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Morire per delle Idee

Pestaggi e risse nel nome di un’ideale (o presunto tale). In Italia sembra tornata la stagione dello scontro. Violenza mascherata o reale scontro ideologico?

...l’idea è affascinante... cantava De Andrè nella sua interpretazione di un brano del suo mentore Brassens.
In molti sembrano pensarla così di questi tempi. Non passa giorno che non si parla di un pestaggio politico, alcuni "per fortuna" (il virgolettato è d’obbligo) senza conseguenze "definitive"; ma non sempre è così...
Ne sanno qualcosa i vari Abdul Salam Guibre e Nicola Tommasoli, solo per citare i più recenti.

Ma da cosa nasce questa nuova ondata di violenza?

Siamo davvero di fronte nuovamente ad una stagione di forte scontro ideologico o in questi episodi di violenza la politica è solo una scusante per far sembrare la cosa meno grave; per dare, a sè stessi e agli altri, una "giustificazione" ad un comportamento violento?
Oppure molto più semplicemente abbiamo la sensazione che questo tipo di episodi siano aumentati, ma in realtà è solo il fatto che se ne parla di più a farceli sembrare aumentati?

Purtroppo all’ultima domanda la risposta è no, o almeno poteva esserlo all’inizio, e di questo ci eravamo illusi in tanti, ma poi il fatto stesso di parlarne ha fatto aumentare il fenomeno, una sorta di gioco a chi la combina più grossa (un pò come Youtube per il bullismo) misto ai classici sentimenti di "vendetta e giustizia popolare" hanno portato alla situazione odierna.



Per il resto: In medio stat virtus.
La risposta come sempre non può non tenere conto di tutti i fattori; da un lato per l’inconfutabile presenza di un denominatore comune, dall’altro perchè innegabilmente ogni episodio è un caso a sè.

Analizzando infatti i casi singolarmente si può notare come alcuni sono contraddistinti dalla brutalità, quasi animalesca, con la quale si sono svolti i fatti, segno evidente di una cultura alla violenza pregressa, di cui un certo tipo di politica si nutre potendo sfruttarne tutte le potenzialità. Quella politica fatta di paura, in cui mattone dopo mattone viene costruito un castello di odio difficilissimo poi da distruggere, dove al diverso vengono imputate tutte le colpe ed i mali della nostra società. Il caso di Abdul o di Nicola ne sono esempio lampante, ragazzi selvaggiamente picchiati senza motivo, se non quello della diversità, fisica o intelettuale.

Se In casi come questi quindi la violenza sembrerebbe essere fine a se stessa, non si può dire lo stesso di quegli avvenimenti come l’aggressione alla sapienza o a Villa Ada, dove l’intento politico lascia il segno più della violenza stessa. In quei casi la violenza è stata solo il mezzo di espressione della propria ideologia, del messaggio che gli autori hanno voluto trasmettere, non il fine.

La differenza salta agli occhi. Per quanto labile possa sembrare, e forse anche essere, non se ne può certo negare l’esistenza. Entrambe le tipologie di episodi sono da condannare ma bisogna evitare di fare di tutta l’erba un fascio (mai detto fu più calzante). Infatti così come non si possono curare anoressia e bulimia con le stesse terapie, diversi devono essere gli approcci in questo caso.

Facendo attenzione a non cadere però nell’estremo opposto, cioè bollare gli episodi come solamente politici o come solamente violenti, che sarebbe, oltre che stupido, improduttivo, si può arrivare a comprendere la situazione, renderndosi conto quindi del filo che tiene indissolubilmente insieme le due cose. Questo deve essere il primo passo, il seguente sarà dare seguito a quelle circostanziali dichiarazioni di sdegno, cercando magari di renderle meno anonime e generiche, che vengono puntalmente fatte dai vari esponenti del mondo politico. Dare seguito significa sia a livello giuridico, dando la giusta pena agli autori di tali atti, sia a livello sociale, ponendo un freno all’abbandono politico e morale dei giovani.

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