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Narrare è resistere

Senza la memoria siamo il nulla care teste di capra e narrare è una grande forma di Resistenza.

La morte sarebbe vana per tutti quelli che hanno subito ingiustizie e orrori di Stato se non si potesse lasciare almeno una traccia, una narrazione dell'accaduto e la continua ricerca per la verità.

Perché se anche dopo l'Olocausto gli esseri umani sono stati ancora capaci di scrivere una poesia, un romanzo, vuol dire che la voglia di riscatto c'è. Ma è anche vero che gli orrori si ripetono come i desparecidos dell'America Latina e dei neonati strappati alle partorienti con la benedizione della Chiesa e allevati da altre persone. Gli orrori si ripetono come i genocidi in Africa, il popolo Palestinese, l'etnia curda in Turchia, gli aborigeni in Australia, e tante tanti assassinii e torture di Stato come avvengono nel nostro "bel Paese".

La scrittura è pericolosa perché oltre a descrivere il marcio, descrive anche il bello. In Cile esistono dei bellissimi fiori, sono le rose di Atacama che sono color sangue. Sbocciano nel deserto cileno per un solo giorno all'anno e subito vengono bruciate dal Sole calcinante.



Queste rose sono un simbolo di una natura che non si arrende nemmeno a se stessa e durante il periodo terribile di Pinochet c'era uno scrittore di nome Fredy Taberna che fu massacrato dai militari perchè colpevole di annotare la bellezza di quei fiori. Narrare la bellezza e forza simbolica di un fiore in tempo di dittatura è un pericolo, può risvegliare le coscienze.

Narrare è una grande forma di resistenza e se è vero che le parole non fanno una rivoluzione, è anche vero che esse la preparano. Per questo sono tanto temute dal Potere.

Poi certamente, se usiamo le parole per adulare vari rappresentanti di questo Sistema, sono solo parole effimere che ci rendono ancora una volta uomini dentro al gregge.

Siete delle teste di capra, non pecore!

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