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Pasolini, i poliziotti e le citazioni a metà. Il testo de "Il PCI ai giovani!" (o "quella di Valle Giulia")

Nominata periodicamente ma - forse - chissà se veramente letta in maniera approfondita, la poesia di Pier Paolo Pasolini "Il PCI ai giovani!" viene citata solo nella parte che riguarda i poliziotti "figli di poveri" che "vengono da periferie, contadine o urbane che siano".

Sempre e solo quella parte di una poesia più lunga scritta durante un momento molto "caldo" della contestazione studentesca (e anche operaia), "permettendo oltretutto in tal modo una plateale, delirante e sgangherata strumentalizzazione delle sue parole da parte della destra", come scrive in un commento Angela Molteni e come ribadisce stamattina su Repubblica Adriano Sofri:

MEGLIO lasciar stare Pasolini, era un'altra cosa, un altro tempo. Si chiamano valle tutte e due, Valle Giulia e la Val di Susa: ma la differenza è chiara, no? E poi non l'hanno mai letta la famosa poesia del "Pci ai giovani", se no non citerebbero sempre quei quattro versi, e sbagliando anche la citazione.

Era parecchio lunga, quella poesia, e se la leggessero per intero si stupirebbero di quello che dice. E comunque i manifestanti della Val di Susa non hanno per lo più "facce da figli di papà", e i poliziotti non sono più soltanto, per fortuna, "figli di poveri", venuti dalle periferie, "i tanti fratelli, la casupola tra gli orti con la salvia rossa...". 

Oltre quello, cosa dice la poesia? Eccovi il testo

Mi dispiace. La polemica contro 
il Pci andava fatta nella prima metà 
del decennio passato. Siete in ritardo, cari. 
Non ha nessuna importanza se allora non eravate ancora nati: 
peggio per voi. 

Adesso i giornalisti di tutto il mondo (compresi 
quelli delle televisioni) 
vi leccano (come ancora si dice nel linguaggio 
goliardico) il culo. Io no, cari. 

Avete facce di figli di papà. 
Vi odio come odio i vostri papà. 
Buona razza non mente. 
Avete lo stesso occhio cattivo. 
Siete pavidi, incerti, disperati 
(benissimo!) ma sapete anche come essere 
prepotenti, ricattatori, sicuri e sfacciati: 
prerogative piccolo-borghesi, cari. 

Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte
coi poliziotti, 
io simpatizzavo coi poliziotti. 
Perché i poliziotti sono figli di poveri. 
Vengono da subtopie, contadine o urbane che siano. 
Quanto a me, conosco assai bene 
il loro modo di esser stati bambini e ragazzi, 
le preziose mille lire, il padre rimasto ragazzo anche lui, 
a causa della miseria, che non dà autorità. 



La madre incallita come un facchino, o tenera 
per qualche malattia, come un uccellino; 
i tanti fratelli; la casupola 
tra gli orti con la salvia rossa (in terreni 
altrui, lottizzati); i bassi 
sulle cloache; o gli appartamenti nei grandi 
caseggiati popolari, ecc. ecc. 

E poi, guardateli come li vestono: come pagliacci, 
con quella stoffa ruvida, che puzza di rancio 
furerie e popolo. Peggio di tutto, naturalmente, 
è lo stato psicologico cui sono ridotti 
(per una quarantina di mille lire al mese): 
senza più sorriso, 
senza più amicizia col mondo, 
separati, 
esclusi (in un tipo d’esclusione che non ha uguali);
umiliati dalla perdita della qualità di uomini 
per quella di poliziotti (l’essere odiati fa odiare). 

Hanno vent’anni, la vostra età, cari e care. 
Siamo ovviamente d’accordo contro l’istituzione della polizia. 
Ma prendetevela contro la Magistratura, e vedrete! 
I ragazzi poliziotti 
che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione 
risorgimentale) 
di figli di papà, avete bastonato, 
appartengono all’altra classe sociale.

A Valle Giulia, ieri, si è così avuto un frammento 
di lotta di classe: e voi, cari (benché dalla parte 
della ragione) eravate i ricchi, 
mentre i poliziotti (che erano dalla parte 
del torto) erano i poveri. Bella vittoria, dunque, 
la vostra! In questi casi, 
ai poliziotti si danno i fiori, cari. 

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