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Operazione antimafia Gotha 6: 13 arresti nel messinese

I carabinieri del R.O.S. e del Comando Provinciale di Messina hanno eseguito all’alba del 3 febbraio un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Messina, De Marco, a carico di 13 persone, tra cui Giuseppe Gullotti, storico leader della mafia barcellonese ed altri esponenti di spicco del medesimo sodalizio criminale, per una serie di efferati omicidi commessi tra il 1993 ed il 2012 nell’hinterland di Barcellona Pozzo di Gotto (ME). 

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foto di Enrico Di Giacomo

Insieme a Gullotti sono stati arrestati Calderone Antonino, Mazzagatti Pietro Nicola, Calabrese Tindaro, Calderone Antonino, Chiofalo Domenico, Chiofalo Salvatore, Di Salvo Salvatore, detto Sam, Giambò Carmelo, Micale Aurelio, Rao Giovanni, Trifirò Carmelo Salvatore.

Un altro esponente della cosca, Caliri Angelo, è stato arrestato a Bruxelles in collaborazione con le autorità belghe, in esecuzione di un Mandato di Arresto Europeo emesso dall’GIP del Tribunale di Messina.

Le indagini, coordinate dal Procuratore della Repubblica, Guido Lo Forte, e dai Sostituti Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo, hanno consentito di far luce su ben quindici omicidi (tra cui un triplice omicidio) ed un tentato omicidio che, nell’arco di quasi un ventennio, hanno contrassegnato le dinamiche criminali della “famiglia barcellonese”, una delle espressioni più temibili ed organizzate della mafia in provincia, capace di mantenere rapporti qualificati con cosa nostra palermitana e catanese e con la ‘ndrangheta calabrese.

L’operazione costituisce un ulteriore, importantissimo sviluppo dell’attività di contrasto condotta negli anni dal R.O.S. e dal Comando Provinciale, sotto la direzione della Direzione Distrettuale Antimafia di Messina, che ha portato alla progressiva disarticolazione del sodalizio mafioso barcellonese ed alla collaborazione con la giustizia di molti affiliati le cui dichiarazioni, tra l’altro, hanno dato un contributo essenziale alle indagini confluite nel provvedimento di cattura. Tra i destinatari della misura cautelare spiccano figure di primissimo piano della mafia del Longano, oltre al già citato Gullotti, detto "l’avvocaticchio", già condannato alla pena di anni trenta in quanto ritenuto il mandante dell’omicidio del giornalista barcellonese Beppe Alfano, ucciso a Barcellona Pozzo di Gotto l’8.01.1993, anche alcuni suoi fedelissimi luogotenenti, come Di salvo e Rao, entrambi arrestati nel 2011 nell’ambito dell’operazione “GOTHA” e condannati a pesanti pene detentive.

Il provvedimento è stato notificato, tra gli altri, anche a Calabrese Tindaro, già tratto in arresto nell’operazione del R.O.S denominata “VIVAIO” del 2008 e che dal 2006 aveva assunto la reggenza della consorteria barcellonese. Grazie alle dichiarazioni dei collaboratori e ad attività investigative di riscontro particolarmente accurate e complesse, è stato possibile individuare gli autori e ricostruire movente e modalità esecutive – talvolta estremamente feroci – di una serie impressionante di omicidi, rimasti finora irrisolti, che tratteggiano, con una lunga scia di sangue, un ventennio di storia della criminalità organizzata barcellonese e testimoniano le spietate logiche attuate per il ferreo controllo del territorio e per la risoluzione dei conflitti interni mediante l’eliminazione di sodali ritenuti scomodi o inaffidabili.

La Gotha 6 ha fatto luce su 17 tra omicidi e tentati omicidi a partire dal triplice omicidio di Raimondi Sergio, Martino Giuseppe e Geraci Giuseppe (Barcellona Pozzo di Gotto (ME), 4 giugno 1993). L’azione sarebbe stata organizzata per punire le tre vittime, le quali sarebbero state solite commettere furti in territorio di Barcellona senza l’autorizzazione della criminalità organizzata locale.

Gli altri delitti riguardano Pelleriti Domenico (Terme Vigliatore, ME, 24 luglio 1993). La vittima sarebbe stato sospettata di una serie di furti ai danni di un esercizio di vendita di ceramiche e pertanto il boss Gullotti, al tempo al vertice dell’organizzazione barcellonese, cui si era rivolto il derubato, avrebbe deciso di punire il presunto autore con la morte. Secondo la ricostruzione fornita dai collaboratori, la vittima avrebbe subito un violento interrogatorio per indurla a confessare il furto, al termine del quale il Gullotti avrebbe concesso un’ultima sigaretta prima di dare il via libera all’esecuzione dell’omicidio.

Da Campo Salvatore (Terme Vigliatore (ME) 2 febbraio 1995), avrebbe pagato con la vita perché sospettato di aver fornito ai Carabinieri indicazioni sul nascondiglio di Calderone Antonino (all’epoca ricercato).

Invece Grasso Carmelo (Falcone (ME), 10 aprile 1995), sarebbe stato ucciso perché si riteneva avesse avviato rapporti criminali con soggetti catanesi nella zona di Oliveri (ME), con ciò sminuendo il prestigio e l’autorità della locale organizzazione mafiosa.

Iannello Felice (Falcone (ME), 5 marzo 1996), ammazzato perché sospettato di spacciare droga anche a soggetti minorenni, nella zona di Barcellona senza autorizzazione del locale sodalizio mafioso, mentre Ficarra Fortunato (S. Lucia del Mela (ME), 1 luglio 1998), è morto perché avrebbe infastidito alcune donne all’intero di un esercizio commerciale locale.

Milici Mario (Barcellona Pozzo di Gotto (ME), 19 agosto 1998), ucciso perché il vertice barcellonese gli imputava di trattenere per sé i proventi delle estorsioni e del gioco d’azzardo. L’agguato sarebbe iniziato presso una stalla nella disponibilità della vittima che, benché ferita, sarebbe riuscita a fuggire a piedi per un breve tratto. Raggiunta e immobilizzato dagli assassini, veniva ripetutamente colpita con la canna del fucile fino a trapassargli il collo.

Sboto Antonino (Barcellona Pozzo di Gotto (ME), 3 maggio 1999), ritenuto responsabile di alcuni furti non autorizzati dalla famiglia barcellonese, uno dei quali ai danni della sorella di un esponente del sodalizio. L’esecuzione avvenne secondo una precisa e agghiacciante simbologia mafiosa: dopo l’esplosione di due colpi di pistola alla testa, gli venivano amputate entrambe le mani. Il cadavere veniva fatto ritrovare il giorno dopo con una telefonata anonima ai Carabinieri.

Catalfamo Giovanni (Barcellona Pozzo di Gotto (ME), 29 settembre 1998), ucciso perché l’attività di usura a lui attribuita non era tollerata dall’organizzazione mafiosa barcellonese.

Di Paola Giovanni (Brolo (ME), 6 ottobre 1995), sospettata di aver sottratto delle somme dalle casse di una società operante nel settore del calcestruzzo, sulla quale convergevano gli interessi di esponenti mafiosi barcellonesi.

Mazzù Nunziato (Oliveri (ME), 13 dicembre 2005), soppresso perché si temeva potesse aprirsi alla collaborazione con la giustizia.

Tramontana Domenico (Barcellona P.G. (ME), 4 giugno 2001). I vertici dell’organizzazione criminale barcellonese avrebbero saputo della sua intenzione di voler eliminare Bisognano Carmelo, all’epoca organico alla famiglia mafiosa barcellonese nonché responsabile dell’area di Mazzarrà S. Andrea ed attualmente collaboratore di giustizia e ne avrebbero, pertanto deciso l’uccisione.

De Pasquale Carmelo (Barcellona Pozzo di Gotto (ME), 15 gennaio 2009), ucciso perché si riteneva volesse, a sua volta, uccidere D’Amico Carmelo al fine prenderne il posto in seno al gruppo.

Isgrò Giovanni (Barcellona Pozzo di Gotto (ME), 1 dicembre 2012), che aveva militato nella fazione perdente facente capo a Perdichizzi Giovanni, a sua volta ucciso.

Mazza Carmelo (Milazzo (ME), 27 marzo 2009), accusato di praticare attività estorsiva senza l’autorizzazione del gruppo. L’uccisione del Mazza venne ripresa dalle telecamere della palestra dalla quale era appena uscito e testimonia l’estrema freddezza e le capacità militari del gruppo di fuoco impiegato nell’occasione: l’auto condotta dai killer affiancava la vettura della vittima che veniva raggiunta da un primo colpo di fucile. Perdeva, quindi, il controllo del mezzo e sfondava il cancello di recinzione della palestra, andando a schiantarsi sul muro. Qui veniva raggiunta dagli assassini che la finivano con diversi colpi d’arma da fuoco;

Infine il tentato omicidio di Giambò Carmelo, (Barcellona Pozzo di Gotto (ME), 3 marzo 2011), colpevole, per la cosca, di trattenere per sé i proventi estorsivi raccolti per conto della famiglia ed inoltre si temeva che potesse iniziare a collaborare con gli inquirenti. Al termine di un concitato inseguimento per le vie cittadine, durante il quale i killer esplodevano numerosi colpi d’arma da fuoco all’indirizzo della vettura sulla quale viaggiava, il Giambò – che è tra i destinatari dell’ordinanza, poiché gravemente indiziato di due degli omicidi trattati – riusciva a mettersi in salvo presso la Compagnia Carabinieri di Barcellona Pozzo di Gotto (ME).

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