La popolazione mondiale non può continuare a crescere, o si controllano le nascite o i più poveri moriranno

Quando la popolazione raggiunge il cosiddetto “punto critico malthusiano” la drastica diminuzione del numero di individui per mancanza di risorse è inevitabile e a farne le spese sono, in questo caso, le persone che si trovano nelle aree geografiche più svantaggiate. Oggi si osserva un importante flesso nella crescita della popolazione umana su scala globale, a mano a mano che le popolazioni si arricchiscono calano le nascite, quello che non possono oggi le religioni ha potuto la conoscenza: il calo delle nascite consegue infatti, in ogni popolazione, al calo della mortalità infantile e alla disponibilità di mezzi per controllare la riproduzione.

Religioni e procreazione

Si può decidere di celebrare la vita umana in due modi: limitando il numero delle nascite e curando la sopravvivenza in Terra di ogni nato o mettendo al mondo molti piccoli della nostra specie e lasciando che ciascuno si giochi la sua partita con la vita. Incoraggiare le nascite e difendere la sopravvivenza di tutti non è più possibile. Titolare di questa decisione è ogni singolo individuo e la società deve mantenere un dialogo aperto sulle conseguenze per la collettività di ciascuna di queste scelte e sugli equilibri di solidarietà che vuole darsi, non sta alle religioni controllare la dinamica delle società, sebbene abbiano avuto questo ruolo in passato.

Per l’islam la procreazione è lo scopo principale del matrimonio e del concubinaggio, benedice l’unione fra un uomo e una donna e persegue gli scopi della religione aumentando il numero di fedeli che possono consolidare e diffondere la fede islamica nelle generazioni attuali e in quelle future. Se nel mondo musulmano la procreazione è quindi incoraggiata, bisogna però riconoscere che l’uso dei contraccettivi per il controllo delle nascite e l’interruzione volontaria di gravidanza entro il quarto mese sono consentiti. L’opera di incoraggiamento sembra avere un successo molto limitato se in uno stato ricco e teocratico come l’Arabia Saudita il numero di figli per donna è mediamente contenuto e in calo, come nel resto del mondo secolarizzato. (Dati dell’organizzazione intergovernativa “The World Bank”).

Nel mondo cristiano la maggior parte dei gruppi protestanti approva l’uso della contraccezione e lascia alle persone libera scelta su come regolare le dimensioni della propria famiglia. Un discorso a parte merita invece la compagine cattolica del cristianesimo. La sessualità nella dottrina cattolica è in funzione della procreazione, espressione dell’amore di Dio, e va pertanto incoraggiata. Circa 50 anni fa, papa Paolo VI riaffermò nell’enciclica “Humanae vitae” la tradizionale proibizione dell’uso dei sistemi artificiali di controllo delle nascite e da allora la posizione della Chiesa non è ufficialmente cambiata. Con l’esclusione di ristretti gruppi, però, la massa dei sedicenti cattolici non sembra aver preso sul serio i dettami della propria religione, visto che il numero delle nascite continua a calare in modo vistoso nelle popolazioni ricche a prevalenza cattolica.

L’attuale papa ha difeso ed elogiato le posizioni espresse nell’enciclica “Humanae vitae” che riafferma un ruolo di controllore morale per la Chiesa nella gestione delle dinamiche familiari e sociali e che si oppone alla cultura neo-malthusiana, cioè alla posizione di chi ritiene che sia importante limitare le nascite per dare un futuro sostenibile al Pianeta e alle popolazioni umane che verranno. È proprio su questa dimensione sociale e politica che papa Francesco è intervenuto denunciando la colonizzazione ideologica da parte dell’occidente verso i Paesi in via di sviluppo, indotti a fare meno figli. In poche parole, è opinione di chi scrive, il papa preferisce che sia la Chiesa e non altri a dire agli abitanti dei Paesi più poveri cosa debbano fare, nella speranza che almeno loro lo ascoltino.

Le troppe contraddizioni del mondo cattolico sul futuro sostenibile del Pianeta

La Chiesa oggi, rappresentata da papa Francesco, si fa portavoce dell’importanza di curare il Pianeta sul quale stiamo avendo un grande impatto e chiama all’attenzione e alla solidarietà per i più poveri e i più vulnerabili.

A questa ottima e condivisibile idea però fanno seguito, come prevedibile, grandi incoerenze: come si può salvare la vita dei più deboli se si incoraggia la procreazione? Come si può aver cura di un Pianeta sovrappopolato di umani in salute?

A mio parere la via per il futuro va cercata e sarà cercata nel dialogo democratico fra persone libere di scegliere secondo le proprie convinzioni e spero che sarà costruito secondo un’ottica umanista; le posizioni ufficiali della Chiesa seguiranno a ruota il nuovo ordine stabilito dalla società, come è sempre stato. Ma come sempre questo processo lascerà vittime sul campo e sta a noi cercare di evitarlo.

Le conseguenze reali dell’attuale politica della Chiesa sulla salute riproduttiva delle persone stanno sotto i nostri occhi: i costi dei sistemi di prevenzione delle nascite rimangono alti, la loro diffusione è ostacolata, l’informazione è troppo scarsa e il fenomeno dell’obiezione di coscienza dilaga. Le maggiori difficoltà di accesso a informazione e sistemi di prevenzione le hanno proprio i più poveri all’interno delle più ricche società cattoliche e i migranti.

La religione cattolica nel tentativo di controllare il comportamento sessuale e riproduttivo su scala globale ha già perso, ma non dobbiamo abbassare la guardia in questo momento di transizione e autodeterminazione delle società umane.

Elisa Corteggiani


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