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Nuovi lavori di Teatro Musicale Sperimentale alla Biennale Musica

Il Festival “OUT of STAGE” riprende due generi antichi come la Sacra Rappresentazione e il Madrigale Rappresentativo

Ci si immerge nel sacro, quando si va ad ascoltare musica nella Basilica di San Marco. E’ un ritorno al passato, che fa dimenticare l’infelice presente, in cui una rete invasiva indirizza i gusti e gli atteggiamenti del singolo. Dunque, una piacevole serata, in virtù dell’ascolto, visivo ed uditivo di Visions, prima assoluta commissionata da Lucia Ronchetti, responsabile artistica del Festival, ad Helena Tulve (Tartu, Estonia, 28 aprile 1972), la cui musica si basa su impulsi semplici ed elementari, influenzati da modelli naturali e dall’energia universale della vita. Prendendo a ispirazione il compositore Arvo Part, suo connazionale, Helena Tulve ne prosegue la ricerca compositiva, nell’ambito della musica vocale liturgica, ipotizzando una forma nuova di sacra rappresentazione contemporanea, basata sui Frammenti dai manoscritti veneziani di sacre rappresentazioni, rinvenuti dal sacerdote e musicologo Giulio Cattin nella biblioteca della chiesa veneziana di Santa Maria della Consolazione, meglio conosciuta come “chiesa della Fava”, da lui studiati e trascritti nel 1994. Visions ha visto interagire l’ensemble estone Vox Clamantis, diretto da Jaan-Eik Tulve; la Cappella Marciana, diretta da Marco Gemmani; l’Ensemble Barocco del Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia; i solisti di Nickelharpa - (lett. “arpa a chiavi”) strumento tradizionale ad arco, svedese, appartenente alla stessa famiglia della ghironda e della viella – Marco e Angela Ambrosini; le percussioni di Anna-Liisa Eller, anche musicista di Kannel, etimologicamente “l’albero che canta”, uno strumento tipicamente estone, a corde pizzicate, della famiglia del Salterio Baltico.

Helena Tulve ha concepito Visions per ensemble vocale, cori spezzati e ensemble strumentali, nel quale la diffusione di diverse sorgenti sonore all’interno della Basilica ha trasformato in maniera originale lo spazio acustico.

Il libretto, della stessa Tulve, si è avvalso anche di frammenti, dal vangelo gnostico in lingua copta di Maria Maddalena, provenienti dal Papyrus Berolinensis. Si rievoca il pianto della vergine e il rito della visita al sepolcro delle tre Marie. Tutti questi materiali, secondo la compositrice estone, costituiscono nel loro insieme un’antica pista che possiamo seguire, e che ci aiuta nella nostra ricerca più di quanto immaginiamo. Queste rappresentazioni e questi testi non sono reperti storici separati da noi; sono parte di noi, se osiamo aprire il nostro mundus imaginalis e dare spazio alle nostre stesse visioni.

E’ interessante indicare come erano dislocati i diversi attori del concerto.

Vox Clamantis (3 soprano; 4 contralto; 5 tenori; 1 baritono; 2 bassi) occupava il transetto. La Cappella Marciana (6 soprano; 4 contralto; 5 tenore; 4 basso) e Alvise Mason (organo) le cantorie. L’Ensemble Barocco del Conservatorio B.M. di Venezia (6 soprano; 6 contralto; 2 violini barocchi, 1 viola da bravo; 3 viole da gamba; 2 corni) le navate laterali.

Al livello degli spettatori, i musicisti di Kannel, tiorba, contrabbasso barocco, dulciana e 11 cantanti, i quali a volte si spostavano avanti e indietro in una specie di processione lenta e silente nello spazio libero tra le due platee.

Pur ispirandosi ad Arvo Part, la musica di Helena Tulve è meno magnetica e niente affatto terrificante. La si ascolta comunque con molto piacere, avvolti dai suoni provenienti da più parti, che rendono l’acustica unica.

Applausi alla fine, dopo una pausa per riprendersi dall’immersione sonora , quasi un uscire da una transe meditativa.

Nella presentazione di “OUT of STAGE”, scritta da Lucia Ronchetti per il catalogo del Festival, la compositrice romana descrive così Notwehr, lo spettacolo allestito nella sala Capitolare della Scuola Grande di San Rocco : la compositrice Annelies Van Parys (Bruges, 5 giugno 1975) rielabora la raccolta di Adriano Banchieri (monaco musicista, compositore e letterato ; Bologna, 3 settembre 1568 – ivi, ? 1634) di venti madrigali a cinque voci Barca di Venetia per Padova, pubblicata nel 1605 e rivista per una seconda edizione nel 1623, affresco musicale della società dell’epoca che riunisce diversi personaggi, ritratti ideali di musicisti stranieri e di varie regioni italiane in un viaggio in barca (il famoso battello, detto il Burchiello che solcava il fiume Brenta) lungo i canali. Il viaggio virtuale si svolge in forma di concerto scenico a San Rocco, includendo personaggi del passato e del presente. Ne emerge un dialogo tra due realtà lontane nel tempo ma vicine nei mezzi espressivi e drammaturgici. L’importante raccolta rappresenta una nuova forma di polifonia vocale concertante, il madrigale rappresentativo, in cui i cantanti sono identificati come personaggi e la loro interpretazione sostiene la statica ma intensa teatralizzazione dell’evento, idea ripresa e sviluppata con tecniche contemporanee da Annelies Van Parys con l’ensemble belga HERMESensemble e il nuovo ensemble vocale VENETIAETERNA, fondato e diretto da Francesco Erle.

La Rappresentazione vuol essere un tributo a Maria Kalesnikava, una delle principali oppositrici del regime in Bielorussia, sequestrata e poi condannata ad 11 anni di prigione, vincitrice del premio Vaclav Havel nel 2021 e a tutte le altre donne coraggiose che hanno perduto la libertà, combattendo il Sistema per un mondo più giusto.

In breve, la storia narrata nel libretto di Gaea Schoeters.

Durante un’azione di protesta illegale, una giovane attivista (la soprano Johanna Zimmer, che impersona la Kalesnikava) viene arrestata e rinchiusa per la notte insieme a una barista più vecchia di lei (la mezzosoprano Els Mondelaers), accusata di aver accoltellato ed evirato il marito. Le due donne sono costrette a condividere una piccola cella (una grande gabbia al centro del Salone). La loro convivenza forzata inizia in un clima teso, ma con il passare del tempo cominciano ad aprirsi, prima con riluttanza e disagio, in seguito in maniera più intima, condividendo le loro paure e le loro speranze: il loro incontro, circoscritto nel tempo e nello spazio della prigionia, diventa un viaggio interiore che cambierà entrambe.

La vicenda rispecchia la situazione creatasi nella Barca di Venetia per Padova, dove persone con retroterra sociali molto diversi si ritrovano insieme, per una coincidenza o per destino, e sono costrette a trascorrere del tempo insieme in uno spazio angusto.

La musica nuova entra in dialogo con i madrigali di Banchieri, così come la librettista Gaea Schoeters intreccia i testi antichi con il nuovo libretto, e l’ensemble vocale VENETIAETERNA raffigura gli eventi che hanno portato all’imprigionamento di entrambe le donne.

Le due soliste condividono i loro pensieri e le loro emozioni, non solo l’una con l’altra, ma anche con il pubblico, commentando la loro situazione. Complimenti ad entrambe, capaci di accenti drammatici e di manifestare mediante la voce una situazione straziante.

Esemplare l’ensemble VENETIAETERNA, collocato lontano da dove si svolgeva l’azione principale, sempre attento alle indicazioni gestuali del direttore Francesco Erle.

Affiatato il quartetto Hermes, diretto dal violoncellista Stijn Saveniers e completato da Karin de Fleyt (flauti traversi), Bram Fournier (trombone spesso sordinato) e Gaetan la Mola, circondato da un set percussivo, in cui spiccava lo Snare drum (tamburo a cordiera) prevalentemente mantenuto senza farla risuonare, Gong, Tam Tam, piatti sospesi, Hi Hat, crotali e l’ormai immancabile archetto a sfregare sui piatti per creare una sensazione sgradevole che rispecchiava e commentava i mutevoli stati d’animo delle due cantanti-attrici soliste.

Lo spettacolo non riesce però a decollare. Il pubblico, pur seguendolo con attenzione, non ne viene coinvolto. Forse risulta difficile mettere in relazione la trama moderna con la narrazione antica.

Applausi di stima, probabilmente il pubblico è educato. Ormai non si fischia più. Magari chi si annoia , accende il proprio smartphone e naviga verso la solitudine.

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