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Onore ai diffidati – Intervista a Elisa Davoglio

Un nuovo campionato di calcio è iniziato. La pausa per gli impegni della Nazionale e le sorprese eclatanti in classifica (il Milan a zero punti, le difficoltà della Roma, Lazio e Atalanta in vetta a punteggio pieno) hanno fatto passare in secondo piano il problema della violenza fuori e dentro gli stadi, a sole due settimane dai fatti di Roma-Napoli. Un’esplosione di follia collettiva che ha brutalmente messo in luce l’inadeguatezza dei sistemi di prevenzione e, più in generale, della gestione – da parte di società e istituzioni – di quello che era considerato una volta il campionato di calcio più bello del mondo.

 

Nei giorni successivi a Roma-Napoli si è assistito a un teatrino mediatico con un continuo rimbalzo di responsabilità: i gruppi del tifo organizzato che chiamano in causa Trenitalia, il Viminale che se la prende con prefetto e questore della città partenopea, il capo della Polizia che denuncia infiltrazioni camorristiche all’interno della curva. Mentre stampa e televisione non hanno dubbi a individuare i colpevoli di tutta questa situazione: gli ultrà. Criminali travestiti da tifosi che ogni domenica (o sabato o lunedì, vista la formula del “calcio-spezzatino” voluta dalla pay-tv) utilizzano gli stadi e gli spazi antistanti come campi di battaglia dove sfogare rabbia e frustrazioni. Ma la realtà è forse più complessa di come ci viene rappresentata. Così come l’universo del tifo organizzato. Un mondo sconosciuto, nebuloso, che è stato scandagliato da Elisa Davoglio, una poetessa livornese di 32 anni che della sua “indagine” aveva pensato di fare un reportage. Ne è nato invece un romanzo, “Onore Ai Diffidati” (Mondadori, pag. 261, € 16), di grandissima attualità in questi giorni. La protagonista del libro, Atala, è una giovane ballerina, livornese anche lei, che si trasferisce a Milano. Qui si innamora di Luca, un ragazzo fragile e misterioso. Quando Luca viene pestato selvaggiamente e poi arrestato dalla polizia, la vita e i progetti di Atala sono sconvolti. La protagonista finisce in un vortice emozionale e si trova suo malgrado catapultata in un mondo che non conosce e che, poco a poco, tenta di decifrare.

Non poteva esserci momento migliore di questo – con il campionato e le Coppe alle battute iniziali - per incontrare Elisa Davoglio nella sua duplice veste di scrittrice ed esperta dell’universo ultrà italiano.

Elisa Davoglio lei conosce bene il mondo delle curve per averlo “studiato” da vicino. Come commenta l’inizio del campionato, con i fatti di Roma-Napoli cui sono seguiti gli ennesimi proclami di "tolleranza zero", gli arresti e le curve chiuse per il Napoli fino al 20 ottobre?

 “Il campionato è iniziato come era prevedibile. Rimango perplessa sulla gestione della trasferta napoletana a Roma, partendo comunque dal presupposto che niente giustifica l’assalto al treno. Per quanto riguarda i "proclami", auspicherei da parte delle istituzioni una linea coerente lungo tutto il campionato, non legata solo ai fatti contingenti. Una linea che riesca a prevenire fatti come quelli relativi a Roma-Napoli”.

In vari blog e forum gli ultrà del Napoli hanno affermato che si sia trattato di una trappola ben congegnata nei loro confronti. Ipotizzano che le istituzioni li abbiano voluti incastrare alla prima partita, per levarseli di torno per il resto del campionato. A loro discolpa raccontano che la stragrande maggioranza dei tifosi alla stazione di Napoli era in possesso del biglietto e che sia stata Trenitalia a creare il caos…

So anch’io di queste affermazioni. Credo che si debba far maggior luce su questo fatto, in modo da ristabilire una versione corretta di ciò che è realmente accaduto”.

Nonostante l’introduzione di misure restrittive (dal biglietto nominale ai tornelli, dai daspo ai divieti di trasferta), sembra che nulla sia cambiato negli ultimi anni. Si inizia con grandi proclami e si finisce con i soliti problemi. Lei vede una via d’uscita? 

“Non credo vi sia una via d’uscita. Penso invece a strade percorribili che si muovano su un concetto di legalità condivisibile e, ripeto, coerente. Gli strumenti repressivi paradossalmente sembrano a volte applicarsi in casi meno gravi, mentre lasciano pericolosamente scoperte altre situazioni puramente delinquenziali, in cui l’essere ultras c’entra veramente poco”.

 

Il suo romanzo ci fa intuire che l’universo ultrà è una sorta di mondo parallelo a quello in cui viviamo, con un sistema di valori a sé stante. Gli ultrà si sentono come dei piccoli eserciti ai tempi dei Comuni. Combattono per il loro campanile, la loro bandiera. Le loro parole d’ordine sono rispetto, fedeltà, onore, tradizione. Crede che sia ricomponibile questa frattura sociale, tra gli ultrà da una parte e le persone "normali" dall’altra?

“La nostra società, quella delle "persone normali" come lei dice, sembra tutta tesa ad affermare valori legati a denaro e scaltrezza. Concetti come onore e lealtà sono desueti e nella curva sembrano trovare un senso, un significato attuale. Credo che questo sia un importante spunto di riflessione”.

Il sistema dei media non ha aiutato a capire il fenomeno delle curve che è vario e complesso. Il suo libro vuole offrire in qualche modo un punto di vista alternativo, una lettura "altra" di un universo demonizzato (spesso non a torto, vista la gravità di certi eventi), ma che non è stato mai analizzato con serenità e chiarezza da stampa e tv?

 “Il mio libro vuol provare a far conoscere questo mondo, senza avere la presunzione di interpretarlo, a chi ne ha un’impressione spesso parziale e distorta. Vuole far capire quanto oggi una curva dello stadio rappresenta, che è molto di più di un risultato calcistico e di una classifica. E’ ricerca identitaria che evidentemente in altri ambiti non trova spazio.

Ho scelto come protagonista del romanzo una ragazza che sogna di fare la ballerina in televisione e che non ha nessun grande ideale dentro, per la provocazione di mettere a contatto due aspetti attuali ma sensibilmente differenti dell’essere giovani oggi.

Il mio personaggio riacquista la propria volontà proprio attraverso la conoscenza del mondo ultras, pure con tutte le sue contraddizioni. Ne viene a suo modo scossa, "riattivata" a vivere davvero”.

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