• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > Multiculturalismo: l’ideologia capitalistica, dove l’apparenza dei molti (...)

Multiculturalismo: l’ideologia capitalistica, dove l’apparenza dei molti nasconde il totalitario uno.

L’ideologia del multiculturalismo nacque negli anni sessanta nel Nord America, quando le disuguaglianze sociali, politiche e civili, fecero registrare un’ondata di protesta ed un urlo a chiare voci per i diritti.

I dimostranti chiedevano essenzialmente l’uguaglianza istituzionale di alcuni gruppi minoritari all’interno dell’orizzonte americano (afroamericani, ispanici, omosessuali, etc.)

 Come afferma Lanzillo c’è una chiara differenza tra il significato di multiculturale e multiculturalismo. Per multiculturale ci riferiamo ad una società formata da diverse etnie, possibilmente dialoganti o meno fra loro. Il termine multiculturalismo indica invece un progetto, un tentativo normativo di dare risposta ad un problema, alle difficoltà inerenti ad una società caratterizzata da gruppi appartenenti a differenti entità etnico-linguistiche.

 Il dibattito sul multiculturalismo, da un punto di vista meramente filosofico, si dipana tra due concezioni, quella dei liberals e quella dei communitarians. Entrambi i punti di vista si pongono al di là di apparenti differenze, nel grande calderone ideologico neoliberistico.

La prospettiva dei communitarians, ha inizio dalla considerazione che l’individuo possa essere riconosciuto nella propria specificità solo se la sua dimensione personale si svolge all’interno di una comunità, con la quale debba condividere la dimensione culturale ed etica.

In tale prospettiva filosofica ad avere la meglio è la dimensione del comune, laddove essa si pone come fondamento imprescindibile la comunità, dalla quale dipende la formazione degli individui ed i rapporti che si stabiliscono fra loro.

La prospettiva comunitarista, quindi predilige la salvaguardia dei valori comuni, e qualora dovessero entrare in conflitto i diritti della collettività con quelli degli individui, i primi sarebbero difesi, perché fondamento dell’unità sociale.

La prospettiva dei liberals ritiene l’individuo come fondamento principe della società, le cui prerogative, i cui diritti individuali devono essere considerati come ciò che viene pima di tutto.

I liberals affiancano ai diritti liberali dell’individuo e l’universalità degli stessi, le esigenze, le richieste, il riconoscimento di norme ad hoc per i gruppi etnici, ma tra le due istanze, sono i diritti individuali ad essere inalienabili, e semmai si verrebbe a creare un contrasto tra le due normative, le esigenze delle minoranze verrebbero messe da parte.

Queste due posizioni intellettuali se pensate filosoficamente, appaiono come espressione di un'unica unità ideologica. Infatti sia i communitarians che i liberals, trattano astrattamente tale questione, perché la difesa delle comunità etniche avviene sempre nell’immanenza capitalistica, che si pone come realtà della forma merce. In tale dimensione il principio originario di ogni comunità (sarebbe meglio parlate di società in ambito capitalistico) è l’individuo senza individualità, ovvero quell’atomo esistentivo della società capitalistica, completamente autonomo nella propria formazione ed esistenza etico-culturale, esente dalla dimensione politica vera e propria, che si rapporta agli altri atomi della società attraverso il semplice rapporto di compravendita. In tale atomismo post-democriteo e post-borghese, dove la riproduzione sociale deve coincidere con la riproduzione economica del capitale senza intermediazioni di alcun tipo, è evidente che l’unica cosa che importi veramente sia il consumo coatto di merce, e le stesse culture, religioni, usi e costumi, delle popolazioni, vengono svuotate del loro senso originario, per essere tuttalpiù funzionali alla creazioni di oggetti da vendere sul mercato oramai globalizzato.

Poca importa alla riproduzione capitalistica su larga scala, l’esistenza o meno di forme culturali all’interno del globo, tutti i popoli del mondo devono accasarsi al consumo delle merci e dei servizi prodotti, non importa se tali prodotti provengono dall’altra estremità del globo.

Sembra evidente che al capitale globalizzato non può realmente interessare la salvaguardia della diversità culturale, il suo vero interesse consiste nell’acculturazione globalizzata, laddove l’unica

Sub-cultura veramente apprezzata è quella del consumista coatto che fa dell’idolatria della merce la sua unica e vera religione.

Non c’è quindi alcun dubbio che dietro la maschera carnevalesca della multiculturalità capitalistica, si nasconde l’assenza di cultura, dietro i molti l’onnipresente uno.

E da considerare la stretta connessione esistente tra i temi di multireligioso, multinazionale, multietnico, multiculturale, ma per brevità ci atteremo alle attinenze esistenti tra il concetto di multietnico e multinazionale.

 

 Innanzitutto c’è da rilevare che c’è un certa contiguità tra i termini etnia e nazione.

Infatti per etnia si intende un aggruppamento umano fondato sulla comunità o sulla forte affinità di caratteri fisico-somatici, culturali, linguistici e storico-sociali; dall’altra parte la nazione è formata da un gruppo di individui cosciente di una propria peculiarità e autonomia culturale e storica, stabilitesi in un’unita politica. E’ chiaro quindi che quando una determinata etnia stabilisce un’unita politica in un determinato territorio, costituisce una nazione.

 Ora in tutta onestà, contraddicendo l’affabulazione giornalistica generale (e non solo), dobbiamo affermare che l’Italia non è multinazionale; infatti essa si configura come l’unita politico-culturale degli italiani, in cui sono costituzionalmente garantiti due minoranze nazionali (la tedesca e la slovena). La nazione non è mai un’invenzione immaginaria creazione di, storici, letterati e quant’altro, ma nasce da una comunità storica reale che sti stabilisce in una unità politica. Quindi la nascita di una nazione è storicamente fondata, e nulla toglie che essa in futuro l’Italia possa essere sostituta da un'altra entità nazionale sempre storicamente createsi, ma per ora esiste l’Italia e senza forzature ideologiche ce la teniamo stretta.

Queste chiacchiere da bar che desiderano vedere in ogni nazione una dimensione multinazionale ed una multietnicità, sono finalizzate al progetto capitalistico di distruzione della nazione e di ogni forma culturale possibile. Sembra una chiara premessa dell’attività globalizzatrice della classe dominante, quella di sradicare l’individuo da ogni sostanza culturale, di snazionalizzare le comunità e la propria sovranità politica.

Tutta questa retorica della fine della nazione, ha come scopo tale annientazione, togliere alle comunità la propria identità e quindi anche la possibilità di progettazione politica e di poter ideare un significato di bene comune. La nazione nelle sue forme monoetnica e multietnica va difesa in ottica anticapitalistica, per contrastare la deriva crematistica dei tempi moderni, per combattere l’idea che il mercato sia un dio onnipossente, da cui si ci devi far guidare, perché esso sa armonizzare la distribuzione della ricchezza e della felicità all’interno della comunità.

Ma purtroppo è del tutto chiaro che il neoliberismo non fa che accentuare le differenze di potere e di ricchezza all’interno della società, che crei una nuova figura antropologica integralmente negativa, che distrugga l’ambiente come animale senza controllo, e che quindi vada letteralmente sradicato e smascherate le proprie ideologie.

Ritornando al tema della nazione, per non dilungarci troppo, di importanza strategica è il fenomeno dell’immigrazione, in questi giorni tornato alla ribalta a causa del caso Acquarius. L’immigrazione è una risorsa oppure un danno?

E’ bene uscire da questa dicotomia concettuale e cercare di specificare la questione nella dimensione dell’immanenza. L’immigrazione può essere certamente una risorsa, se regolamentata dalle istituzioni statali, in base alla possibilità di integrazione economica e sociale degli immigrati, ovvero in base alle esigenze strutturali di un paese. D’altronde essa porta grandi vantaggi se crea un vero e non paventato dialogo tra le culture, gli influssi culturali ed il dialogo tra le culture, sono sempre un alimento e mai uno sradicamento per una determinata comunità; si hanno poi vantaggi biologici se si pensa agli scambi genetici possibili tramite la riproduzione sessuale.

Altra cosa è l’immigrazione selvaggia ed incontrollata, il cui numero di immigrati sproporzionato all’esigenza del sistema paese, va a rafforzare quello che il nostro Marx chiamava l’esercito industriale di riserva. Come sappiamo una maggiore estensione di tale esercito di disoccupati, va ad aumentare le pressioni sui lavoratori salariali occupati, costringendoli ad abbassare le loro pretese, salariali e di diritti sul lavoro, e quindi ad abbassare il costo del lavoro per il capitalista.

Ricapitolando, all’interno del flusso ideologico neoliberistico, il multiculturale, il multinazionale, il multietnico, al di là dell’apparenza, sono tematiche ideologiche hanno un solo ed unico scopo quello della riproduzione dell’unicum capitalistico, ovvero sia rientrano nel progetto più generale di flusso globalizzato di capitali, merci e uomini sradicati.

 Non mi stupisce che appartengono in todo al contesto ideologico neoliberistico, quelle posizioni politiche di “sinistra” dal PD fino ai negriani, che vedono nella globalizzazione e negli annessi e connessi un fattore di emancipazione umana. Bisogna andare oltre alle posizioni politiche dei “sinistrati di sinistra” trovare una terza via comunitaria comunista per la lotta anticapitalistica.

Foto di jacqueline macou da Pixabay 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità