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Nucleare: il problema dell’ecosostenibilità

Dopo aver parlato del grado di indipendenza che apporterebbe all’Italia un ritorno al nucleare credo sia doveroso affrontare il tema del costo ambientale di questa fonte di energia.

I sostenitori dell’energia nucleare sostengono si tratti di una fonte pulita, a causa del fatto che i processi di fissione non rilasciano gas serra o in generale gas inquinanti. L’apporto di inquinanti derivante dall’energia atomica sarebbe, quindi, solo quello legato alla costruzione e alla gestione della centrale.

Tabella delle emissioni di CO2 per diverse fonti energetiche

Sulla base di questo ragionamento diventerebbe semplice ottenere valori di ecosostenibilità dell’energia atomica – misurabili genericamente in grammi di CO2 per KWh elettrico – dell’ordine dell’intervallo 9 – 21 stimato dalla IAEA nell’ormai lontano 2000.
In realtà il ciclo dell’energia atomica è estremamente più articolato, come mostra lo schema riportato.

Ciclo vitale delle filiera energetica nucleare

Estrazione del minerale
L’impatto ambientale dell’attività estrattiva dell’uranio dipende dalla tipologia di miniera: ad esempio, lo sbriciolamento (crushing) e la macinatura del minerale (milling) sono attività importanti in una miniera rocciosa, ma poco rilevanti in una sabbiosa. La concentrazione di minerale e lo yield determinano la quantità di matrice da estrarre per ottenere la medesima quantità di uranio.

Conversione del minerale in yellow cake
Per separare l’uranio dalla matrice è la procedura più comune prevede l’utilizzo di solventi acidi (acido solforico H2SO4 o acido nitrico HNO3) estremamente inquinanti.

Gasificazione in esafluoruro di uranio
Gli ossidi di uranio costituenti la yellow cake devono essere trasformati in esafluoruro di uranio UF6; per ottenere questo risultato occorre lavorare in ambiente artificialmente riscaldato, dal momento che l’esafluoruro di uranio deve essere poi lavorato allo stato gassoso e la temperatura di sublimazione di tale composto è 56° C. La yellow cake deve essere trattata con acido nitrico, idrogeno e fluorina, i cui rilasci in atmosfera sono estremamente inquinanti. Secondo le stime dello studio condotto da Storm van Leeuwen e Smith nel 2006 in questa fase si hanno rilasci di fluoro in atmosfera per oltre 30.000 tonnellate annue.

Arricchimento
Le tecniche industriali per l’arricchimento dell’uranio sono due: la diffusione gassosa e la centrifugazione.
La prima, che è anche la prima ad essere stata messa a punto, è utilizzata ad oggi da circa il 40% delle centrali ed è estremamente inquinante: l’esafluoro di uranio viene fatto passare attraverso una serie di setti di dimensione variabile allo scopo di bloccare parte dell’U238 onde ottenere, alla fine del percorso, uranio arricchito. A causa delle alte temperature sviluppate dal processo nutre grande importanza il processo di refrigerazione, effettuato tramite freon (un gas CFC, estremamente inquinante). Uno studio dell’EIA del 2005 rivelò che gli impianti degli USA nel solo anno 2001 riversarono in atmosfera oltre 400 tonnellate di freon, traducibili, in termini di effetto serra, in quasi quattro milioni di tonnellate di anidride carbonica secondo la tabella di conversione dei gas serra del DEFRA.
La centrifugazione è una tecnica più moderna e meno dispendiosa, e consiste nel far passare l’esafluoruro di uranio attraverso una cascata di centrifughe rotanti di modo che gli isotopi più leggeri siano separati dal resto attraverso la forza centrifuga.
Il costo energetico del processo dipende dal grado di arricchimento dell’uranio e dalla metodologia scelta. In generale, la centrifugazione è dieci volte meno dispendiosa in termini energetici rispetto alla diffusione gassosa, mentre rispetto all’arricchimento standard del 3,6% un aumento dello 0,1% costa empiricamente il 26% di energia in più.

Trasporto
Il minerale arricchito viene inviato alla centrale generalmente tramite ferrovia o nave.

Costruzione della centrale
Costruire una centrale nucleare viene genericamente paragonato, in termini di costo ambientale, all’edificazione di una centrale idroelettrica o di una a gas. In realtà vi sono alcune differenze sostanziali che rendono il caso nucleare unico in tutto il panorama energetico.
Ad una prima occhiata una centrale atomica è composta da 600.000 t di calcestruzzo, torri di raffreddamento comprese, e circa 100.000 t di altri materiali, soprattutto ferrosi.


In realtà, tutto il materiale che entrerà a far parte di una centrale nucleare deve essere realizzato secondo criteri qualitativi particolari ed elevatissimi, per assumere la qualifica di nuclear grade.
Mentre quindi una fabbrica di cemento normale trova la sua giustificazione al di fuori del comparto energetico, gli stabilimenti, i macchinari ed i processi per i materiali nuclear grade trovano la loro ragione di esistenza unicamente nella realizzazione delle centrali nucleari, pertanto sarebbe corretto ascrivere al nucleare gli impatti ambientali dell’intera filiera produttiva.
Rispetto ad una centrale di diverso tipo è inoltre da sottolineare la ridondanza dei macchinari prevista dagli stringenti criteri di sicurezza, che incrementa ovviamente l’impatto ambientale della fase costruttiva.

Produzione di energia
La fase di produzione energetica è l’unica fase a costo ambientale nullo del processo nucleare.
Fa eccezione l’operazione di raffreddamento del nocciolo, che provoca inquinamento termico e contaminazione del materiale refrigerante, che dovrà poi essere adeguatamente trattato in fase didecommissioning.

Decommissioning della centrale
Con il termine decommissioning si intende l’operazione di restituzione all’ambiente naturale del sito della centrale, come se non fosse mai stata costruita.
Questa fase è valida naturalmente per tutte le fonti energetiche, ma al momento assume particolare rilevanza solo per l’eolico ed il nucleare. Una centrale a gas o a carbone, infatti, può essere agevolmente rimodernata per iniziare un nuovo ciclo vitale – spalmando quindi l’impatto deldecommissioning su più fasi di vita – oppure riconvertita ad altro uso. Una centrale nucleare viene costruita su misura per la tecnologia su cui si basa la fissione, quindi non può essere oggetto di ammodernamenti; al tempo stesso i lunghissimi tempi di decontaminazione rendono impossibile una riconversione ad uso civile.
Non esistono nel mondo esempi di decommissioning portati a termine per le centrali in funzione, e al tempo stesso è impossibile fare previsioni oggi per le centrali che diventeranno operative nel prossimo decennio e verranno smantellate alla fine del XXI secolo. Sicuramente il corpo edile della centrale e tutti i macchinari dovranno essere sottoposti a smantellamento e decontaminazione, ma con quali tecnologie è impossibile saperlo.

Decommissioning della miniera
Le opere per la chiusura delle miniere esaurite hanno un impatto analogo a quello delle miniere di altro genere.
La fase è comunque non trascurabile: la francese Areva è in contenzioso per i disastri ambientali dei siti minerari in Niger e Gabon, dove la mancanza di adeguati trattamenti in fase di chiusura delle miniere ha provocato aumenti dei casi di leucemia e l’inquinamento delle falde acquifere. Nel corso del 2009 Greenpeace ha pubblicato un rapporto dove evidenzia lo scarso operato di Areva nelle bonifiche delle miniere nigerine condotto con la collaborazione dell’ONG Rotab e dal laboratorio franco-nigerino CRIIRAD. Qui le misurazioni (1 - 2 - 3).

Trattamento del combustibile esausto
Il combustibile esausto è un prodotto pericolosissimo a causa della sua elevata attività radiologica. I reattori di quarta generazione saranno in grado di riutilizzare tale combustibile, eliminandone la pericolosità. Per tutte le centrali in funzione, così come per quelle costruite presumibilmente fino a metà del XXI secolo occorre invece prevedere delle piscine di contenimento dove lasciar decantare il materiale fino a che non potrà essere maneggiato con maggiore sicurezza come fosse una scoria.
L’impatto ambientale di questa fase è ben descritto dal caso di Saluggia, località piemontese sede delle piscine di decantazione della centrale di Trino Vercellese. Malgrado la centrale sia chiusa dal 1990, solo negli ultimissimi anni il materiale ivi contenuto è stato inviato, almeno in parte, in Francia per il riprocessamento. Durante l’alluvione del 16 ottobre 2000 l’esondazione del fiume Dora Baltea, che non ha fortunatamente provocato danni significativi (rapporto parti I e II), ha rischiato di scatenare il più grande disastro ambientale italiano, come ampiamente documentato da due puntate di Report (19/11/2000 e 01/03/2001).

Trattamento scorie
Le scorie possono essere solide o liquide. Esse devono quindi prima essere portate tutte allo stato solido, attraverso un processo definito vetrificazione, e stoccate in funzione della loro attività radiologica a breve termine in attesa di sistemazioni definitive in funzione della loro attività a lungo termine. Ad oggi non esiste nel mondo un solo posto ambientalmente sicuro per lo stoccaggio definitivo delle scorie. L’inquinamento del nucleare in questa fase è costituito, oltre che dalla costruzione delle pareti in cemento del deposito, dai potenziali rischi in caso di incidenti, che spaziano dall’emissione di radiazioni nell’aria alla contaminazione delle acque e degli esseri viventi.

La breve descrizione delle fasi elencate non pretende di essere, a causa dei pochi numeri riportati, uno studio di valore scientifico sul costo ambientale del nucleare. Tuttavia, considerare il nucleare una fonte pulita solo perché la fissione non produce anidride carbonica è una menzogna.
Le attività a monte e a valle della pura e semplice produzione di energia sono estremamente inquinanti, ed il fatto che tali attività siano in genere endemiche del mondo nucleare aggrava il bilancio ambientale di questa fonte energetica. Secondo lo studio di Storm van Leeuwen e Smithsolo nel caso delle miniere più ricche, e quindi di intenso sfruttamento e prossimo esaurimento, il bilancio ambientale è migliore rispetto alle centrali a combustibili fossili: il lunghissimo ciclo di vita delle centrali di prossima costruzione dovrebbe quindi far riflettere sulla sostenibilità di questa fonte energetica; in Italia, poi, dove siti come Caorso o Trino ricordano le esperienze passate, la riflessione dovrebbe essere ancora più profonda.

di Matteo Patanè

Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.138) 11 giugno 2011 09:54

    Senza alcuna pretesa di contraddittorio ,anche perchè ,seppure ad una prima lettura , l’articolo riflette una posizione generale condivisibile , mi dice Termometro qual’è quel ciclo industriale a saldo inquinamento zero? .La produzione dell’impiantistica per un fotovoltaico o l’eolico ,per non parlare di una centrale termica a combustione di fossili, non comporta un costo in termini di ecocompatibilità ? 

    A parte la componentistica , che deve anche essere ovviamente trasportata (quasi tutto su gomma), il riciclaggio per es. dei pannelli fotovoltaici (che avviene con processi termodistruttivi) non comporta nulla? E che dite del fatto che per produrre i pannelli si impegna una quota di energia spesso superiore alla resa? .E l’eolico ? Come si producono i pezzi di fusione e i gruppi generatori ,le torri ecc...,e come si riciclano al termine della loro vita ?
    L’impressione è che ciò che non si vede non inquina e questo criterio lo si può applicare tanto al nucleare quanto a tutte le altre tipologie energetiche .
    Non mi sembra pertanto un’argomento decisivo per testare la ecocompatibilità del nucleare , fermo restando che sono in gioco densità energetiche incomparabili tra di loro .
  • Di (---.---.---.137) 11 giugno 2011 20:16

    Tre articoli da leggere per farsi chiarezza sul perché votare Sì al referendum del 12 e 13 Giugno:

    http://wp.me/p19KhY-yD

    http://wp.me/p19KhY-kF

    http://wp.me/p19KhY-qm

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