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Noi contro loro. L’amara riscoperta del mondo globalizzato

“Noi contro loro” è un saggio di Ian Bremmer che analizza le economie e le politiche di alcune nazioni, e limiti del globalismo (Università Bocconi Editore, 2018, 216 pagine effettive, euro 14)

Il libro prende in esame gli ultimi due decenni di sviluppo economico degli Stati Uniti, di alcuni dei principali paesi industrializzati, e di altre nazioni importanti: Cina, Russia, Israele, Brasile, Messico, Venezuela, Turchia, Egitto, Nigeria, Sudafrica, Arabia Saudita, India, Indonesia. Le considerazioni di Bremmer partono da una premessa fondamentale: nel 2015 solo il 6 per cento degli americani, il 4 per cento dei tedeschi e degli inglesi, e appena il 3 per cento dei francesi, era in accordo con l’affermazione “Il mondo sta migliorando” (p. 18).

La globalizzazione ha ridotto gli investimenti industriali occidentali, ha ridotto il numero dei cittadini della classe media dei paesi europei, tranne la Germania (www.oecd.org/it), e “si è tradotta in un mondo interconnesso dove i governi nazionali hanno una capacità sempre più limitata di proteggere le vite e il benessere dei cittadini. Nell’età digitale, i confini non hanno più il significato che a essi attribuiscono i cittadini. Per molti versi non esistono quasi più” (p. 19).

Per fortuna le cose sono migliorate in molte altre parti del mondo. In ogni caso per lo studioso americano in questa fase storica i governi dei paesi industrializzati e i governi dei paesi meno sviluppati devono sottostare allo stesso livello di valutazione critica: “Coloro che sono entrati a far parte della nuova classe media non solo desiderano un governo migliore, ma se lo aspettano. Lo pretendono. Questo è il risultato di un grande successo internazionale che ora è visibile anche da coloro che non vi hanno partecipato pienamente” (p. 53), anche grazie alle comunicazioni digitali e non, che gli innumerevoli immigrati globalizzati hanno con i loro parenti e conoscenti.

Infatti nel 1960 la popolazione mondiale che viveva nella povertà estrema era il 64 per cento, mentre nel 2015 è scesa a meno del 10 per cento. Nel 1960 il 58 per cento della popolazione era analfabeta, nel 2014 solo il 15 per cento. “In Cina le cifre della povertà estrema sono addirittura crollate da 756 milioni a solo 25 milioni, con una diminuzione di oltre il 95 per cento” (p. 53).

In Occidente la maggior parte dei nuovi posti di lavoro è stata assegnata ai robot. Anche negli Stati Uniti le cose stanno cambiando: oggi “Un fabbricante di scarpe del Kentucky preferisce sostituire un operaio che pretende un salario mediamente alto con un robot che non richiede salario, piuttosto che con un lavoratore a basso salario in Messico, Cina o Cambogia. E con l’avvento delle stampanti 3D le imprese possono mantenere la produzione più vicina ai clienti che acquisteranno i loro prodotti. Non occorre più trasferire le fabbriche in paesi lontani” (p. 65). Inoltre i cinesi hanno imparato molte cose e non hanno più bisogno dei nostri investimenti manageriali e tecnologici.

Quindi in tutti i paesi tecnologicamente più sviluppati “La comunità deve dare una mano a coloro che vengono lasciati indietro dai salti da gigante della tecnologia, altrimenti la nostra società corre il rischio di disintegrarsi” (Rasmussen, ministro del Lavoro danese, citato a p. 185).

Inoltre in molte nazioni come Cina, India, Brasile, Nigeria, Indonesia e Russia, ci sono leggi sulla localizzazione dei dati, perciò i dati personali devono essere archiviati nel paese stesso di origine. Alcune leggi possono rafforzare la sicurezza nazionale e proteggono i consumatori, ma altre leggi “hanno anche l’effetto di ridurre il libero flusso delle informazioni attraverso le frontiere e di minare l’efficienza delle supply chain globali, esattamente come le forme più tradizionali di protezionismo” (p. 135). Senza molte informazioni significative le aziende non possono ottimizzare i tempi e i costi delle varie gestioni delle catene della distribuzione e delle filiere logistiche.

Comunque lo scontro tra i diversi interessi nazionali e internazionali è sempre esistito, ed “è facile trovare difetti in populisti come Trump. Lui è insopportabile, bugiardo e incompetente. Ma non è stato Donald Trump a inventare l’approccio ai problemi del mondo in termini di Noi contro Loro. Piuttosto, è la polarizzazione Noi contro loro che ha creato Donald Trump”. E dopotutto “C’è motivo di temere che l’ossessione per il “politicamente corretto” limiti la libertà di espressione e soffochi la nascita delle buone idee” (p. 205).

In sintesi il voto a favore di Trump è stato un voto di contestazione contro i vecchi politicanti di Washington. In una nazione “in cui per ogni disoccupato maschio tra i 25 e i 55 anni ce ne sono altri tre che non lavorano né cercano lavoro e dove metà degli inattivi prende analgesici tutti i giorni, sono tante le persone” che vogliono provare a cambiare (p. 205). Nel Paese che ha inserito la ricerca della felicità nella Costituzione, i cittadini combattono l’infelicità con miliardi di pillole…

Ian Bremmer è presidente e fondatore di www.eurasiagroup.net, una società di consulenza che si occupa dei rischi politici nel mondo. Per approfondimenti vari: https://twitter.com/ianbremmer, oppure www.youtube.com/watch?v=h77SH9PL4D8, www.youtube.com/watch?v=A7Tzbu2xJnc (l’automazione e la distruzione della democrazia, 2018, www.twitter.com/intelligence2).

 

Nota cibernetica – Forse “Il ciberspazio è un’altra area in cui lo Stato sarà sempre meno capace di fornire una protezione di base” (p. 44).

Nota americana – “I soldati americani hanno combattuto e sono morti in guerre che non sono servite a nulla e non sono mai state spiegate adeguatamente al popolo americano. Questi fallimenti sono i fallimenti dell’intero establishment politico statunitense” (p. 206).

Nota nigeriana – La Nigeria è il paese africano più popolato con 180 milioni di abitanti. La più grande economia africana è anche la più diseguale: “il nigeriano più ricco guadagna in un giorno 8000 volte di più di quello che un nigeriano povero spende per la sua sussistenza in un anno”. Dal 2004 al 2010 i poveri sono aumentati da 69 milioni a 112 milioni, “un incremento di quasi il 70 per cento, e ciò significa che il 65 per cento della popolazione si trova ora sotto la soglia della povertà… il numero di milionari è aumentato del 44 per cento” (p. 83). Vista anche l’enorme crescita demografica è facile capire perché molti nigeriani rischiano la vita attraversando i deserti e il Mar Mediterraneo. Nel terzo millennio non servono più braccia forti; servono pochi operai, pochi cervelli e qualche tecnico. Quindi i paesi che producono troppi individui producono povertà.

Nota cinese – Il sogno cinese del presidente Xi Jinping “è un sogno di forza, indipendenza, modernità, creatività, fiducia in se stessi e potere. È radicato nella storia e nella tradizione. Ed è una risposta alle umiliazioni inflitte al paese dagli stranieri” negli ultimi due secoli. Questa visione non riguarda direttamente la gente comune come in America o in Occidente, poiché “il Sogno Cinese è incentrato sulla capacità dello Stato di elevare e far progredire il popolo cinese” (p. 173). In Cina si cerca di applicare da millenni il principio dell’armonia all’interno della nazione e all’esterno con gli altri Stati. Per creare più armonia si possono ridurre le differenze, ma la cosa è rischiosa. Eliminare le differenze è sbagliato, poiché “le specie non possono vivere senza diversità… la seconda strategia consiste nel mantenere le differenze e nel creare un rapporto di cooperazione nel segno del vantaggio reciproco” (in Come funzionano i servizi segreti, Aldo Giannuli, 2013, p. 269). Purtroppo “in Cina si insegna ancora la storia come una serie di guo chi, di umiliazioni nazionali” (Ronal Dore, La nuova guerra fredda, citato da Giannuli, p. 272). Inoltre “Tutti i Paesi hanno un gruppo dirigente, ma la Cina è il suo gruppo dirigente” (Giannuli, p. 273).

Nota russa – In Russia esiste ancora un “passaporto interno” che limita la libertà di movimento dei cittadini. In Russia il 31 per cento dei cittadini è d’accordo con questa affermazione: “lo Stato dà così poco che noi non gli dobbiamo nulla” (p. 175).

Nota aforistica – “Non è razzismo riconoscere che le migliori intenzioni talvolta producono conseguenze terribili” (p. 209); Un governo è la mediazione degli egoisti di una nazione (Amian Azzott); “Impariamo la geologia il mattino dopo il terremoto” (Ralph Waldo Emerson).

Nota sulla felicità – Le persone ricercano il benessere attraverso la libertà, la generosità, l’onestà, la salute, un buon reddito e un buon governo (http://worldhappiness.report, 2017). Quindi tutti i cittadini “Vogliono governanti… che siano capaci ci creare e di mantenere un sistema in grado di fornire opportunità economiche e che sappiano cosa fanno. Una tale definizione del contratto sociale, per la parte che riguarda il governo, funziona tanto per i libertari-liberisti quanto per i marxisti”, o altri imitatori più o meno capaci delle due correnti di pensiero. Comunque “I paesi scandinavi continuano a dominare le classifiche sulla felicità delle Nazioni Unite” (p. 172). In questo rapporto gli Stati Uniti si sono classificati al 14° posto, mentre la Cina si è piazzata al 79° posto (in una posizione stabile).

Nota sulla colonizzazione – L’Europa ha colonizzato quasi tutto il mondo, almeno per brevi periodi, tranne la Cina, il Giappone e la Turchia. Il Giappone è stato in parte colonizzato dagli Stati Uniti.

Nota europea – L’Europa non è un’unione politica, ma è “una espressione geografica che si è data una moneta” (Aldo Giannuli). Nel migliore dei casi è un’associazione di Stati che fa molte cose in comune, anche se nella maggior parte degli Stati si parla una lingua diversa, e i cittadini di ogni paese hanno degli stili di vita e di alimentazione molto particolari legati al clima e alla cultura.

Nota diplomatica – Segnalo due istituti di ricerca internazionali: www.twai.it (Torino World Affairs Institute); www.isiameddigitale.eu (Istituto Italiano per l’Asia e il Mediterraneo, Roma).

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