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Michelangelo e don Puglisi | L’amore come elemento comune nella creazione di grandi opere

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Stamattina mi sono guardato un interessante documentario in un canale sky sulla vita di Michelangelo Buonarroti, grandissimo artista del Rinascimento conosciuto in tutto il mondo , infatti ha lasciato un segno nell’eternità con le sue opere di incredibile bellezza sia nella pittura che nella scultura. 

Terminato questo splendido programma ho guardato in sequenza (su un altro canale) un servizio che col precedente sul genio dell’arte non aveva nulla a che vedere (e testimonia della casualità della mia scelta nella suddetta visione) e infatti qui si ricostruivano le vicissitudini del pentimento di un ex mafioso di una potentissima cosca di Palermo, il quale gradualmente fu “spinto” dal proprio desiderio (di amore cristiano) ad entrare nella parrocchia del quartiere malfamato Brancaccio dove conobbe il parroco don Pino Puglisi, ucciso poi dalla stessa mafia nel 1993. 

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Cosa può legare (almeno per il sottoscritto..) questi due documentari che hanno messo in luce il primo la straordinaria poeticità che viene espressa dalle opere di Michelangelo e il secondo invece la doppia vita di un mafioso (poi ex) convertito al cattolicesimo più vero, quello in cui il messaggio d’amore è di prendere per mano i più deboli e di allontanarli dal male e dalle tentazioni di esso ( il pentito diventa amico del parroco che andava a prendere i bambini nel quartiere malfamato per farli giocare a pallone in parrocchia). A me è sembrato dopo poco aver visto i due programmi, di aver colto un elemento comune tra due storie pur così diverse, che è quello dell’amore declinato nelle sue diverse forme. Infatti nella pietà esposta in Vaticano, sublime opera che rappresenta la Madonna con Gesù morto tra le sue braccia, si può percepire nella dolcezza del movimento (e dei drappeggi..) dall’espressione e dall’inclinazione del volto della madre del Cristo l ‘amore per il proprio figlio che a sua volta è così suggestivamente e poeticamente rappresentato non solo grazie alla grandissima tecnica dell’artista ma anche in virtù della voglia d’amore materno (dovuta alla improvvisa perdita della madre quando egli aveva solo 6 anni) che ha “caricato” Buonarroti nella scultura.

Il gesto artistico in questa scultura è originato e alimentato anche dall’amore ( o meglio dal desiderio di amore dell’artista causato dal vuoto affettivo materno) mentre nel caso del parroco Puglisi, il gesto d’amore è quello di togliere manovalanza alla mafia facendo redimere i mafiosi in via di pentimento e di far venire i bambini residenti nei quartieri malfamati a giocare in parrocchia (emblematico di quanto fosse genuino e grande il gesto è che quando si rompevano i vetri della chiesa per le pallonate, il padre di fronte all’obiezione di quelli che si preoccupavano dei danni materiali,rispondeva “non vedo l’ora che se ne rompano altri”).  Qui nel caso del quartiere Brancaccio l’amore sublimato in altra forma non ha aiutato a creare una opera d’arte di eterna bellezza ma ha aiutato questo prete a far sì che alcuni bambini fossero sottratti alla malavita e a darci un esempio che rimane indelebile nella memoria collettiva ( nonostante la sua uccisione da parte della mafia ) di come l’amore si può infondere nella società con gesti semplici, come invitare dei bambini a giocare in strade sicure e anche questa a mio modesto parere è una grande opera. 

  Antonino Lo Giudice.

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