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Omofobia interiorizzata: il male dentro

“…Non ci hai dato un cuore perché ci odiassimo, e mani perché ci sgozzassimo; fa’ (..) che le minime differenze tra le vesti che coprono il nostro debole corpo, tra le nostre lingue insufficienti, tra tutti i nostri ridicoli costumi, tra tutte le nostre leggi imperfette, tra tutte le nostre insensate opinioni, (..) che tutte le minime sfumature che distinguono gli atomi chiamati uomini non siano segnali di odio e di persecuzione.” (Voltaire, 1763).

Una realtà che cambia, che sfoggia tecnologie, che si veste di ricordi per affrontare la quotidianità e che vive in un alternarsi di ricerca di bellezza, autenticità e innovazione, in cosa sembrerebbe rimasta indietro? Sembrerebbe bloccata nella paura, nel timore del “diverso” che troppo spesso spaventa e ferisce, allontana e non comprende.
Nel 1869 lo scrittore ungherese Karoly Maria Kertbeny coniò il termine “omosessualità” con l’obiettivo “nobile” di contrastare l’introduzione di una legge prussiana che puniva gli atti tra persone di sesso maschile (Lingiardi, 2007) mentre la parola “eterosessuale”, introdotta già nel 1868, indicava la passione sessuale e morbosa rivolta ad una persona del sesso opposto (Lingiardi, 2007). Niente di strano si potrebbe pensare. Il gap scaturì nel momento in cui la definizione di eterosessuale fu accostata a quella di sessualità normale; da questo momento in poi, la sessualità, risultò divisa in due categorie: una normale e l’altra deviata e patologica.
Solo nel 1973 si riconoscerà, almeno in maniera ufficiale, la natura dell’omosessualità come variante naturale del comportamento sessuale. La depatologizzazione dell’omosessualità, e la sua rimozione dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, restituisce agli omosessuali un’identità psichica suscettibile alle patologie né più né meno di quella delle persone eterosessuali.
Durante gli ultimi trent’anni, dunque, nel mondo accademico, si è superata la concezione di un orientamento sessuale subalterno e uno normativo, uno naturale e l’altro innaturale prediligendo un continuum tra i due orientamenti e non più una dicotomia.
Partendo dal presupposto infatti che l’orientamento sessuale è inteso come l’attrazione emozionale, romantica e/o sessuale di una persona verso individui dello stesso sesso (omosessualità), di sesso opposto (eterosessualità) o entrambi (bisessualità), Kinsey ha proposto una scala dell’orientamento sessuale che prevede 7 gradi, dall’eterosessualità esclusiva all’omosessualità esclusiva (i due estremi), passando per la bisessualità (centro), e per posizioni intermedie che esprimono il grado di preferenza per l’uno o l’altro di questi orientamenti.
L’individuo definisce il senso del proprio Sé durante l’adolescenza attraverso una complessa integrazione di fattori cognitivi, emozionali e sociali. La formazione dell’identità, secondo Zimmerman (1995) è un percorso che si esplica attraverso svariati conflitti, la cui risoluzione consente di accrescere la percezione di autoefficacia. Per gli adolescenti gay e lesbiche questo percorso, già di per sé complesso, si rivela ancor più delicato e tra la scoperta dell’orientamento sessuale omosessuale e la sua accettazione come parte sana e necessaria della propria identità può trascorrere un lasso temporale abbastanza ampio.
È indubbio che retaggi culturali oltraggiosi nei confronti degli omosessuali e la gestione dello stesso stigma associato all’identità omosessuale ostacolano il processo di accettazione di sé nell’adolescente e non solo (Herek, 2004).
Ma proviamo a fare chiarezza. Stiamo parlando del fenomeno dell’ omofobia interiorizzata definita da Lingiardi (2007) come “l’insieme di sentimenti e atteggiamenti negativi (dal disagio al disprezzo) che una persona omosessuale può provare (più o meno consapevolmente) nei confronti della propria omosessualità.” Con quali conseguenze? Molti autori considerano l’interiorizzazione dell’omofobia come una fase dello sviluppo dell’identità omosessuale (Graglia, 2012), che si manifesta sotto forma di scarsa accettazione di sé, sentimenti di inferiorità, vergogna, convinzione di essere malati o sbagliati, odio di sé.
Questo perché nascere omosessuale in alcune realtà significa “non avere le carte in regola”, vuol dire nascere in una famiglia che nella migliore delle ipotesi ama il figlio malgrado questo “difetto”, significa nascondersi per non rivelare completamente se stessi, significa senso di colpa, problemi sessuali e, nei casi più gravi, pensieri di morte e tentativi di suicidio. Significa, per gli uomini, essere “effemminati” e rinunciare alla propria virilità, come se l’essere uomo si misurasse in base alle preferenze in termini di pene o vagina, e, per le donne, rinunciare ad una famiglia e al ruolo di essere madre, oltre alla propria sensualità.
È chiaro che epiteti stupidi e sbagliati favoriscono alti livelli di stress, tipico di chi appartiene ad una minoranza, che prende il nome di minority stress (Meyer, 1995, 2003).
Tutta questa sofferenza divora e le risorse dell’Io vengono spese nella scelta di strategie volte al nascondersi da sguardi indiscreti fingendo ciò che non si è. Molti ragazzi e ragazze provano ad essere eterosessuali convincendosi di poterlo diventare, provano a mettere in atto apprezzamenti o piccoli gesti, come baci, verso l’altro sesso mentre amano qualcun altro.


Educare ad una cultura delle differenze potrebbe essere il presupposto per abbattere pregiudizi ed etichette negative a favore di un principio di inclusione creando condizioni di rispetto verso l’Altro promuovendo un ambiente in cui ciascuno può esprimersi liberamente.

A cura della tirocinante IISS, Federica Ribezzo

Tutor: Davide Silvestri

 

BIBLIOGRAFIA
Graglia, M. (2012). Omofobia. Strumenti di analisi e di intervento. Roma: Carocci editore.

Herek, G.M. (2004). Beyond “homophobia”: Thinking about sexual prejudice and stigma in the twenty-first century. Sexuality Research & Social Policy, 1(2), 6-24. Doi: 10.1525/srsp.2004.1.2.6

Kinsey, A.C., Pomeroy, W.B., & Martin, C.E. (1948). Sexual Behavior in the Human Male. Philadelphia: Saunders. Trad. ital., Il comportamento sessuale dell’uomo. Milano: Bompiani, 1950.

Lingiardi, V. (2007) , Citizen gay. Famiglie, diritti negati e salute mentale, Milano, Il Saggiatore.

Meyer, I.H. (2007). Prejudice and Discrimination as Social Stressors. In I.H. Meyer & M. Northridge (Eds.), The Health of Sexual Minorities. Public Health Perspectives on Lesbian, Gay, Bisexual and Transgender Populations (pp. 242-267). New York: Springer.

Zimmerman, B.J. (1995). Self-efficacy and educational development. In A. Bandura (Ed.), Self-efficacy in changing societies (pp. 202-231). New York: Cambridge University Press.

SITOGRAFIA
https://www.focus.it/comportamento/...

 

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