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Pattinaggio a rotelle: il grande dimenticato delle olimpiadi

Mi sono sempre chista il motivo per cui il pattinaggio a rotelle così praticato e seguito in tutto il mondo non fa parte dei giochi olimpici. La risposta è molto semplice non ha sponsor, o troppo pochi per il business dello sport

La storia dei pattini a rotelle sembra prendere le mosse dall’idea di un anonimo creativo londinese che durante una esibizione ginnica nel 1743 si presentò al pubblico con delle originali scarpe alle quali furono applicate delle piccole ruote in metallo. La prima versione documentata dei pattini risale al 1760 ed arriva da una idea di un altro inglese, John Joseph Merlin, che ne costruì un rudimentale paio “In linea”, mentre il primo brevetto depositato ufficialmente è francese, ad opera di un certo Monsieur Petitbled nel 1818.

I primi pattini, ovviamente, erano difficilissimi da manovrare, consentivano solo curve ampie ed incerte e non avvicinavano nemmeno lontanamente la grazia e l’eleganza che fin da subito era permessa dei pattini a lama sul ghiaccio. Ecco perché numerose ed in tutto il mondo furono le invenzioni, più o meno fortunate, che tentavano di migliorare la manovrabilità e la facilità di utilizzo di quelli che erano stati accolti inizialmente come dei curiosi attrezzi. La prima tappa fondamentale fu l’invenzione del pattino con le ormai tradizionali quattro ruote – New York 1863 – grazie al quale il patinatore poteva cambiare direzione semplicemente spostando il peso su una parte o sull’altra del piede. Altre “pietre miliari” nella storia dei pattini furono l’invenzione delle ruote “indipendenti” dall’asse – Birmingham, 1876 – che costituirono da allora lo standard costruttivo non solo per i pattini ma anche per gli skateboard il brevetto del freno a tampone – stesso anno, il 1876 – e, nel 1884, quello dei cuscinetti a sfera all’interno delle rotelle che diminuirono radicalmente l’attrito rispetto ai modelli precedenti permettendo il raggiungimento di velocità estremamente elevate. Si può dire che da allora, salvo il normale restilyng estetico ed affinamento tecnico , i pattini “quad” tuttora utilizzati nel pattinaggio artistico siano rimasti praticamente immutati.
Sebbene in Italia e in tutto il mondo dove il pattino a rotelle è conosciuto e ha un gran seguito sia di praticanti che di spettatori, ma manca di sponsor che credono in questo sport. E’ un vero peccato perché l’eleganza che riescono a dare i pattinatori nonostante le rotelle rendano molto più difficili alcuni esercizi come la trottola riescono a fare miracoli. Certo è molto pesante dopo una gara vedi questi giovani molto provati. Ma quale sport non lo è se lo fai con grande volontà e passione.


Il vero grande problema è che questo, a tutti gli effetti potrebbe rientrare nella categoria olimpica non viene pubblicizzato e preso in considerazione dalla stampa di tutti i paesi. Sebbene esistano gare e campionati regionali e nazionali ma nessuno ne parla.
Agli atleti che iniziano la loro strada da giovanissimi, si inizia anche a 5 anni, viene richiesto un impegno non da poco. Gli allenamenti sono almeno 2 a settimana e durano una media di 2 ore senza contare le prove per le gare e il riscaldamento che si deve fare prima di ogni gara.
Certo voi direte come ogni sport, certo io vi dico allora perché si tira una zucca ed è sport olimpionico e questo che comporta maggior fatica impegno e perseveranza ed una preparazione atletica e non solo tecnica molto seria ne è escluso? Che differenza c’è con le altre discipline olimpiche? Forse è uno sport per poveri? Non è così anche pattinare a rotelle non comporta certo una spesa da poco.

Un paio di pattini per pattinaggio artistico danza costano attorno alle 700 euro, mentre un body da gara parte dalle 200 euro e se si fa conto che questi body vengono cambiati in base all’esibizione che si va a fare non voglio essere il genitore che deve sborsare ogni volta le 200 euro minime per un costume degno di una gara.
Forse mettendo insieme tutto il pacchetto varrebbe la pena anche per chi se n’è dimenticato di provvedere ad inserire questa disciplina ora considerata il nulla, insieme alle consorelle che già praticano il territorio olimpico.

Loredana Michelon

Questo articolo è stato pubblicato qui

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