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Nebbia ad Haiti

Un po’ di grancassa durante l’anniversario del terremoto poi sta per scendere l’abituale nebbione sull’utilizzo degli immensi fondi donati per ricostruire e Haiti e proteggere gli haitiani dalle conseguenze del sisma. Vogliamo raccogliere un po’ di notizie e di racconti giunti in questi mesi dall’isola, giusto per distinguerci.

Per adesso l’epidemia di colera ha provocato 4549 morti (dice il Ministry of Public Health and Population –MSPP). Fra poco c’è il carnevale e un gran movimento di gente (anche ad Haiti la gente si diverte, vive e ride), speriamo che qualcuno pensi alla prevenzione. Oltre un milione di persone continua a vivere nei campi profughi (si prevede ancora per un paio d’anni) e alcuni di questi sono stati lasciati senza acqua e assistenza (Canaan, Delmas, etc.). Ci scrivono da Haiti: Si, molte tende son state rimpiazzate per delle capanne ( dai 18 ai 24 m2) in legno e compensato, ma secondo le cifre officiali restano 810 000 persone da alloggiare, il periodo delle piogge é alle porte. Più della metà dei detriti non ancora eliminati impedisce la ricostruzione e la vita normale.

Parliamo di oltre USD 10 miliardi arrivati sull’isoletta per gestire l’emergenza post-terremoto (alloggi, sanità, acqua) e, per logica elementare, si dovrebbe calcolare quanto l’investimento ha reso ai beneficiari. L’impressione (in assenza di dati poiché solo il 10% delle organizzazioni ha fornito qualche rendiconto) è che, come ovunque nelle emergenze umanitarie, gran parte dei fondi siano stati utilizzati per far stare meglio gli operatori dell’industria dell’assistenza. Anche qui, come sempre, le organizzazioni scrivono nei rapporti che sull’isola sono arrivati l’80% dei fondi donati per i progetti ma poi se sono spesi per salari ai funzionari, macchine, strutture, viaggi, affitti, nessuno lo saprà mai. Certo, quello che resta e arriva ai beneficiari, magari con progetti confusi e inefficaci, è meglio di niente.

Del gran pasticcio se ne accorge il Parlamento europeo che denuncia “i limiti del sistema degli aiuti internazionali in un paese che beneficia di un apparato umanitario massiccio”, dei “limiti” se ne accorge anche il console onorario italiano e l’avvocato haitiano Evel Fanfan, presidente dell’organizzazione Aumhod, nei giorni scorsi in Italia, nonché i giornalisti e gli studiosi più attenti. Anche nel blog raccogliamo qualche racconto: poche sono le decisioni e l’azione manca. Bisogna ammettere che non ci sono soluzioni miracolo, qui non c’è da rifare, ma tutto da fare! Un paio di settimane fa ho partecipato ad una esposizione per la ricostruzione, partecipo con una equipe di Haitiani , vi garantisco che c’erano dei progetti da fantascienza. Per il momento la ricostruzione si focalizza sull’ investimento della classe agiata in alloggi da affittare a prezzi favolosi alle ONG.

Situazione che non sorprende visto che i “ricostruttori” sono Bill Clinton, che copresiede con l’ex presidente Bush la fondazione Clinton-Bush, l’attore Sean Penn, che a sua volta ha aperto una fondazione per gli aiuti umanitari a Haiti e che da poco è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere dal presidente haitiano René Préval, il Club di Madrid, guidato dall’ex primo ministro spagnolo Felipe Gonzalez e l’ex primo ministro francese Lionel Jospin. Tutto coordinato dai burocrati internazionali della contestata Commissione ad Interim per la Ricostruzione di Haiti .Gente che ad Haiti ci và solo e forse. in elicottero.

Solite storie come le attività collaterali alla raccolta fondi: libri. mostre fotografiche, concerti (Music for Haiti questa sera al Victory Morgana Bay), monumenti, conferenze, giochi di società (pagati con soldi UE). A livello locale, dal gran business non potevano tirarsi fuori i due candidati alle prossime elezioni del 20 marzo: Appearing before the Interim Haiti Recovery Commission (IHRC) former first lady Mirlande Manigat and popular musician Michel Martelly urged the international community to set a timetable for ensuring that the aid reaches the country quickly. Soldi che la politica utilizzerà per mantenersi al potere (come ovunque è accaduto quando gli aiuti internazionali sono piovuti), per mantenere ed espandere le burocrazie nazionali. Processo che s’intravede già adesso; infatti una delle critiche più diffuse ad Haiti è che le organizzazioni di base locali (nonché l’industria nazionale) siano di fatto escluse dalla gestione dei fondi e che chi ci lavora risucchiato da maxi stipendi negli uffici delle organizzazioni internazionali.

Infine notizie strane: i prezzi dei generi di prima necessità sono aumentati di oltre il 30% nell’ultimo anno, malgrado le donazioni di prodotti alimentari (in molti casi, qui come ovunque nelle tragedie umanitarie passati al mercato nero). Le ragioni: il colera (che ha bloccato gli spostamenti da alcune zone agricole interne), l’enorme aumento di forti consumatori occidentali (si calcola in oltre 100.000 operatori internazionali, compresi i turisti della cooperazione), le abituali speculazioni. Altra notizia da verificare sarebbe che il colosso dell’agrotecnologia Monsanto ha donato 500 tonnellate di mais ibrido e sementi vegetali. Sembrerebbe che le semenze ibride siano mono-semina e che per i prossimi raccolti i contadini, dovrebbero comprare nuovi semi dalla Monsanto.

Per concludere un articolo del Sole 24 Ore (7\2\2011) racconta di un calo generale delle donazioni alle ONLUS nostrane, finito l’effetto mediatico su Abruzzo e Haiti. Ma la società che ha fatto lo studio (IPR Marketing) segnala un altro effetto, forse dovuto alla pessima gestione dei fondi in entrambe le circostanze, cioè che i donatori si fanno un pochettino più furbi e, forse, iniziano a controllare.

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