“No justice without life". Non c’è giustizia senza la vita.
Questo è il messaggio dell’iniziativa “
Cities for Life” (Città per la vita) promossa dalla Comunità di S. Egidio, ricordando la
prima abolizione della pena di morte in Europa. La prima giornata è stata lanciata nel 2002. Nel 2009 erano 81 i paesi coinvolti in tutto il mondo, con l’adesione di più di mille città.
“Ogni città che aderisce mette a disposizione come logo vivente il monumento principale che diventa parlante per illuminazione diversa, perché oggetto di proiezioni che sottolineano l’impegno e il dialogo con i cittadini per un mondo senza pena di morte”.
A questo si uniscono altri eventi come marce, spettacoli, conferenze, etc. sia da parte della società civile che a livello ufficiale.
Il 10 Ottobre ricorreva la “Giornata mondiale contro la pena di morte”. Non basta. Ognuno di noi è chiamato a fare di più.
L’11 Novembre scorso è
stata approvata, nella 3’ Commissione dell’Assemblea Generale ONU, la risoluzione che chiede una moratoria universale delle esecuzioni. Con l’auspicio che il testo trovi approvazione anche in Assemblea Generale a dicembre.
Che fare?
Cesare Beccaria viene considerato colui che, con la sua opera "Dei delitti e delle pene" (1764), pone le basi per l’abolizione della pena di morte.
Contrariamente a quanto spesso di crede, non si opponeva totalmente a questa pena. Ma di certo, per l’epoca, le sue idee furono innovative ed ebbero una notevole influenza.
Tra i vari punti della sua opera sono da ricordare:
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L’importanza della “Proporzione fra delitti e le pene” e dei “limiti” che devono essere posti a queste. (cap. 6)
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Se il “Fine delle pene” è quello “d’impedire il reo dal far nuovi danni ai suoi cittadini e di rimuovere gli altri da farne uguali”, deve essere tenuto presente quanto “serbata la proporzione, farà una impressione più efficace e più durevole sugli animi degli uomini, e la meno tormentosa sul corpo del reo”. (cap. 12)
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La condanna “Della tortura”. (cap.16)
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La “Prontezza della pena”. Infatti “quando la pena sarà più pronta e più vicina al delitto al delitto commesso, ella sarà tanto più giusta e tanto più utile”. (cap. 19)
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“Della pena di morte” si dice che non è “un diritto”. Può essere necessaria se il cittadino “anche privo di libertà egli abbia ancora tali relazioni e tal potenza che interessi la sicurezza della nazione; quando la sua esistenza possa produrre una rivoluzione pericolosa nella forma di governo stabilita”. Ma rimane un “assurdo che le leggi, che sono l’espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l'omicidio, ne commettono uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall'assassinio, ordinino un pubblico assassinio”. Inoltre “non è il terribile ma passeggiero spettacolo della morte di uno scellerato, ma il lungo e stentato esempio di un uomo privo di libertà, che … ricompensa colle sue fatiche quella società che ha offesa, che è il freno piú forte contro i delitti”. (cap. 28)
Il primo Stato Europeo che abolisce completamente la pena di morte è il Granducato di Toscana nel 1786 (de facto a Firenze non si applicava dal 1775).
Il 30 Novembre di quell’anno, Pietro Leopoldo, firmando la riforma della legislazione criminale, la pena di morte è abolita “contro qualunque reo”, come anche la tortura.
C’è un cambiamento culturale a livello legislativo, che assorbe quanto scritto dal Beccaria.
In questa legge (conosciuta come “Codice Leopoldino”) si riconosce “che la mitigazione delle pene congiunta con la più esatta vigilanza per prevenire le reazioni, e mediante la celere spedizione dei Processi, e la prontezza, e sicurezza della pena dei veri Delinquenti, invece di accrescere il numero dei Delitti ha considerabilmente diminuiti i più comuni, e resi quasi inauditi gli atroci”. Si nota “con orrore con quanta facilità nella passata Legislazione era decretata la pena di Morte per Delitti anco non gravi”. Si considera che “l’oggetto della Pena”, a parte “la soddisfazione al privato, ed al pubblico danno”, dev’essere “la correzione del Reo figlio anche esso della Società e dello Stato, della di cui emenda non può mai disperarsi”. Quindi il Governo deve tener conto dell’ “efficacia, e della moderazione insieme”, non cercando di creare un “momentaneo terrore”, piuttosto “un esempio continuato”. E per questo viene stabilita la pena sostitutiva dei “lavori pubblici”.
Questa legislazione, purtroppo, durò solo fino al 1790, quando fu ripristinata come reazione alla Rivoluzione Francese. Ma un passo importante era stato fatto.
Nel Regno d’Italia fu abolita nel 1889, con il nuovo codice penale unitario (restando nel Codice penale di guerra e usata massicciamente e sommariamente durante la Prima guerra mondiale),
http://www.squilibrio.it/media/documenti/abolizio_p_m_i.htm e ripristinata ancora durante il fascismo. Venne poi abolita con la Costituzione repubblicana del 1948, pur restando “nei casi previsti dalle leggi militari di guerra” (art. 27). Con la legge n. 589 del 1994, nel Codice penale militare di guerra la pena di morte è sostituita con “la pena massima prevista dal Codice penale”. E con la Legge Costituzionale n. 1 del 2007 si modifica l’articolo 27. Quindi definitivamente “non è ammessa la pena di morte”.
L’organizzazione Nessuno tocchi Caino
riporta l’attuale situazione della pena di morte nel mondo. Sono 104 i paesi abolizionisti (di cui 8 solo per crimini ordinari); 44 abolizionisti di fatto; 6 paesi che attuano una moratoria delle esecuzioni; mentre sono 43 i paesi che ancora mantengono la pena di morte.
Anche se molte mete sono state raggiunte, c’è ancora tanta strada da fare.
Come diceva Martin Luther King “ignorare il male equivale a esserne complici”.