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Politica, Chiesa, Rai: se ognuno tornasse al proprio posto

Quella che vive l’Italia è una crisi profonda e di sistema dove ogni casella dell’architettura sociale e politica sembra essere andata fuori posto. Se anche il Festival di Sanremo, che dovrebbe essere la festa della canzone italiana diventa per 5 giorni il tribunale supremo in cui si discutono le maggiori questioni del dibattito pubblico nazionale significa che qualcosa non funziona. Tra noi non mancano temi, approfondimenti e risposte - quelle abbondano - quello che sembra venire meno è l’autorevolezza delle voci che mano mano, si accodano al coro dei salvatori della patria. Se diamo uno sguardo veloce alle principali posizioni di rilievo in tutti gli ambiti sociali della nostra vita pubblica, notiamo che ogni personaggio ed istituzione, svolge una funzione innaturale, asimmetrica, non propria. Ognuno dice quello che non dovrebbe dire, fa quello che non gli compete, semina oltre confine.

Se escludiamo il Capo dello Stato, che secondo alcuni sarebbe andato comunque oltre le proprie competenze, tutti ma proprio tutti sembrano finiti volenti o nolenti al posto sbagliato. L’esecutivo è presieduto da professori e tecnici. Gente competente, con un unico grande neo: non sono stati scelti dal corpo elettorale. Mario Monti dalla Bocconi si è visto catapultato a palazzo Chigi. Metà dei membri del governo prima di giurare sulla costituzione era esperto della materia che adesso presiede, ma ha scarsa dimestichezza con il consenso e la comunicazione politica. L’attuale maggioranza è composta da tre leader Alfano, Bersani e Casini, che pur avendo ricoperto più volte posizioni apicali hanno portato a casa risultati scadenti. Il dominus politico di tutti i giochi, rimane Silvio Berlusconi, imprenditore prestato (momentaneamente?) alla politica. Il suo successore Angelino Alfano, fa il politico di professione anche se il berlusconismo da cui proviene deprecava le figure con le sue fattezze. Pier Ferdinando Casini difende la famiglia e gli insegnamenti cattolici anche se è divorziato e rispostato. Pierluigi Bersani, ex comunista, presiede un partito che si vergogna ad autodefinirsi lontanamente anche socialdemocratico. L’opposizione, che in democrazia rappresenta una parte fondamentale del sistema, non è messa meglio. Bossi cerca di fare gli interessi della Padania, ma investe in Tanzania e fino a novembre risiedeva in pianta stabile in quella Roma ladrona, il cui sindaco si è stancato di fare il sindaco. Riguardo a Di Pietro ex magistrato, non si capisce se faceva politica quando era pubblico ministero o se recita la pubblica accusa adesso che fa il politico. Tutti quanti siedono in Parlamento che pur rimanendo il più importante organo rappresentativo non è stato eletto dal popolo ma nominato dai vertici dei partiti. Gli stessi partiti da contenitori e promotori di idee, sono diventati macchine macina soldi (pubblici), organizzatori di correnti, cricche e cordate. Se il potere esecutivo, è autorevole ma forse debole, mentre quello legislativo è dimezzato, il potere giudiziario non sta messo meglio. La maggior parte dei giudici, che compie con scrupolo il proprio dovere, è offuscata dai loro stessi colleghi che peccano di presenzialismo. Ci sono magistrati che partecipano ad adunate di partito, quelli che si candidano a sindaco, coloro che con tonnellate di intercettazioni vogliono apparire sulle pagine dei giornali e quelli che da sindacalisti si chiudono aprioristicamente ad ogni tipo di riforma della giustizia.

I sindacati veri, dal canto loro, incidono pochissimo. CGIL, CISL e UIL presidiano a tutte le ore i tg nazionali. Non difendono i più deboli, fanno sempre maggiormente gli interessi di lavoratori super tutelati e dei moltissimi pensionati. La loro controparte, gli industriali, rappresentano un capitalismo asfittico e poco reattivo. I presidenti di Confindustria sono entrati a tutti gli effetti fuori e dentro le quinte del teatro tragicomico della politica italiana. In tutto questo la Chiesa o fa scena muta o parla troppo. Divisa al suo interno dovrebbe rappresentare la coscienza spirituale di quello che siamo e siamo stati, ma sempre più spesso moralizza una società che si muove ad anni luce dagli insegnamenti che la stessa chiesa predica. 

Come fanno quindi la politica che non fa più politica, la chiesa che non fa più la chiesa, ma soprattutto la Rai che non fa più servizio pubblico a dire a Celentano di non fare Celentano? Ad un’analisi più attenta il Molleggiato che ha smesso di fare musica sembra l’unico che fa il suo mestiere, mentre tutti gli altri appaiono irrimediabilmente fuori posto.

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