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Perché mi interessa più Steve Jobs di Silvio Berlusconi

Devo essere matta. In questo momento così confuso, che sembra uscire pari pari dalle pagine del Satyricon di Petronio, con un Silvio Berlusconi nei panni di un Trimalcione da strapazzo, e i commenti, i giudizi, lo sdegno, le difese d'ufficio, i lazzi, i frizzi di tutti che si inseguono un po' ovunque nel complicato universo, mediatico, non provo il minimo interesse ad unire la mia voce al coro scomposto degli altri. A dire il vero, volevo scrivere un post dall'emblematico titolo "Eppure tocca parlarne" ma poi mi sono detta: "Anche no".

Perché mai "toccherebbe" parlarne? Aggiungere una o cento parole alle tante che già si sprecano sull'argomento? Correr dietro alla triste immagine di quelle ragazzine clonate, prima fra tutte la famosa Ruby-Karima, con le loro labbra gonfie, la loro incerta intelligenza, il ciarpame che si tirano dietro, lo squallore di questa seconda Repubblica, nata sull'onda dell'indignazione collettiva per Tangentopoli e in procinto di finire, letteralmente, a puttane? 

Una mia amica, su Facebook, ha condiviso a commento di tutto questo le belle parole di Natalia Ginzburg: "L'Italia è un paese pronto a piegarsi ai peggiori governi. È un paese dove tutto funziona male, come si sa. È un paese dove regna il disordine, il cinismo, l'incompetenza, la confusione. E tuttavia, per le strade, si sente circolare l'intelligenza, come un vivido sangue. È un'intelligenza che, evidentemente, non serve a nulla. Essa non è spesa a beneficio di alcuna istituzione che possa migliorare di un poco la condizione umana. Tuttavia scalda il cuore e lo consola, se pure si tratta d'un ingannevole, e forse insensato, conforto". 

Ecco, sento che forse vale la pena di ripartire da qui. Da questa intelligenza misconosciuta che in qualche modo ci ha permesso di andare avanti e di trovare, appunto, una certa consolazione, nonostante tutto. Sarà per questo che alla fine, fra tutto quello che l'attualità ci getta quotidianamente fra i piedi, mi sono dispiaciuta di più per le critiche condizioni di salute di Steve Jobs che per il resto. E mi sono messa a cercare il testo del discorso che lo stesso Jobs pronunciò nel 2005 a Stanford, quello in cui il CEO di Apple disse parole così: "Essendoci passato posso parlarvi adesso con un po’ più di cognizione di causa di quando la morte era per me solo un concetto astratto e dirvi: Nessuno vuole morire. Anche le persone che vogliono andare in paradiso non vogliono morire per andarci. E anche che la morte è la destinazione ultima che tutti abbiamo in comune. Nessuno gli è mai sfuggito. Ed è così come deve essere, perché la Morte è con tutta probabilità la più grande invenzione della Vita. E’ l’agente di cambiamento della Vita. Spazza via il vecchio per far posto al nuovo. Adesso il nuovo siete voi, ma un giorno non troppo lontano diventerete gradualmente il vecchio e sarete spazzati via. Mi dispiace essere così drammatico ma è la pura verità. Il vostro tempo è limitato, per cui non lo sprecate vivendo la vita di qualcun altro. Non fatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra voce interiore. E, cosa più importante di tutte, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno che cosa volete realmente diventare. Tutto il resto è secondario" (la citazione l'ho presa da qui).

Il bello (o il brutto) è che ho scoperto che nel corso di Kalispera l'ineffabile Signorini ha citato ieri, prima dell'intervista a Ruby, il medesimo discorso di Jobs, a quanto ho capito piegandolo ai suoi scopi: roba che rischia di mandare a scatafascio il messaggio di questo post. Ma no. Lasciamo stare ogni incongruo paragone: è evidente che la "fame" e la "follia" di cui parla Jobs non sono esattamente dello stesso genere, con buona pace di "Alfonsina la pazza", di quella "fame", di quella "follia" che anima il nostro premier, il quale, evidentemente, è assai turbato dall'idea della morte e della fine se si comporta come si comporta. Mi sa che Berlusconi per primo ha vissuto la vita di qualcun altro, con la sua smania di potere e la sua smisurata egolatria, se ha bisogno, per sentirsi vivo, di queste mascherate. Per non parlare di tutti i servi di cui è circondato, quelli che ora ne tessono le lodi e sguainano la spada a sua difesa, solo perché, avendo legato a doppio filo il loro destino al suo, per convenienza o peggio, temono di essere travolti dal suo possibile crollo. L'insincerità della loro vita mette tristezza e fa pietà. Il problema in realtà è uno: fino a quando ci toccherà perdere tempo con queste (s)piacevolezze? Nell'attesa può servire ascoltare il discorso di Jobs, almeno la parte finale. I nani e le ballerine passeranno e saranno dimenticati, alla fine, com'è normale che sia. Avranno fatto danno, di sicuro. Ma noialtri, gente comune, oscura, perbene, ci daremo da fare e ripareremo quello che potremo. 

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