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Nuova legge elettorale: la grande dimenticata

So bene che di fronte al diluvio di menzogne, di falsità, di insulti e grida, che il teatro della politica offre ogni giorno, accompagnato dal 90% dei media unificati (dall’interesse a far restare le cose come sono), parlare di etica e di regole democratiche possa suscitare ilarità e commiserazione. Ma i nodi non sciolti prima o dopo vengono al pettine, il primo dei quali è il punto fermo che il 5stelle aveva posto solennemente nel suo programma politico, che si impegnava a non fare alleanze con nessun partito, restando all’opposizione fino a quando gli italiani non si fossero decisi a dargli la maggioranza assoluta.

Questa importantissima regola è stata disinvoltamente ignorata in nome della “governabilità” che le due forze vincitrici, 5 Stelle e Lega, dovevano garantire al Paese. Agendo con coerenza ed etica politica, si doveva stabilire, tra contraenti così diversi tra loro, un contratto politico di breve durata (fino alle elezioni europee del prossimo maggio) che prevedesse per prima cosa la necessità di dare all’Italia una legge elettorale nuova, possibilmente costituzionale, che garantisse la governabilità e soprattutto il rispetto della volontà degli elettori.

Visto che la storia politica italiana ha offerto uno spettacolo indecente di governi di coalizione, che si sono sempre scannati e ricattati per spartirsi il potere senza preoccuparsi minimamente degli impegni presi con gli elettori, malcostume che culminò con il governo arcobaleno di Prodi che contava 14 partiti, ecco che il primo articolo di una nuova legge elettorale, per una nuova politica, doveva abolire la possibilità per i partiti di presentarsi in coalizione. Una legge elettorale proporzionale che mandi al ballottaggio, dopo 15 giorni, i 2 partiti che hanno preso più voti.

Chi vince governa e non può trovare scuse se non rispetta gli impegni. 5 stelle e Lega sono due partiti che, da avversari, potrebbero godere di queste regole, destinate tra l’altro a favorire in prospettiva un bipartitismo dove non si faccia più distinzioni di destra e sinistra, ma confronto esclusivamente tra programmi concreti.

A Di Maio e Salvini, prima che i loro rapporti peggiorino nei contrasti sulle scelte da fare, chiedo di fare una nuova legge elettorale del tipo che ho proposto, anche perché in ogni momento sarebbe possibile separare le proprie strade senza traumi e con una governabilità sicura.

Paolo De Gregorio

Commenti all'articolo

  • Di Persio Flacco (---.---.---.89) 17 dicembre 2018 23:48

    Visto che per 70 anni, dalla proclamazione della Repubblica ad oggi, col proporzionale nessun partito ha mai raggiunto la maggioranza assoluta, la condizione che i grillini si erano autoimposti equivaleva alla rinuncia a giungere al governo e ad isolarsi in Parlamento. Altri 5 anni a non contare nulla e probabilmente il M5S si sarebbe disgregato. I dirigenti grillini devono averlo capito. Oppure hanno voluto darsi tempo per formare una classe dirigente in grado di gestire il lavoro parlamentare e il governo. In ogni caso stavolta non avevano scelta: la legge elettorale promulgata a colpi di maggioranza dal PD era calibrata da una parte per sbarrare il passo ai grillini nel caso avessero raggiunto la maggioranza relativa e dall’altra per aprire la strada all’inciucione PD-FI-Lega per formare un governo di "responsabilità". Per nostra fortuna PD e FI+Lega hanno perso male e il programma è saltato. Il M5S, senza crederci troppo e probabilmente incrociando le dita, hanno proposto una alleanza di governo al PD e, al suo rifiuto, si prospettavano solo tre possibilità: nuove elezioni, e probabilmente con lo stesso risultato; alleanza con la Lega; governo "tecnico" o del Presidente. Obiettivamente il terzo caso a me sembra il meno peggio. Quanto alla nuova legge elettorale, la prospettiva che assicuri il "bipolarismo" a me sembra deleteria. Il bipolarismo è una parodia della democrazia, serve a restringere il campo delle possibilità di scelta dell’elettorato limitandolo entro un recinto rassicurante per certi interessi. Ad esempio è assai probabile i due partiti sarebbero entrambi "europeisti" e che questo impedisca che allignino forze politiche che si prefiggano la riforma radicale della UE. Oppure, perché no? che presentino col programma di uscire dall’Unione Europea. Ma soprattutto, col campo di scelta ridotto a due partiti, di sicuro nessuno metterebbe in programma riforme in materia di finanza ed economia che si prefiggano modelli diversi da quello standard imperante. L’architettura costituzionale originaria prevede un Parlamento il più possibile rappresentativo, dunque eletto col sistema proporzionale, nel quale i rappresentanti liberi da vincoli di partito formano col lavoro politico le maggioranze possibili. In questo senso la Costituzione è ancora inattuata. Sarebbe "rivoluzionario" attuarla, finalmente, allontanando i partiti dalla gestione del potere e restituendolo ai cittadini e alle istituzioni.

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