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Mondiali di calcio in Qatar: lavoratori migranti senza paga per mesi

La ripresa delle partite di calcio in Italia ci dà l’opportunità di tornare a parlare di una questione che ha sempre a che fare con lo sport più popolare al mondo. Ma è una storia di sopraffazione e disperazione: il trattamento dei lavoratori nella costruzione degli impianti sportivi e delle strutture logistiche per i mondiali di calcio del 2022 in Qatar.

Un rapporto di Amnesty International ha rivelato che circa 100 operai migranti impiegati nella costruzione dello stadio Al Bayt, provenienti da Filippine, Ghana, Kenya, Nepal e altri paesi, hanno lavorato anche per sette mesi senza ricevere alcun compenso.

Erano stati assunti dalla Qatar Meta Coats (Qmc), società di progettazione e costruzione subappaltatrice di una serie di opere all’interno dello stadio.

Il Comitato supremo per il patrimonio e il completamento, l’ente organizzatore locale dei Mondiali di calcio, ha dichiarato di essere a conoscenza dei ritardi nei pagamenti degli stipendi già da luglio 2019.

Da qui la domanda: perché le autorità del Qatar hanno permesso che gli operai continuassero a lavorare per mesi senza paga e dunque senza poter inviare rimesse in patria, indispensabili per pagare rette scolastiche, affitti e cure mediche nonché per ripagare i debiti contratti per pagare somme tra i 900 e i 2000 dollari alle agenzie di reclutamento nei loro paesi di origine?

Questa settimana, dopo che Amnesty International ha sollevato il problema, la Qmc ha riconosciuto i ritardi nei pagamenti dovuti alle difficoltà economiche e ha dichiarato di essere al lavoro per trovare una soluzione.

Dopo l’intervento della Federazione internazionale delle associazioni di calcio (Fifa) e il Comitato supremo per il patrimonio e il completamento, alcuni dipendenti hanno iniziato a ricevere parte di quanto loro dovuto, sempre con parte degli stipendi ancora non corrisposti.

Certo è che se durante gli ultimi 10 anni la Fifa avesse chiamato a rispondere delle proprie responsabilità i suoi partner locali e avesse utilizzato la propria influenza per spingere il Qatar a intraprendere una riforma completa nel campo del lavoro, si sarebbero risparmiate sofferenze, umiliazioni e morti.

All’inizio dei mondiali di calcio del Qatar mancano solo due anni e mezzo. E dal punto di vista dei diritti, ancora non ci siamo.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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