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Perché la coalizione di Landini non è un partito

Il sindacato ha chiuso gli occhi di fronte ai mutamenti che sono intervenuti nel mondo del lavoro, alla guerra tra i poveri, tra gli immigrati e gli indigeni, tra i precari e quelli che hanno un posto stabile.

In questa situazione C.G.I.L. ,C.I.S.L. e U.I.L sono entrate in crisi e hanno favorito la strategia padronale di distruzione dei diritti dei lavoratori e di riduzione dei rapporti sindacali, mirante ad una dimensione meramente privatistica, molecolare, in cui viene bandito ogni collegamento con gli interessi degli altri lavoratori e della collettività.

In adesione a questa strategia, Renzi ha abolito l’articolo 18 e rifiutato di incontrare i sindacati e ora vuole costringerli ad occuparsi solo di salario.

A fronte di tale situazione di depoliticizzazione delle lotte sindacali, delle fine dell’unita dei lavoratori, è nata la necessita di recuperare l’unita e la politicizazzione dell’azione d sindacale, in una dimensione aderente alla realtà di oggi.

Landini ha cercato di comporre fratture e contraddizioni, attraverso un percorso alternativo, che recupera l’unità dei lavoratori - collegando movimenti e sindacato - e la sua politicizzazione, allargandone il raggio d’azione .

Per questo, il sindacato deve occuparsi non solo dei lavoratori, ma anche di chi cerca lavoro, non solo dei lavoratori dipendenti ma anche di quei lavoratori autonomi che stanno subendo un processo di proletarizzazione da parte delle caste di categorie.

E d’altra parte è nato un nuovo proletariato, che comprende gli operai, ma non solo gli operai. Sono persone e gruppi, che non trovano rappresentanza nel Parlamemto italiano e in quello europeo e nei partiti tradizionali della sinistra. Sono i disoccupati, i precari, ma anche i giovani professionisti, le piccole imprese, il volontariato, i movimenti ambientalisti, i movimenti contro la mafia. Sono tutte tessere di un mosaico, che, se non si riuniscono, rischiano la marginalità, a fronte di un avversario che non è una parte o un partito, ma un sistema. Un sistema burocratico, criminale, finanziario, che sta spazzando via il sistema Italia di diritti sociali e di dignità del lavoro, come si era affermato dal 1946 al 1978. 

Di qui la necessita di una coalizione, che porti avanti le loro lotte . Ma che cosa è la coalizione?

La coalizione è un soggetto politico che fa politica, ma non è e non può essere un partito. I partiti cercano il consenso; la coalizione cerca di raggiungere obbiettivi.

D’altra parte i partiti, cosi come si configurano oggi, sono ormai diventati fabbriche del consenso, che s’identificano con una persona, e con un leader. Sono organismi di autoconsevazione del potere che assumono sempre più connotazioni autoritarie.

Ma sono comunque parte di un sistema che ha il suo centro decisionale nella Troika e ramificazioni nazionali. In ambito nazionale, i partiti sono eterodiretti da gruppi di interessi, da lobby che ieri si esprimevano attraverso partiti e organismi collettivi, oggi attraverso persone singole che dominano i partiti.

Soggetti siffatti, se rappresentano gli interessi delle lobby e della persona che li guida, non possono rappresentare gli interessi collettivi dei movimenti della coalizione.

Si spiega dunque l’insistenza di Landini, per tener fuori i partiti dalla coalizione.

Ma i partiti, per quanto estranei alla coalizione, sono tuttavia i suoi naturali e necessari interlocutori...

La coalizione è un’aggregazione, che raccoglie gruppi organizzati, e quindi movimenti, ma anche gruppi non organizzati, reti mediatiche, istanze sociali, che non sono rappresentate in Parlamento. Ne fanno parte alcune associazioni di Libera, Articolo 21, Emergency, movimenti dell’antimafia, ambientalisti, lavoratori dipendenti, ma anche autonomi; gente occupata stabilmente, ma anche precari e studenti.

Ma che cosa c’entrano LIBERA, EMERGENCY, ARTICOLO 21 con la FIOM, e la FIOM con i lavoratori autonomi?

Viviamo in un sistema in cui le tradizionali contrapposizioni capitale/lavoratori e le tradizionali alleanze tra industria, finanza e politica, la tradizionale autonomia e separatezza dei movimenti di difesa dei diritti sono state sbaragliate dai processi di finanziarizzazione, di mediatizzazione e di "mafizzazione" della politica e dell’economia. Oggi la finanza dello strapotere mediatico e criminale agisce come sistema. Per questo le vittime di questi poteri, parte della politica, la piccola industria e i lavoratori sono tutte controparti di questo sistema. Per questo sono possibili inedite alleanze tra lavoratori autonomi e dipendenti, tra movimenti antimafia e mediatici.

La coalizione persegue gli obiettivi che ne giustificano l’esistenza. Quali?

Sono in atto nella società processi di inserimento della mafia nel tessuto industriale finanziario del nostro paese, di costruzione di una mafia dal volto pulito, di inquinamento ambientale, di finanziarizzazione dell’economia e della politica, di distruzione dei diritti sociali .

Sono processi che riducono la base produttiva, il PIL e quindi posti di lavoro, welfare, democrazia. E allora l’obiettivo di fondo della coalizione è esercitare una pressione politica su questi processi, per condizionarli e stimolare la partecipazione politica organizzata delle loro vittime.

Mentre gli obbiettivi programmatici della Coalizione, sono quelli dei membri che la compongono e riguardano, sul piano europeo, la fine della politica dell’austerity e del dominio della Troika sui processi democratici. La Coalizione vuole buttare al macero la lettera della BCE, la norma costituzionale sul pareggio di bilancio, promuovere i referendum per l’abolizione del jobs act, la definizione di una legge di iniziativa popolare per un nuovo e più ampio statuto dei lavoratori, per la tutela dei lavoratori di imprese con meno di 15 dipendenti, per i lavoratori precari.

Per portare avanti le sue battaglie, per conseguire i suoi obiettivi, la coalizione utilizza più strumenti di lotta, anche diversi da quelli tradizionali, e ne allarga la dimensione territoriale. Non usa solo lo strumento dello sciopero, ma anche i ricorsi giudiziari, i referendum.

Lo spazio territoriale della lotta non si ferma all’Italia, ma comprende anche l’Europa, perche l’Europa è il centro decisionale che emargina l’economia reale e distrugge i diritti dei lavoratori.

Foto: Facebook

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