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PD: l’alba di un nuovo giorno

Con la conclusione dell'assemblea generale del PD del 19 maggio sono sparite le tracce pubbliche del partito.

Già il cambio dell'ordine del giorno all'inizio dei lavori dell'assemblea non era stata una decisione felice. Arrendersi alle correnti interne e rimandare la sfida all'OK Corral ad un Congresso ancora da definire, ha spedito l'elettorato in quel limbo indefinito nel quale tuttora giace, con il tacito benestare di tutti i massimi esponenti del partito. Non avere una linea unitaria in un momento difficile come quello che stiamo attraversando ha dimostrato ancora una volta la fragilità dell'unico caposaldo riformista nel paese. Agli attacchi concentrici della nuova destra nata dalle elezioni del 4 marzo sarebbe servita una risposta compatta ed autorevole: si sono viste invece opinioni sparse (talvolta in contraddizione fra loro) e quasi sempre prive dell'uso del plurale, come se quelle opinioni fossero personali e non di un esponente del partito di opposizione. Si potrebbe pensare che dopo i "governi estivi" della prima repubblica. sia nato il partito estivo, rimandando all'autunno, o almeno si spera (se non oltre), la definizione della leadership interna. 

Tutto questo lascia l'elettore riformista ed i Circoli da soli, senza punti di riferimento, in balia di quanto viene proclamato quotidianamente dai nuovi inquilini del Parlamento.

Siamo alla fine di giugno. Forse qualcosa si potrebbe fare o quanto meno tentare per arrestare il probabile declino elettorale (giorno di ballottaggi amministrativi: si vedrà). Confidare esclusivamente sulla solidità dello zoccolo duro è decisamente complesso e rischioso in un partito di lunga storia ma di breve vita. Dopo il cazzotto elettorale si sta assistendo ora ad uno sfibrante lavoro ai fianchi, meno evidente ma potenzialmente molto pericoloso, anche perché inferto dagli stessi che dovrebbero evitarlo. 

Che non si rimandi ancora quello che è inevitabile. Si affronti ora il destino, per sperare in un futuro.

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