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Palazzo d’ingiustizia, di Riccardo Iacona

Il caso Robledo e l'indipendenza della magistratura. Viaggio nelle procure italiane
 
Prologo, davanti al CSM 
E' la mattina del 15 aprile 2014, sono le nove e trenta. A Roma, in una sala del Palazzo dei Marescialli, sede del Consiglio Superiore della Magistratura, si trovano riunite in seduta comune la prima e la settima commissione del Csm. 
Alfredo Robledo, procuratore aggiunto, capo del secondo dipartimento della Procura di Milano, sessantaquattro anni, si appresta a rispondere alle domande dei consiglieri. I componenti delle due commissioni conoscono già il caso, perché hanno ricevuto per tempo la documentazione: un primo lungo esposto, poi arricchito da un secondo, in cui si racconta di alcune decisioni prese dal procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, il quale, secondo Robledo, avrebbe messo a rischio i beni più preziosi della Procura, ovvero la sua indipendenza e autonomia. 
Nell'esposto sono elencate molte delle inchieste che hanno occupato le prime pagine di tutti i giornali e i palinsesti delle televisioni: le indagini sul dissesto dell'ospedale San Raffaele, la gara d'appalto per la cessione delle quote che il comune di Milano possedeva della Sea, la società che gestisce tutti i servizi degli aeroporti milanesi; l'inchiesta sulle firme false servite a presentare le liste dei candidati di Forza Italia alle regionali del 2010, filoni d'indagine su Expo 2015 all'epoca ancora secretati, e tanti altri episodi di cui, fino a quel momento, non si aveva notizia. 
Robledo punta il dito contro Bruti Liberati a suo dire responsabile di aver tentato, in relazione agli episodi riferiti, di rallentare o influenzare le indagini per motivi che nulla hanno a che vedere con l'esercizio autonomo dell'attività investigativa.
 
Dal caso particolare, la vicenda del procuratore aggiunto Alfredo Robledo, finito sotto procedimento disciplinare, cacciato da Milano dal suo posto di capo del dipartimento contro i reati della ppaa, come spunto per raccontare un problema generale della giustizia italiana, di cui forse non abbiamo colto tutta la portata e pericolosità.
La spinta verso la gerarchizzazione dentro le procure, con un Procuratore Capo che non solo può avocare a sé fascicoli, coordinare i lavori, dirigere gli uffici: un Procuratore Capo col potere di dirottare i fascicoli dal giudice competente ad n altro magistrato, di un altro ufficio, in spregio all'organizzazione interna. 
Che può dimenticarsi i fascicoli (che magari riguardano proprio qualche personaggio potente) nel cassetto; perfino usarli per attaccare qualche magistrato troppo indipendente, troppo poco disciplinato, troppo poco disposto a cogliere quelle “sensibilità istituzionali”.
Quella sensibilità che va a discapito della legge uguale per tutti, dell'obbligatorietà dell'azione disciplinare, di una giustizia che non deve tener conto delle dinamiche industriali di un gruppo o di un partito o di un governo.
 
La storia di Alfredo Robledo, oggi tornato alla funzione requirente dopo due anni di Purgatorio a Torino, è sintomatica di tutto questo.
Sta succedendo qualcosa nelle procure, qualcosa che riguarda tutti noi, la possibilità di veder riconosciuti i nostri diritti pur senza avere santi in paradiso.
Tutto questo è avvenuto grazie (o per colpa) delle varie riforme della giustizia, dalla riforma Castelli, fino all'ultima legge targata centro sinistra sulla responsabilità civile dei magistrati.
Su questo argomento, a parte i tratti di facciata, destra e sinistra si sono dimostrate uguali nel dimostrare la stessa insofferenza nei confronti dei magistrati che si muovono contro politici, contro le banche, contro le lobby. Contro i troppi don Rodrigo di questo paese contro cui in pochi hanno voglia di andare ad indagare.
 
C'è un altro aspetto sta minando l'indipendenza e la credibilità della magistratura che, va sempre ricordato, è un organo indipendente dall'esecutivo come sancito dalla Costituzione: il potere delle correnti all'interno del CSM, la capacità di questi gruppi, di diritto privato, nel condizionare, pilotare, imporre nomine di magistrati a ruoli apicali.
 
Lo racconta al giornalista Andrea Mirenda magistrato a Verona che, riferendosi alle correnti le definisce 
“associazioni di diritto privato che si sono impadronite di un organo di rilevanza costituzionale come il Csm distribuendo incarichi e trasformandolo in un mezzo di asservimento dei magistrati… Il Csm non è più l’organo di autotutela, non è più garanzia dell’indipendenza, ma è diventato una minaccia, perché non vi siedono soggetti distaccati ma faziosi che promuovono i sodali e abbattono i nemici”. 
 
 
È grazie ad un voto di un magistrato di MD che Robledo è diventato procuratore aggiunto a Milano:

Avrei potuto dire a uno dei miei colleghi che mi rompeva i coglioni e andare a fare la pipì, così sarebbe stata nominata come aggiunta la Gatto”
 
Queste sono le parole che Bruti Liberati gli rinfaccia, quando Robledo gli chiarisce che intende non intende scegliersi i fascicoli di cui occuparsi, ma continuare ad occuparsi dei reati contro la pubblica amministrazione.
 
La famosa politicizzazione dei magistrati, quella che denunciava Berlusconi per difendersi dai processi e screditare i magistrati dell'accusa, esiste.
Ma nel senso esattamente opposto a quanto lo intendono i vari Berlusconi o i signori garantisti che scrivono sui giornali, garantisti coi potenti (da Dell'Utri a Mori, come successo recentemente dopo la sentenza sul processo alla Trattativa stato mafia); ma silenti quando sotto processo finisce un signor nessuno.
 
Come spiega Riccardo Iacona, stiamo parlando di un architrave importante della nostra democrazia, n bene prezioso:
«L’autonomia dei pm è di fatto sotto attacco. Da essa dipende il funzionamento della democrazia: se si scardina l’equilibrio tra i poteri e la politica mette le mani sulla giustizia, ogni arbitrio è possibile». 
 
I primi due capitoli del libro di Iacona sono dedicati alla carriera del magistrato napoletano, dal processo aiie banche (l'inchiesta sui derivati di Unicredit, usati per fare elusione); all'inchiesta delle finte Sim di Tim (con cui si sono falsati i dati del mercato); i derivati nel comune di Milano (che ha consentito al comune di Milano di recuperare 455ml di euro); l'inchiesta sulle tangenti pagate a Saddam per l'inchiesta Oil for Food, che ha portato a processo persone vicine all'allora governatore Formigoni.
Fino al processo sulle società offshore di Berlusconi: Robledo, assieme al collega De Pasquale, è l'unico magistrato che è riuscito a far condannare l'ex presidente del Consiglio Berlusconi, nel 2013.
Poi sono arrivate le inchieste che hanno portato allo scontro tra Robledo e il suo superiore, Bruti Liberati: fascicoli finiti nel cassetto come quello sulle quote di Sea, l'linchiesta sul crac del San Raffaele, tenuta ferma per consentire il salvataggio del gruppo da parte di una cordata che aveva dietro l'allora cardinal Bertone.
L'inchiesta sulle firme false di Forza Italia per le regionali del 2010.
Infine l'inchiesta su Expo, sull'appalto della piastra, cominciata nel 2014, quando a vincere la gara fu il gruppo Mantovani (lo stesso del Mose), con un ribasso del 42% (ma poi con le variazioni dei costi, il costo dell'opera aumentò dell'80%, La Mantovani si riprese quasi tutto..).
Su questo stava indagando il procuratore Robledo, quando fu stoppato da Bruti Liberati che inventòl'Area Omogenea Expo, affidando le indagini alla Boccassini e di fatto supervisionando tutti i fascicoli.
L'expo non doveva esserci, ma si è fatta grazie a Cantone e Sala, grazie ad un lavoro istituzionale d'eccezione, al prefetto e alla procura di Milano che ringrazio per aver gestito la vicenda con sensibilità istituzionale” - queste le parole dell'allora Presidente del Consiglio Renzi.
 
Sul Fatto Quotidiano è uscito uno stralcio del libro dove si parla di queste indagini, cominciate dal gruppo di Robledo nel 2014
Sulla grande vetrina internazionale garantita dall’Esposizione universale il suo governo ha puntato molto. Bisognava quindi che nessuno rovinasse la festa. Il 24 aprile 2015 era uscito su giustiziami.it un articolo a firma di Frank Cimini e Manuela D’Alessandro dal titolo La moratoria sulle indagini della Procura di Milano per Expo (e non solo): “‘Magari adesso il porto delle nebbie siamo noi’, dice un pm critico con la gestione della procura da parte del capo Edmondo Bruti Liberati, evocando la storica definizione che tanto tempo fa era stata utilizzata per gli inquirenti romani”. (…) Il 12 luglio 2012 viene intercettata una conversazione tra Antonio Rognoni (il numero uno di Ilspa, società della Regione coinvolta in Expo, ndr) e i suoi collaboratori in cui l’ad di Ilspa rivela che tre giorni prima, il 9 luglio, era venuto a trovarlo nel suo ufficio Ottaviano Cinque, proprietario della Socostramo srl, un’altra società di costruzioni che faceva parte della cordata Mantovani. 
L’imprenditore, senza dirgli nulla, gli aveva dato un biglietto su cui c’era scritto a mano: “Sappiamo di essere in testa nella parte qualitativa della gara della piastra”. Informazione che nessuno poteva avere, perché la commissione aggiudicatrice per la gara d’appalto non aveva ancora finito di valutare le offerte. In sostanza, Cinque comunica a Rognoni che la gara la vincerà l’associazione di imprese guidata dal gruppo Mantovani. (…) Il bigliettino è per Rognoni la dimostrazione che qualcuno dentro la commissione lavorava per far vincere la Mantovani. “Non so per quale ragione Ottaviano Cinque abbia ritenuto di mostrami il bigliettino”, dichiara Rognoni rispondendo a una domanda di Robledo quando viene interrogato: “Penso che l’abbia fatto per dare una notevole dimostrazione di forza, come a significare che lui aveva il favore della commissione. Non ho dubbi sul fatto che l’offerta della Mantovani complessivamente superasse la soglia dell’anomalia”. (…) 
Rognoni continuava a trovare difficoltà nell’appalto Mantovani. Io ne ho parlato con Giuseppe Sala, gli ho anche consigliato di andare in procura a denunciare, ma lui mi disse che dovevo essere io a denunciare”, fa mettere a verbale Angelo Paris (braccio destro di Sala, ad di Expo, ndr), interrogato dai magistrati di Milano.
Rognoni chiede che si faccia una verifica di congruità dell’offerta al ribasso: “Sono andato da Sala e ho spiegato i motivi per cui mi sembrava irragionevole l’offerta della Mantovani”, dichiara a Robledo. “Sala mi ha risposto che loro sarebbero andati avanti, perché non avevano il tempo di fare una verifica sui prezzi che erano stati stabiliti da Mantovani per capire se l’offerta era anomala o meno”. 
 
Quello che è successo dopo è storia oggi nota: la creazione dell'area omogenea, i fascicoli tolti a Robledo e vagliati da Bruti Liberati, poi l'esposto al CSM nell'aprile 2014, finito con la sua bocciatura.
La lettera di Napoletano, considerata un intervento a gamba tesa, l'allontanamento dal secondo dipartimento nell'ottobre 2014 e infine lo spostamento a Torino (senza funzioni di indagine) nel febbraio 2015.
 
Pochi magistrati hanno voluto parlare con Iacona, molti han preferito non commentare, non esprimere un parere, non mostrarsi.
Oggi a dirigerla [la procura di Milano] c'è Francesco Greco, il cui nome compariva diverse volte nell'esposto di Robledo. Alla richiesta di un'intervista, avanzata via email, non ha risposto. Lo stesso vale per Ilda Boccassini. Anche gli altri procuratori, aggiunti e sostituti, hanno mantenuto il silenzio. Dopo l'esito dello scontro tra Bruti Liberati e Robledo, con l'allontanamento del procuratore aggiunto da Milano e viste anche le indicazioni del Csm per una gerarchizzazione spinta all'interno delle procure, tutti pensano che sia meglio non esporsi.
 
È questa la giustizia che vogliamo, noi cittadini liberi di una democrazia? Una giustizia con procuratori che non devono prendere iniziative, che prima di aprire un fascicolo devono considerare le prossime scadenze elettorali, una quotazione in borsa di un gruppo industriale... un evento internazionale che consentirà al governo in carica e al suo presidente di prendere consenso?
Cosa dovrebbe fare un giudice a Taranto (o a Vado Ligure, o in Sicilia a Priolo, o in Basilicata di fronte agli impianti Eni)? Pensare alla difesa dell'ambiente, alle morti e alle malattie per l'inquinamento, alla violazione delle leggi, oppure pensare agli azionisti di queste società, ai partiti che stanno dietro, agli investitori?
 
Se c'è qualcosa di buono in questa storia, racconta un giornalista di cronaca giudiziaria di Milano, Frank Cimini, è che ci ha consentito di vedere dal di dentro tutte queste storture della giustizia.
«Dobbiamo comunque ringraziare Robledo. Se non avesse presentato l'esposto, non avremmo saputo molte cose. Così almeno resteranno nella storia».
 
Ritorno a Milano
 
“Palazzo d'ingiustizia” è un libro che da veramente un punto di vista importante, anche della procura che una volta era simbolo della giustizia italiana, quella che non si piegava alla malapolitica, quella che non girava la testa dall'altra parte.
Oggi Milano, raccontano due testimoni degli anni di Mani Pulite, Manuela D'Alessandro e Frank Cimini, sembra essere diventato “il porto delle nebbie”: si fanno molte inchieste sulla estero vestizione delle aziende, ma pochissime indagini sulla corruzione, sui reati dei colletti bianchi, “è un po' come se la procura si fosse addormentata”, spiega Manuela D'Alessandro.
 
Le ultime righe di Iacona, sono veramente amare e dovrebbero far riflettere tutti:
Lascio il palazzo di Giustizia di Milano convinto che, qualunque sia il giudizio sulla vicenda di Robledo, abbia stabilito uno spartiacque. Al di là delle vicissitudini personali che pure hanno attraversato I capitoli di questo libro, c'è un prima e un dopo Robledo. E il dopo che si sta profilando riguarda tutte le procure e i tribunali d'Italia: l'autonomia dei pm è di fatto sotto attacco. Non è mai stato facile portare a sentenza definitiva i colletti bianchi; nel dopo Robledo si rischia di non arrivare mai nemmeno al primo grado.
 
Altri post sul libro di Iacona:
 
 
La scheda del libro sul sito di Marsilio
 
I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon
 
 
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