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Olanda: un punto di vista più ampio sulle elezioni politiche

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa analisi delle recenti elezioni politiche olandesi scritta da Peter Noordendorp, umanista di Amsterdam.

Per poter capire da un punto di vista più ampio ciò che è successo con le elezioni politiche olandesi del 15 marzo 2017 occorre tornare indietro al 2008. In quell’anno è scoppiata la crisi delle banche e anche nei Paesi Bassi tre di esse si sono trovate nella necessità di essere salvate. Una, l’ABN-AMRO, è stata ricomprata dal governo ed è divenuta almeno per il momento una banca statale. Il salvataggio di queste tre banche è costato vari miliardi ai contribuenti e la decisione è stata presa dal governo di allora, una colazione tra i Cristianodemocratici (CDA) e i Socialdemocratici (PvdA). Naturalmente quei soldi non c’erano e il governo ha dovuto indebitarsi pesantemente. E questo è legato a ciò che è successo nei nove anni successivi.

Nel 2010, a metà mandato della coalizione, il governo è caduto per l’uscita del PvdA e sono state indette nuove elezioni, che hanno avuto il seguente risultato: il trionfatore è stato il Partito per la Libertà di Geert Wilders (PVV), che è arrivato a 24 seggi, conquistandone 15 in più. Il Partito per la Libertà e la Democrazia (VVD) ne ha aggiunti 9 ed è diventato il maggior partito del paese, con 31 seggi. I Democratici66 (D66) sono passati da 3 a 10 seggi e la Sinistra Verde da 7 a 10. Il PvdA ne ha persi 3 e si è fermato a 30 seggi.

Il principale sconfitto è stato il CDA, che ha perso 20 dei suoi precedenti 41 parlamentari. Questo partito aveva guidato gli ultimi quattro governi fino al 2010, con Jan Peter Balkenende come Primo Ministro). Anche i Socialisti (SP) hanno perso 10 dei loro precedenti 25 eletti, fermandosi a 15.

Questi risultati hanno reso molto difficile la formazione di un coalizione. Alla fine si è insediato un governo di minoranza di destra, con l’appoggio esterno del partito di Geert Wilders e Mark Rutte come Primo Ministro. In quel momenti sembrava che non ci fossero problemi a governare con il PVV e nessuna paura per i suoi 24 eletti. Mark Rutte ha invitato Geert Wilders e il suo partito a entrare nella coalizione; Wilders ha rifiutato, ma ha promesso di appoggiare il governo di minoranza. Questo governo è durato due anni e poi è caduto. Era chiaro fin dall’inizio che non sarebbe riuscito a sopravvivere.

Nel frattempo la crisi generale era cresciuta ed è stata al centro delle elezioni del 2010. E’ stato un voto dettato soprattutto dalla paura, che ha premiato in particolare il VVD (di centro-destra) e il PvdA (di centro-sinistra). Il VVD è arrivato a 41 eletti, guadagnandone 10 e il PvdA a 38, aggiungendone 8. Il PVV di Geert Wilders ne ha persi 9, fermandosi a 15 eletti. Il CDA ne ha persi altri 8 e quello che una volta era il maggior partito del paese ha conservato solo 13 parlamentari. Risultato negativo anche per la Sinistra Verde, che ha perso 6 eletti ed è rimasta solo con 4.

Il nuovo governo si è formato in fretta con una coalizione tra il VVD e il PvdA, che insieme avevano 79 seggi su un totale di 150. Questo matrimonio politico era piuttosto strano, con il centro-destra e il centro-sinistra nello stesso letto; d’altra parte la stessa coalizione governava in Germania con Angela Merkel e questo ha senz’altro influenzato il nuovo tentativo fatto nei Paesi Bassi.

Questo governo, rimasto in carica fino alle elezioni del 15 marzo 2017, ha attuato una drastica politica di austerity, operando tagli dovunque e soprattutto nel settore delle spese sanitarie e sociali. I costi delle cure sono aumentati e l’esplosione dei contratti precari ha lasciato molta gente senza un lavoro e un reddito stabile e molti giovani senza prospettive future.

Tutto questo e anche altro, per pagare i debiti contratti con le banche e riportare sotto controllo il debito pubblico. Naturalmente alla gente non è mai stato spiegato che tutta questa austerity serviva a pagare i debiti contratti nel periodo del salvataggio delle banche e che stavano pagando un prezzo pesante per ciò che era stato causato da un avido sistema finanziario.

Gli elettori di sinistra e di centro –sinistra non hanno apprezzato questa politica e nelle elezioni del 15 marzo 2017 hanno punito duramente i socialdemocratici per la loro partecipazione a questa folle politica di austerity. Il PvdA ha perso 29 dei suoi seggi ed è rimasto solo con 9. Il VVD ne ha persi 8 e ha vinto le elezioni ottenendo solo 33 parlamentari. Il VVD è riuscito ad approfittare del conflitto con la Turchia ed Erdogan, Mark Rutte si è presentato come un leader calmo ma forte e questo lo ha aiutato a non calare troppo. Tutti i voti persi dai Socialdemocratici sono andati alla Sinistra Verde, che è passata da 4 a 16 parlamentari, ai Democratici 66 (da12 a 19) e ai Cristianodemocratici, passati da 13 a 19 eletti. Hanno vinto anche dei partiti più piccoli e due formazioni nuove hanno eletto ognuna due parlamentari.

Questo nuovo panorama politico è per certi aspetti simile a quello del 2010, solo più orizzontale. Ora è impossibile formare una coalizione con tre partiti. Il minimo è quattro e forse ne serviranno sei per creare una coalizione di centro-sinistra, se il VVD non riuscirà a creare un governo di centro-destra con quattro partiti. Più partiti sono coinvolti, più l’impresa diventa difficile, se non impossibile.

A mio parere dal 2010 la disintegrazione del sistema politico (i cosiddetti partiti tradizionali) si è accelerata. Inoltre sono comparsi partiti nuovi, formati in seguito a scissioni, con temi e rivendicazioni particolari. Quest’ultimo sviluppo può diventare interessante col tempo, o scomparire.

In ogni caso negli ultimi sei anni abbiamo assistito a una sorta di montagne russe, con alcuni partiti che colavano a picco in fretta, altri che ottenevano grandi successi altrettanto in fretta e nuovi partiti che comparivano sulla scena. Questo dimostra quanto sia instabile l’ambito politico e quanto dirompenti possano essere i terremoti elettorali.

E’ chiaro che a un certo momento negli anni Ottanta del secolo scorso tutti i partiti tradizionali olandesi, compresa la Sinistra Verde, hanno adottato il liberismo e abbandonato le rispettive ideologie con il pretesto della modernizzazione. Tutti loro hanno contribuito allo smantellamento del Welfare State, dove l’istruzione e la sanità erano gratuite per tutti e i lavori erano stabili e a tempo indeterminato. Hanno collaborato alla svendita dei servizi pubblici (casa, elettricità ecc) al cosiddetto libero mercato, fino a quando non è rimasto più niente. Sono tutti al servizio delle grande banche e multinazionali e questo si vede con chiarezza alla fine della loro carriera di politici, quando ottengono ottimi posti in quelle stesse compagnie.

Ora hanno davanti un elettorato incerto sul proprio futuro, ma che non capisce davvero cosa sta succedendo. Questo produce un disorientamento generale e tensioni crescenti nella società, con gruppi che si contrappongono tra loro e immigrati e profughi che vengono considerati la causa dei problemi crescenti.

Non ho ancora visto un partito che dica con chiarezza cosa sta succedendo e come e perché la gente è stata ingannata per anni e anni. Se li si osserva da vicino le loro posizioni riguardano punti secondari e così il panorama politico olandese arranca senza andare da nessuna parte, con un’arroganza e un’ipocrisia che ostacolano un vero cambiamento.

Jesse Klaver, il leader della Sinistra Verde, è riuscito a ottenere il voto di molti giovani con un uso intelligente dei social media e ha creato una sorta di movimento sociale. Vedremo che cosa farà adesso.

Per finire, vorrei dire che in realtà non c’è mai stato un vero pericolo che Geert Wilders e il suo PVV vincessero le elezioni, ma questo supposto rischio è stato usato in modo molto astuto, soprattutto da Mark Rutte, per spingere molti elettori del PVV a votare per lui e il suo partito spostandosi a destra. Forse è per questo che non ha perso molti voti in queste elezioni, ma così formare una coalizione con quattro partiti sarà ancora più difficile.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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