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Pensioni e coronavirus: la necessità di integrare i redditi di chi ha perso il lavoro

Un’ulteriore conseguenza della pandemia è data dall’impatto, che si prefigura molto pesante, sui sistemi pensionistici. Siano essi misti, cioè con secondo pilastro, che a capitalizzazione pura, come quello cileno (che tuttavia è ormai finito, nella configurazione che abbiamo conosciuto negli ultimi decenni), il futuro si annuncia cupo.

 

La settimana scorsa, parlamento e cittadinanza cileni hanno esultato per l’approvazione al senato di una legge che consente ai lavoratori di prelevare sino al 10% dalla propria posizione contributiva, per reggere all’impatto devastante della pandemia sul proprio reddito. Si tratta dell’equivalente di circa 20 miliardi di dollari che potranno essere sottratti al risparmio previdenziale e destinati a ridurre i debiti e sostenere i consumi.

Dopo le violente proteste di piazza dello scorso autunno, causate da un profondo malessere per l’impoverimento di ampi strati della popolazione, i cileni stanno affrontando le pesanti conseguenze del virus, in attesa di riscrivere la costituzione. Le proteste hanno messo nel mirino in modo rilevante anche il sistema pensionistico del paese, che è in via prevalente del tipo a capitalizzazione, introdotto nel 1981 durante la dittatura di Augusto Pinochet. e parzialmente riformato nel 2008 dal governo di Michelle Bachelet.

Il disegno di legge consente di prelevare sino al 10% del proprio risparmio previdenziale, ha il sostegno di gran parte dei lavoratori (alcuni sondaggi indicano oltre l’80%), ed il 24 luglio è diventato legge dello stato, promulgato dal presidente Sebastian Piñera, che pure è fortemente contrario ad esso.

Nel frattempo, la riforma pensionistica cilena, promossa dal presidente, puntava ad aumentare il tasso di trasformazione, cioè la quota dello stipendio garantita dalla pensione. Il sistema a capitalizzazione prometteva un tasso di ben il 70% ma la realtà ha deciso altrimenti, realizzando 14 punti percentuali in meno per gli uomini e ben 24 per le donne.

Cose che accadono, quando un paese ha un esteso settore informale (cioè il sommerso), e in definitiva salari che non consentono di accantonare su base regolare il 10% previsto. Anche la elevata onerosità del sistema oligopolistico dei gestori previdenziali (AFP), detestato dalla popolazione, ha contribuito a falcidiare i ritorni sull’investimento.

La proposta di riforma prevedeva aumenti di contribuzione del 10%, per due terzi a carico dei datori di lavoro, circostanza che potrebbe allargare il sommerso, e di potenziare il primo esile pilastro previdenziale, che ha natura non contributiva e di mera sussistenza, ed anche meno. La somma di primo e secondo pilastro, con quest’ultimo che nelle intenzioni di Piñera doveva restare dominante, puntava ad impedire di avere assegni pensionistici inferiori alla soglia di povertà.

La possibilità di prelevare il 10% del risparmio previdenziale segna la fine, sia pure differita, del sistema cileno, e calcia la lattina a quel futuro lontano ma non troppo in cui lo stato dovrà intervenire per evitare che i pensionati muoiano letteralmente di fame. Ma il Cile non è il solo a subire gli effetti di lungo periodo del virus.

In Perù, il parlamento ha consentito che i lavoratori ritirino sino al 25% dei risparmi previdenziali, per riuscire a resistere agli effetti della pandemia, che nella capitale Lima ha lasciato oltre metà dei lavoratori senza occupazione. In Brasile è ora possibile ritirare l’equivalente di 200 dollari da conti speciali di risparmio, che hanno anche finalità di integrazione pensionistica. Negli Stati Uniti è ora possibile prelevare sino a 100.000 dollari dei conti di risparmio 401(k). Iniziative analoghe sono stare prese in Australia e Malaysia.

Nel momento in cui lo sforzo fiscale pubblico fatica a tenere il passo con la persistenza del contagio, la necessità di integrare in emergenza i redditi di chi ha perso il lavoro porta ad utilizzare il pilastro previdenziale a capitalizzazione, ponendo le basi per un futuro assai gramo.

Sono gli effetti di una pandemia che sta sconvolgendo il pianeta e la sua organizzazione sociale, e che sembra continuerà a farlo ancora per qualche tempo. È assai difficile credere che, anche dopo la scoperta di una terapia o di un vaccino, il mondo possa tornare allo status quo ante.

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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