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Nuove tasse e patrimoniale, primo flop del governo Monti

Ci sarà tempo per studiare tabelle e saldi, ma dopo una conferenza stampa di una lunghezza, una vaghezza e anche una reticenza francamente irritante sui numeri, ciò che emerge della manovra è un'immensa patrimoniale che colpisce i cittadini, sia sulla casa sia sulle attività finanziarie, mentre il patrimonio dello Stato resta intatto.

Chi sta pagando, o dovrà iniziare a pagare, un mutuo sulla prima casa si prepari a versare una tredicesima rata allo Stato. A proposito, una domanda chiave: pagheranno l'Ici anche sindacati e Vaticano?

Nulla, ma proprio nulla, invece, sulle dismissioni del patrimonio pubblico. Dunque, nessun abbattimento dello stock di debito, che non scenderà certo con la crescita, azzerata almeno per i prossimi due anni, e che resterà il target preferito dei mercati per testare la solidità dell'euro.

Le liberalizzazioni riguardano alcuni farmaci e l'orario degli esercizi commerciali, robe già parzialmente liberalizzate, mentre ancora nulla sugli ordini professionali, né risultano norme di enforcement per la privatizzazione delle municipalizzate (sono lì i veri costi della politica). E' vero che la patrimoniale sulla casa, anche sulla prima, e l'aumento dell'Iva erano misure contenute nelle indicazioni dell'Ue, ma si esplicitava che dovessero servire per una riduzione del carico fiscale su lavoro e imprese, che invece nella manovra non c'è.

Inoltre, pare di capire che una parte cospicua dei 12-13 miliardi contabilizzati come tagli alla spesa, cioè i minori trasferimenti alle regioni per la spesa sanitaria, vengono compensati da un aumento delle addizionali Irpef, e quindi di fatto vengono alzate anche le tasse sui redditi personali. Insomma, il governo dei professori vara l'ennesima manovra per i 2/3, se non i 3/4, di nuove tasse, esattamente la proporzione del precedente governo, mentre mancano ancora la crescita e l'abbattimento del debito.

Il primo colpo del governo Monti purtroppo è un flop. Solo l'autorevolezza del premier, il saldo complessivo e il tanto atteso intervento sulle pensioni ci mettono nelle condizioni di poterci presentare in Europa, di fronte alla Merkel, con i "compiti a casa" fatti, e quindi di chiedere politiche più incisive a difesa del rifinanziamento del nostro debito pubblico.

E' ciò che sta determinando gli effetti positivi sui mercati e sullo spread, stamattina tornato sulla soglia dei 400. Ma siamo già in recessione e questa ennesima stretta fiscale avrà effetti ancor più recessivi. La manovra, per centrare l'obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013, è calcolata sulla base di una contrazione del Pil dello 0,5% nel 2012, ma è probabile che il peggioramento ulteriore della stima richieda un nuovo intervento, e quindi è alto il rischio di avvitarci in una spirale di recessione più accentuata e ulteriori strette fiscali, come la Grecia.

Si dirà che il tempo stringeva e non c'erano alternative, che siamo arrivati a questo punto per responsabilità del precedente governo che non ha voluto/saputo realizzare le riforme necessarie. E ciò è sicuramente vero, senza dimenticare le formidabili opposizioni a quelle riforme.

Ma fino a quando la colpa sarà di Berlusconi? Certo non potevamo aspettarci che con un colpo di bacchetta magica venissero realizzate le riforme che mancano da oltre un decennio, ma siamo sicuri che non si potesse (e quindi dovesse) fare di più, e che questa manovra rappresenti almeno un'inversione di tendenza?

Oppure che non sia, piuttosto, solo l'ennesimo conto salato presentato agli italiani (come Amato nel 1992) pur di evitare di affondare il bisturi sul vero malato, che è lo Stato? Siamo sicuri che nuove tasse sia il viatico migliore per ridurre il perimetro dello Stato? Se è vero, come scriveva Di Vico qualche giorno fa, che Monti e i suoi hanno "un solo colpo in canna", a me pare che questo colpo oggi sia andato a vuoto. Speriamo ne abbiano altri.

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.188) 11 dicembre 2011 19:55

    Contromossa >
    Sarà problematico e per niente scontato applicare un’ulteriore imposta dell’1,5% ai capitali “scudati” da Tremonti.
    Nel merito è da notare un aspetto sin qui non considerato.
    Anche se i “beneficiari” del condono sono coperti dallo “anonimato” ben noti sono gli estremi del documento che attesta la “conformità” del versamento fatto.
    Quindi è sempre possibile redigere una versione “aggiornata” dell’atto originario.

    Per esemplificare.
    Con un’imposta al 5% si è potuto “scudare” un capitale di 200mila euro versando 10mila euro all’erario.
    Con gli stessi 10mila euro e un’imposta del 6,5% si potrebbe “scudare” un capitale di soli 154mila euro.

    Ecco la scelta da prospettare al contribuente “anonimo”.
    O versare altri 3mila euro di imposta (+1,5%) oppure aspettarsi la stesura di un nuovo atto di “convalida” del precedente che riduce di 46mila euro il valore nominale del capitale a suo tempo “scudato”.
    Per l’erario sarà comunque un risultato certo e immediato.
    Una modalità reiterabile Fino allo ultimo Scudo fiscale


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