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Omofobia sempre a livelli elevati, legge al palo

Sebbene i contorni della vicenda siano tutt’ora in fase di accertamento, il recente pestaggio di Cuneo rimane in ogni caso l’ennesimo episodio di violenza basato sull’omofobia. Potrebbe essersi trattato di una sorta di mancato delitto d’onore in chiave omosex, come emerso dalla ricostruzione dei fatti da parte degli inquirenti e tenendo conto del fatto che erano presenti perfino armi da fuoco, o potrebbe essere stata una reazione spropositata a un corteggiamento avvenuto attraverso i social network, come afferma l’uomo che ha organizzato la spedizione punitiva, ma è difficile non pensare che il carattere omosessuale della relazione o dell’approccio, combinato con la percezione che molti hanno riguardo al tema, abbia amplificato parecchio la reazione.

Perché in Italia l’omosessualità è tuttora vista da troppa gente come un’attitudine che travalica i limiti di una presunta normalità, qualcosa che capita generalmente ad altri, a gente e famiglie sfortunate, e che di conseguenza quando capita a persone a noi vicine è peggio di un cancro, che quello almeno è abbastanza diffuso e non guarda in faccia nessuno. A dipingere questo quadro non siamo noi ma sono tutti gli indicatori statistici, a partire da quello dell’Ilga che colloca il nostro Paese dietro a tutti gli Stati europei occidentali per quanto riguarda la discriminazione verso le persone Lgbt. Dati di cui ormai si prende atto anche ai vertici istituzionali, tant’è che in occasione della recente giornata mondiale contro l’omofobia e la transfobia lo stesso presidente della Repubblica Mattarella, insieme alla presidente della Camera Boldrini, hanno sottolineato la necessità di un contrasto efficace a qualunque forma di discriminazione e di bullismo basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere.

Scendendo al di sotto dei vertici scende anche l’interesse per la questione. Il relativo disegno di legge con primo firmatario Ivan Scalfarotto si è arenato nelle secche del Senato, come ci ricorda anche la pagina istituzionale, e non accenna a riprendere il suo percorso a distanza di quasi tre anni da quando la Camera lo ha licenziato e oltre due anni da quando è approdato in Commissione. Senza uno strumento legislativo adeguato qualsiasi iniziativa volta a contrastare gli episodi di omofobia risulta depotenziata, dovendo limitarsi per forza di cose alla semplice raccolta di informazioni e all’erogazione di un sostegno più morale che concreto. Lo riconosce perfino il sindacato di polizia Silp Cgil che ha recentemente attivato uno sportello di ascolto rivolto proprio agli agenti di polizia vittime di discriminazione sessuale o di genere.

Nel frattempo sono state legalizzate le unioni civili, pur solo grazie al ricorso al voto di fiducia, che non risolvono certo il problema dell’odio omofobico ma almeno introducono quel riconoscimento della famiglia omosessuale che fa da substrato, da humus grazie al quale altri diritti possono, e devono, attecchire. E dire che per entrambi i disegni di legge è stato necessario ricorrere a un compromesso con le frange più oltranziste dell’arco parlamentare e sociale: nel caso delle unioni civili a farne le spese è stata l’adozione del configlio, e di riflesso gli stessi configli, mentre nel caso del reato di omofobia ci hanno guadagnato gli omofobi sul pulpito, ancora una volta più uguali di tutti gli altri cittadini a cui le leggi si rivolgono e vengono applicate. Dunque diritti figli di un compromesso tra chi li rivendica e chi al contrario vorrebbe negarli, altro che la tanto decantata universalità.

Ma appunto, chi sono coloro i quali mirano a criminalizzare gli omosessuali invece che gli omofobi, e che sostengono più o meno inconsapevolmente la violenza invece che l’amore? Gruppi reazionari, certo, indentitari pure, che fanno troppo spesso riferimento a quel pulpito considerato zona franca dall’attuale formulazione del disegno di legge Scalfarotto. Un pulpito crociato, da cui si istiga appunto a nuove crociateverso chi non costituisce di per sé minaccia per nessuno, ma che viene inspiegabilmente percepito come tale. Ne costituisce ennesima dimostrazione la recente iniziativa dell’associazione Famiglia domani, onlus fondata negli ambienti della destra missina: un osservatorio gender incoraggiato nientemeno che dal Pontificio Consiglio per la Famiglia.

Da quanto dichiarato dal responsabile dell’osservatorio nel corso dell’intervista rilasciata a L’Espresso si ha la chiara percezione di quel delirante sentimento di avversione che porta poi, in casi estremi, a episodi di odio violento sia dal punto di vista fisico che psichico, come quello di Cuneo di cui al primo paragrafo. L’omosessualità viene definita come “assoluto male morale” di cui viene finanche criticata la legalizzazione; il che è come dire che fosse per loro non solo non ci sarebbero diritti per gli omosessuali ma non ci sarebbero nemmeno gli omosessuali, relegati in un contesto di illegalità molto simile a quello dei paesi in cui vige la sharia. Del resto la legge coranica discende a sua volta in parte da quella biblica, ed entrambe affondano le radici in quelle società arcaiche che loro stessi prendono a esempio laddove dicono che non hanno mai osato “legittimare l’immoralità pubblica”.

Tra i compagni di battaglia di Famiglia domani vi sono anche altri gruppi che hanno come riferimento il cattolicesimo più rigido, a partire dalle famigerate Sentinelle in piedi fino a Difendiamo i nostri figli di Gandolfini, che tra le altre cose organizza il Family day. Tutto un mondo all’insegna del crocifisso che non intende cedere di un millimetro all’evoluzione dei tempi. Per contro, si registrano anche sacche di maggiore apertura verso un’idea secolarizzata della religione, come nel caso della parrocchia bolognese di San Bartolomeo al cui interno è nato un gruppo di cattolici omosessuali. Pare che dal cambio ai vertici dell’Arcidiocesi di Bologna ricevano perfino maggiore attenzione.

Massimo Maiurana

Questo articolo è stato pubblicato qui

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