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Patrimoniale: prove tecniche

di Alessio Argiolas

Abbiamo appena conosciuto la manovra di bilancio 2020, che per gli anni a venire ricambierà il contribuente, conoscendolo in senso biblico. Come ogni anno l’Epifania tutte le feste si porta via, ma lascia in dono il decreto mille proroghe: una sorta di trenino di capodanno, dove il Legislatore invagona quanto scordato o tardivamente rettificato.

Al di sopra di noi “addetti ai lavori” aleggia l’imperituro spirito dei conti. La presenza spiritica soffia la relativa ansia per i molti miliardi, mancanti alla copertura finanziaria delle cosiddette “clausole di salvaguardia”.

Vi sono fondati sospetti che, il prossimo anno, i contribuenti verranno marchiati a fuoco. Il futuro prossimo viene sublimemente sintetizzato nel brocardo “mala tempora currunt sed peiora parantur”, scolpito sull’ingresso del presente blog.

Avrete ormai evinto che un Ph.D in padulologia ha lasciato segni sul mio ottimismo. La lettura della proposta 15 per la giustizia sociale ha fatto il resto.

Essa tratta la revisione dell’attuale imposta di successione e donazione, chiamata “imposta sui vantaggi ricevuti”. Il restyling del balzello concorrerebbe a coprire gli 8,8 miliardi di costo annuo stimato per donare a chiunque compia 18 anni un bonus di 15.000 euro, chiamato eredità universale.

“L’Obiettivo finale è quello di limitare i vantaggi sostanziali, ottenuti per il solo fatto di avere la fortuna di essere eredi o donatari di trasferimenti a titolo gratuito e di fornire in questo modo un contributo al finanziamento dell’eredità universale” (pag. 1 Proposta 15).

Sul concetto di “fortuna” conseguente al decesso di un congiunto, rimando a quanto esposto da Le Belve nella puntata di sabato 18 gennaio (dal minuto 38’12”).

Quindicimila euro regalati senza condizioni ma da spendere col tutoraggio della scuola, che dubito si accollerà l’onere senza possedere esperienza e competenze specialistiche. Ma come alternativa potrebbero proporre Invitalia o i navigator, entrambi preventivamente stabilizzati.

Il presente post nasce dalla pressante richiesta di una “salvifica” patrimoniale, magari con franchigia di 800.000 euro, inducendovi a riflettere sui punti di contatto con:

  • Il dimezzamento della soglia di esenzione a soli 500.000 euro;
  • Il cumulo di tutti i patrimoni e donazioni (> 3000 € annui) ricevute in vita;
  • La progressività della tassazione (con aliquote fino al 50%);
  • L’eliminazione di importanti esenzioni per i trasferimenti di imprese familiari e aziende (che meritano un approfondimento).

Si tratterebbe di un ulteriore assalto ai patrimoni, che indurrà alla cessione in vita degli immobili, con un effetto sul mercato da valutarsi preventivamente e non all’italiana.

Anche perché la periodica rivalutazione a prezzi di mercato, dovrebbe certificare una diminuzione degli stessi e conseguentemente della ghiotta base imponibile, incrinando il gettito per lo Stato.

Ma sappiamo bene che non esiste la reciprocità fiscale o temporale. Sarà repentina la variazione pro domo bestia insaziabile (estimi triplicati) e lumachina la riconciliazione con la realtà del mercato.

In pratica la patrimoniale colpirà chi non è in grado di fuggire in Belgio o Russia, come fece Gerard Depardieu accolto da Putin in persona. Gli altri derelitti si cuccheranno una bella patrimoniale, ispirata ad mentulam canis a modelli esteri: perché gli statisti statalisti autarco-sfascisti o collettivisti si ispirano all’estero per le cose peggiori.

La base imponibile per imposte successorie o patrimoniali è già bella e pronta, grazie agli estimi catastali: rivalutati in base a superficie in metri quadri, qualità e localizzazione dell’immobile.

Lo spremiagrumi è già pronto dal 2015 dopo oltre due anni di lavori preparatori, come lamentò Rossella Orlandi, pro tempore direttrice dell’ADE, noto acrostico (N.B. la d maiuscola e l’assenza di punti lo differenziano da un acronimo).

Le simulazioni sugli effetti dell’algoritmo fecero letteralmente esplodere le rendite catastali, tanto da indurre Renzi a non attuare quanto previsto dall’articolo 2 della legge di delega fiscale 23/2014 e precedentemente nella delega fiscale 2012 (Monti).

Ricordiamo che nel 2017 un disegno di legge in tal senso illuminò trasversalmente le menti legislative del Parlamento italiano (firma Marino – Pd e Sciascia – Forza Italia). La proposta prometteva invarianza di gettito ma non è dato sapere per quanto tempo, anche ipotizzando la buona fede dei firmatari.

Il completamento di tale riforma era previsto anche nel Programma Nazionale di Riforma, deliberato dal Consiglio dei Ministri Gentiloni l’11 aprile 2017. In termini meno accessibili, il documento si chiama Sez. 3 del Documento di Economia e Finanza e assicurò che “in vista della revisione dei valori catastali, proseguono le attività di aggiornamento del patrimonio informativo catastale, ai fini di migliorare rappresentatività e affidabilità delle basi dati necessarie per valutare accuratamente gli effetti distributivi sui contribuenti” (pagg. 132 e 150 Documento di economia e finanza). Nel cronoprogramma venne indicato “2017-2018” come termine di completamento della riforma “in avanzamento” (pag 132 doc. cit.), ricordando però che la Racc.1 parlava di “completare la riforma del catasto entro il primo semestre 2017 (pag. 152 doc. cit.)

Nello stesso mese di aprile 2017 tale “impegno” venne portato in dote nelle sedi comunitarie.

La revisione degli estimi catastali fornirebbe un’amplissima base imponibile per ogni balzello, anche comunale, correlato agli immobili.

I politic(os)i potranno quindi Bipartisanamente scaricare la colpa sulla Kattifa Europa, consci che la revisione del catasto è una delle raccomandazioni del Consiglio UE, come la spending review e le privatizzazioni: onde “usare le conseguenti entrate straordinarie per accelerare la riduzione del debito pubblico” (pag. 150 doc. cit.).

Le raccomandazioni sono articolate e disattese da anni, perché le regole UE possono imporci il rispetto dei saldi, ma lasciano agli Stati il libero arbitrio. L’Italia si erge invece a libero arbitro delle regole, ingabbiando il buon senso e chiunque ne fosse dotato.

Ma in fondo perché adempiere alle VERE riforme, imposte dai numeri? Meglio distribuire prebende con l’elicottero, aumentando le imposte erga omnes ed espropriando le classi medie, per decreto definite ricche.

Perché ascoltare il Grillo Parlante, se si può dar retta ai consigli di Lucignolo?

Tutto ciò si addice al Paese dei Balocchi, che assurgerà a benchmark per i default degli Stati Sovrani.


Non so se quanto paventato da Alessio si concretizzerà, ed in quali forme. Forse una versione light potrebbe essere quella di imputare i trasferimenti inter vivos alla franchigia dell’imposta di successione, lasciando le aliquote attuali invariate, presentata in chiave antielusiva. Di certo, la materia va maneggiata con estrema cura: il patrimonio immobiliare è illiquido se raffrontato alla liquidità dei debiti d’imposta. Quanto ai patrimoni mobiliari, il prelievo potrà anche qui limitarsi a ritocchi dell’aliquota d’imposta sostitutiva, oggi al 2 per mille, magari rendendola progressiva. Ma la scorciatoia dell’imposizione patrimoniale è irresistibile per la classe politica, viste le pressanti esigenze di tenere in vita un sistema di elargizioni così costoso da non reggersi oltre in assenza di crescita, anche a causa di demografia disastrosamente avversa. Questo sarebbe un ulteriore passo verso quella compensazione di debito pubblico e ricchezza privata di cui vi parlo da anni, e che è già in corso. Perché la politica ama le scorciatoie, e mai come in questo momento della nostra storia nazionale siamo prossimi al punto di rottura nei costi di funzionamento del sistema. (MS)

Foto: Pixabay

Questo articolo è stato pubblicato qui

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