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Orlando, Florida: un cocktail di terrore per il locale gay

Non mi sembra il caso di equivocare sull’ultima cruenta strage nel locale gay di Orlando in Florida.

Che la molla dell’azione terroristica sia da ricercare nei meandri della mente offuscata (solo offuscata?) di Omar Mateen mi pare ormai assodato. Sposato e padre, ma secondo alcuni cliente fisso del locale gay, frequentatore di gay, corteggiatore di gay e assassino di gay, lo stragista americano di origini afghane era un concentrato di contraddizioni da manuale di psichiatria.

Eppure liquidare la strage come l’ennesimo acting out di una malattia mentale conclamata non sembra rispondere a tutte le domande, anche se pare abbastanza chiaro il quadro psichiatrico patologico.

Le altre domande sul tappeto riguardano la società americana, che di stragi simili ne produce una al mese e la nuova strategia jihadista che si appella alla guerra santa contro l’Occidente muovendo le sue pedine su vari livelli dello scacchiere umano: politico, militare, sociale, culturale, religioso e, perché no?, psichiatrico.

Nel caso di Orlando sembra che si sia formato un micidiale cocktail terroristico fatto di componenti diverse che hanno prodotto una delle stragi più efferate degli ultimi anni.

La società americana sostiene come proprio valore fondante il diritto personale ad avere armi e qualsiasi proposta legislativa contraria alla libera vendita di armi, perfino belliche come i fucili d’assalto, è stata bloccata.

La cultura che sostiene questo “diritto” poggia sulla logica biblica dei padri pellegrini e sulla mitologia della frontiera: un’interpretazione letterale del Vecchio Testamento e della storia mitica del popolo ebraico, con cui i puritani in fuga dalla "schiavitù" nell'Inghilterra anglicana, attraversato il loro personale Mar Rosso, si identificavano totalmente, è all’origine dell’occupazione coloniale del vasto territorio americano “come se” quella fosse la stessa identica terra promessa del racconto biblico. Il diritto a occuparla e a difenderla armi in pugno dalle tribù di nativi, esattamente come, nel mito, gli antichi israeliti avevano lottato contro i cananei, trova quindi, nella mentalità americana, una giustificazione divina.

Che poi, progressivamente, l’epopea del Far West e della frontiera, cioè il limes di quella Terra Promessa, si sia allargato sempre più fino a diventare globale è cronaca nota di quest’ultimo secolo di storia.

Il delirio religioso che sta alle radici della cultura americana giustifica così, per diritto divino, l’abbattimento del proprio nemico che, si sa, è chiunque incarni i fantasmi dei propri personali deliri, di volta in volta gay, neri, bianchi, donne, ebrei, islamici, comunisti, abortisti, perfino innocue pop star. Fantasmi che agitano menti infettate proprio da quel primo delirio originario su cui è stata costruita una società ormai palesemente malata di onnipotenza.

Basterebbe ricordarsi ogni tanto di quel buco nero creato da George Bush in Iraq per capire quanto l’onnipotenza americana sia stata devastante.

Come se questo quadro di pazzia personale e collettiva non bastasse, oggi si aggiunge il richiamo al jihad che viene esaltato come la panacea di tutti i mali di cui soffrirebbe l’Islàm (e, per estensione, ciascun fedele musulmano).

La strategia politico-militare islamista - al netto delle solite demenziali ed abusate dietrologie che vedono l’Occidente e Israele manovrare sempre tutto e tutti come se gli ‘altri’, chiunque essi siano, fossero privi di volontà e capacità strategiche proprie - si articola diversamente nel mondo: opera sul terreno con milizie proprie quando e dove può, si affida a cellule addestrate e preparate se e dove ne ha la possibilità, ma poi chiama chiunque ad unirsi alla guerra santa con i mezzi, i tempi, le modalità che liberamente può scegliere. Colpire poliziotti (ieri di nuovo a Parigi), soldati, donne, ebrei, gay, cittadini qualunque; con botti clamorosi o semplici coltellate, investendo un passante con l’auto o abbattendo un aereo, l'importante è agire.

Quanto la salvezza garantita ai combattenti della guerra santa possa avere effetto su menti già parecchio sofferenti non lo sappiamo; ma è evidente che i segni di una certa efficacia del messaggio jihadista ormai ci sono, anche se non sempre è chiaro se a muoversi sono consapevoli militanti addestrati o benestanti ragazzi di famiglie perfettamente integrate che agiscono per insoddisfazione personale o, ancora, malati di mente che realizzano nell'atto terrorista la propria personale catastrofe interiore.

La componente psichica di questo cocktail del terrore ha prevalso quasi certamente nella mente di Omar Mateen, ma questo non ci autorizza a sottostimare le cause culturali nella determinazione degli attentati di varia matrice che si susseguono a ritmo sempre più incalzante.

Restano, per ora, due sole certezze: la maggioranza dei cittadini occidentali non sta ancora cedendo alle derive razziste e xenofobe che molti partiti (ed alcuni governi) propongono in maniera sempre più sfrontata e arrogante.

E la stragrande maggioranza dei fedeli musulmani, forse questo non è chiaro a tutti, è vittima più dell’Occidente stesso del terrorismo islamista

 

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