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Per il Ministro della Difesa israeliano i refusenik sono "criminali"

Dopo la pubblicazione della lettera della scorsa settimana, con la quale 43 riservisti dell'intelligence militare avevano espresso pubblicamente il loro rifiuto a prendere parte alle operazioni contro i Palestinesi nei territori occupati, in Israele il clima per i refusenik si è fatto ancora più pesante.

Il coro di condanna nel paese è stato pressoché unanime, coinvolgendo ampi settori della leadership politica e militare. Da ultimo si è aggiunto il Ministro della difesa israeliano, Moshe Ya'alon, che ha definito “criminale” il comportamento dei militari, annunciando gravi conseguenza per i responsabili del gesto.

Prima di lui, in molti avevao aperto il fuoco contro i riservisti, con dichiarazioni al vetriolo. Aveva iniziato il Primo Ministro Netanyahu (definendo la lettera “una calunnia senza fondamento”), seguito dal Presidente Reuven Rivlin, dai leader dell'opposizione e da un ex-capo dell'intelligence militare. La stessa unità di appartenenza dei riservisti ribelli, la 8200, aveva voluto marcare la sua scomunica con una contro-lettera nella quale si difendevano l'operato ed il lavoro sul campo dei suoi membri.

La violenza della reazione non era del tutto inaspettata. Ancora prima che la lettera fosse pubblicata, infatti, uno dei firmatari aveva confessato al Guardian il timore di essere additato come un traditore o un nemico, una volta che la dichiarazione congiunta fosse stata resa publica. Le sue fosche previsioni si sono puntualmente realizzate, ma l'accusa lanciata dal Ministro della Difesa potrebbe preludere ad un cambiamento nel rapporto tra lo Stato e i refusenik.

In passato, i riservisti e i piloti che avevano annunciato la loro intenzione di non prestare più servizio nei territori,erano stati puniti con il congedo obbligato dalle Forze di Difesa. Da oggi, i loro epigoni potrebbero essere obbligati ad affrontare conseguenze più gravi sul piano penale e a sopportare uno stigma più profondo su quello sociale.

Non è però ancora chiaro quali potrebbero essere le reali conseguenze per i firmatari. Prima di essere publicata la lettera era stata sottoposta al vaglio di un importante studio legale, per assicurarne la conformità alle leggi vigenti. Il testo era stato poi inviato alle autorità israeliane, perché potessero averne visione in anteprima.

Ma le reazioni sembrano indicare una nuova volontà punitiva, da parte delle istituzioni civili e militari. All'indomani della publicazione, sulla sua pagina Facebook, il Generale Motti Almoz aveva parlato di gravi conseguenze disciplinari per i refusenik, aggiungendo: “Non c'è spazio per chi si rifiuta nell'IDF. Ci sono discussioni sul merito e ci sono prese di posizione politiche. La celebrazione della democrazia... Cosa è successo qui, di fronte ai miei occhi? E' stato sfruttato il servizio militare per esprimere una presa di posizione politica”.

La condanna più dura e diretta è arrivata, però, dal Ministro della Difesa che ha definito la lettera dei riservisti come un tentativo “folle e osceno di appoggiare la falsa campagna internazionale di deligittimazione dello Stato di Israele e dei soldati dell'IDF”. Ya'alon intravede nel rifiuto motivazioni politiche più che morali ed ha promesso che gli autori del documento saranno “trattati come criminali”.

La nuova linea appare dunque tracciata. In uno stato reduce da una campagna militare sangunosa e per molti versi inefficace, dove il governo è sotto accusa per non aver mantenuto le promesse fatte alla vigilia dell'intervento nella Striscia, non c'è più spazio per il dubbio e la remora morale.

Chiunque porterà avanti una critica pubblica all'operato dell'esercito e si rifiuterà di dare il proprio sostegno all'occupazione dei territori palestinesi rischia da oggi di essere trattato alla stregua di un nemico o di un semplice criminale. I refusenik sono avvertiti.

 

Foto: activestills, Flickr

 

 

Commenti all'articolo

  • Di Persio Flacco (---.---.---.76) 16 settembre 2014 00:48

    Forse non ci rendiamo conto che da almeno mezzo secolo, far data convenzionalmente con l’occupazione del ’67, gli ebrei israeliani sono continuamente bombardati da una propaganda che strumentalizza antiche e nuove paure infisse nella loro memoria storica: la minaccia dell’annullamento, del pregiudizio antisemita, dello Sterminio.
    Che continuamente ricorda il ruolo di vittime predestinate per secoli ricoperto dalle comunità ebraiche in varie parti del mondo, per poter poi trasmutare col catalizzatore della conquistata potenza e indipendenza questa memoria in revanscismo, in rivendicazione di assoluta autonomia che non ammette limitazioni da parte dei vecchi persecutori.
    I giovani di oltre due generazioni di ebrei israeliani sono stati obbligati ad esercitarsi ad essere dominatori di un altro popolo, a restare indifferenti verso le ingiustizie e le sofferenze che gli venivano inflitte. Sono stati educati a coltivare il mito della potenza militare come unica vera difesa contro il ritorno alla soggezione e alla paura.
    La propaganda sionista ha infine raggiunto il risultato, cambiando profondamente la società israeliana e anche le comunità della diaspora. Hanno resistito molto a lungo, molto più di quanto avrebbe resistito qualsiasi altro popolo.

    Oggi non c’è da stupirsi se in Israele i refusenick vengano considerati dei traditori e fatti oggetto di stigma sociale, come avviene nei regimi fascisti.

    Qualcosa di analogo avviene anche in alcune comunità della diaspora, dove i pochi ebrei che esprimono contrarietà verso la condotta dei governi israeliani subiscono l’isolamento e l’ostracismo. Segno di una concezione totalitaria dello Stato, secondo la quale lo Stato e il suo governo sono la medesima cosa.

    Torna alla mente la profetica intervista di Amos Oz a Sharon del 1982. In quella era condensata sia la filosofia sionista sia i metodi che sarebbero stati usati "per far star dritti gli ebrei".

    Ma è anche colpa nostra, che li abbiamo lasciati in balia di una setta di fanatici.

  • Di (---.---.---.181) 16 settembre 2014 10:21

    "a far data convenzionalmente dal 1967" è una stratosferica pippa che vuole - ahi, l’ideologia che scherzi che fa ! - eliminare di fatto la storia. La storia del ’48 e quella precedente quando agli ebrei, scarsamente sionisti a quei tempi, si voleva negare il diritto a ricostruirsi una vita dopo lo sterminio nazista. Il problema "sicurezza" (e connessa potenza militare atta a garantirla, in caso contrario si tratta di parole al vento) è un "mito" solo per chi a priori l’ha svuotato di senso (alias... se non c’è bisogno di sicurezza, ovvio che la potenza militare sia solo un ’mito’). Purtroppo è vero esattamente il contrario. Sono i palestinesi che si sono affidati al "mito" di una potenza militare che non hanno e non hanno mai avuto. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.76) 16 settembre 2014 19:07

    Beh, allora è una stratosferica pippa anche eliminare i crimini di Nabucodonosor: distruttore del Tempio. 
    Immagino che le sue nefandezze, all’occorrenza, potrebbero giustificare moralmente il desiderio punire gli irakeni.

    La Memoria è una cosa buona se produce cose buone; non lo è se produce sofferenza e morte. Per come la usa lei la Memoria produce solo revanscismo.

    La guerra a volte è inevitabile, ma se durante o dopo la guerra non si lavora per la pace: che è la condizione alla quale hanno diritto le persone normali, allora si è dei guerrafondai.
    Da dopo il ’67 era possibile iniziare a lavorare per la pace. I sedicenti sionisti hanno preferito preparare altre guerre.

    Quanto alla potenza militare: è giusto attribuirgli tutto il valore che merita in caso di minacce reali; diventa un "mito" quando al venire meno, o al diminuire, delle minacce la potenza militare continua ad essere all’apice della considerazione sociale.

    Se la potenza militare cessa di essere socialmente considerata una costosa necessità e diventa invece una prestigiosa qualità del Paese, allora inevitabilmente svolge un ruolo fascistizzante per la società.

    Certo, poi uno si può raccontare che una organizzazione militarmente inetta come Hamas vuole distruggere Israele, convincersi che questo è possibile, concludere che ciò giustifica un potente esercito. Ma di favole se ne possono inventare tante.

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