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Poligamia per tutti? Macché, Piccardo fa "bu" e i campioni dei diritti individuali battono in ritirata

«Non si capisce perché una relazione tra adulti edotti e consenzienti possa essere vietata, di più, stigmatizzata, di più, aborrita».

Con queste parole, Hamza Piccardo, tra i fondatori dell’Ucoii (Unione delle Comunità ed Organizzazioni islamiche in Italia), ha proposto giorni fa l’introduzione della poligamia in Italia, «secondo la Rivelazione e la tradizione», vale a dire solo per i maschi.

L'8 agosto Luigi Manconi gli ha risposto dalle colonne del «Corriere della Sera». Le tesi del sociologo nonché deputato del Pd non ci sembrano però convincenti.

La poligamia, scrive Manconi, «per contenuto morale e per struttura di vincolo, si fonda – e non può che fondarsi – su una condizione di disparità, che viene riprodotta e perpetuata».

Ora, che la poliginia, l’unione coniugale di un uomo con più donne, diffusa in alcuni Paesi islamici sia stata e sia uno strumento per costringere la donna ad un ruolo di subordinazione e soggezione all’uomo è indubbio. Ma perché Manconi precisa che la poligamia, per contenuto e struttura, «non può che fondarsi» sulla discriminazione ai danni della donna?

Su un piano logico, e non storico, perché mai la condizione di inferiorità di un partecipante a una unione coniugale dovrebbe discendere dalla numerosità dei partecipanti alla medesima? Perché secondo Manconi in una unione a due non c’è necessariamente disparità mentre in una unione a tre, quattro, n soggetti sicuramente sì?

Tale interrogativo appare tanto più legittimo quanto più ci si sofferma a riflettere che la poligamia contempla anche la fattispecie della poliandria, vale a dire l’unione coniugale di una donna con più uomini. Un matrimonio o più modestamente una unione civile tra una donna e n uomini condannerebbero inevitabilmente la prima a uno stato di soggezione nei confronti dei maschi?

Manconi aggiunge che la poligamia non può essere introdotta in Italia per gli stessi fondamentali e indisponibili principi, vale a dire parità tra sessi e tutela della dignità contro ogni discriminazione, che vietano nel nostro paese il «lavoro schiavistico», il commercio degli organi, l’esclusione delle giovani dall’istruzione scolastica, i matrimoni precoci e le mutilazioni genitali femminili.

Anche in questo caso le argomentazioni di Manconi non sembrano persuasive. Il mancato assolvimento degli obblighi scolastici e il matrimonio precoce non sono accettabili dallo Stato italiano che non può non esercitare un’azione di tutela nei confronti dei minorenni, azione di tutela che non può evidentemente essere invocata per impedire un’unione poligamica tra adulti consenzienti. La ratio del divieto di commercio di organi e della mutilazione genitale risiede poi nella lesione dell’integrità fisica che tali pratiche comportano, lesione di per sé non legata a un tipo specifico di unione coniugale (e che la violenza abiti quotidianamente nelle relazioni monogamiche è sotto gli occhi di tutti…).

Per quanto riguarda la riduzione in schiavitù propriamente detta, suo elemento qualificante è una soggezione forzata, che, ripetiamo, non necessariamente dovrebbe caratterizzare una relazione poligamica.

Lo Zeitgeist del nostro tempo ha d’altronde decretato l’inadeguatezza del matrimonio tradizionale a soddisfare le ogni giorno più variegate e complesse domande di affettività e sicurezza morale e materiale.

Una volta scoperchiato il vaso di Pandora, però, gli spiriti, liberati, hanno assunto forme forse non preconizzate neanche dagli interpreti più autorevoli di quello Zeitgeist, tra le quali quella di Piccardo, che, approfittando dei varchi concessi dalla nuova stagione dei diritti civili, cerca di piantare le proprie bandiere.

Coloro che però in queste ultime non si riconoscono, dovrebbero avere il coraggio non di arretrare affermando che ciò che è storicamente stato sarà inevitabilmente anche in futuro, ma di avanzare e alzare a loro volta, nel caso in concreto, la bandiera della poligamia per tutti, tra soli uomini, sole donne, tra uomini e donne, transgender e così via fino a coprire l’intero spettro delle quasi infinite combinazioni che il desiderio umano può concepire.

Si potrebbe obiettare che la maggioranza degli italiani, cristiana per fede o cultura, è poco interessata alla poligamia e che la sua introduzione nel nostro Paese potrebbe rivelarsi il classico cavallo di Troia ideato dall’islamismo radicale per colonizzarci.

A tale obiezione è fin troppo facile replicare che non possiamo escludere a priori che anche dei non musulmani per le più diverse ragioni, affettive, materiali, mass-mediatiche potrebbero ritenere utile contrarre una unione poligamica.

L’unica giustificazione allora plausibile per negare l’introduzione nel nostro ordinamento della poligamia, cui però Manconi non fa cenno nel proprio intervento, è che ci troviamo nel pieno di una guerra di religione e che la guerra da sempre non è proprio il momento più propizio per ampliare la sfera delle scelte individuali. Come scriveva infatti Cicerone nel De Legibus, Salus populi suprema lex esto.

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