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Morto schiacciato dal palco della Pausini: polemiche sul risarcimento

Meno di duemila euro, esattamente 1936.80, è quanto l’Inail ha versato ai genitori di Matteo Armellini, l’operaio laureato, morto il 5 marzo scorso durante l’allestimento del palco per il concerto di Laura Pausini. La madre si dichiara sconcertata, non solo per la somma ricevuta, per il trattamento riservatole dalle Istituzioni e dai sindacati: "Ai miei tempi - dichiara la madre - un sindacato non avrebbe mai permesso una cosa del genere. Vorrei che il nome di mio figlio venga ricordato e che finisca questo che io chiamo mercato del lavoro, chiedo ai sindacati e alle forze sociali di intervenire. Sono ragazzi che cercano di guadagnare dei soldi anche per aiutare le famiglie, ma devono essere tutelati".

L’assegno portava solo la dicitura “risarcimento per infortunio o malattia professionale”, neanche un accenno all’accaduto, questo fa esplodere l’ira della signora Armellini: “E' un problema di rispetto, di dignità, Matteo non aveva ancora cominciato a lavorare, gli è caduta in testa tutta la struttura. Non voglio, non ci sto che la morte di mio figlio venga liquidata così. Faccio affidamento alla giustizia ma sappiamo che un processo così può andare avanti moltissimi anni. Io, da quel 5 marzo, non ho saputo più niente"

Il presidente dell’Inail, Giuseppe Lucibello, ha però precisato che i soldi "non sono un risarcimento ma un anticipo dell'assegno funerario", anche se ha confermato che l’indennizzo non potrà raggiungere grosse cifre vista la bassa retribuzione di Matteo: “Tutelare meglio soprattutto i morti sul lavoro deceduti in giovane età perché lì i livelli retributivi sono spesso molto bassi per cui i superstiti prendono prestazioni di entità molto ridotta".

Il problema è stato ripreso anche nella Commissione lavoro della Camera, dove secondo Cesare Damiano (Pd): "La drammatica morte di Matteo ripropone il problema dei giusti e adeguati risarcimenti. Noi pensiamo che bisogna rompere una regola: l'attivo di bilancio annuale dell'Inail, calcolato mediamente in circa 1 miliardo e mezzo di euro, non può essere tutto automaticamente devoluto al ripianamento del debito ma dirottato in quota parte all'abbassamento dei premi assicurativi delle aziende virtuose, cioè quelle a infortuni zero, e al miglioramento delle tabelle di risarcimento a favore dei lavoratori o delle loro famiglie".

Ancora una volta, politici e sindacati, fanno finta che il problema sia nuovo, comportandosi come se per la prima volta si trovassero ad affrontare la questione. Casi come quelli di Matteo in Italia sono frequenti ma non sempre trovano la giusta copertura mediatica. 

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