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Memorie e rivoluzioni del giudice anticopyright

Intervista all'ex giudice Gennaro Francione, autore di “Anticopyright - Nuove frontiere per il diritto d’autore”.

È uscito "No Copy, No party (Memorie e rivoluzioni del giudice anticopyright)" del giudice scrittore e drammaturgo Gennaro FRANCIONE. Prefato da Gianluca Pomante, Francione, fondatore dell’Unione Europea Giudici Scrittori, ricorda quella sentenza che squassava il diritto d’autore, con la proprietà intellettuale ridotta ai minimi termini in quanto non più patrimonio del singolo ma dell’intera Umanità. Il libro è un inno per una costituzionale arte libera e gratuita per tutto il mondo sul modello dilagante di internet.

Faceva dire Platone a Socrate: “Questa che ti permette di recitare bene Omero e di cui appunto parlavo non è una capacità artistica, ma è una forza divina* a spingerti, come avviene nella pietra che Euripide chiamò Magnete e la gente chiama Eraclea. E, infatti, questa pietra non solo attrae gli stessi anelli di ferro, ma infonde agli anelli anche una forza tale che permette loro di esercitare a loro volta questo stesso potere esercitato dalla pietra, cioè di attrarre altri anelli, di modo che talvolta si forma una fila assai lunga di anelli di ferro collegati l'uno con l'altro, ma per tutti questi la forza dipende da quella della pietra. Così è la Musa stessa a rendere ispirati e attraverso questi ispirati si riunisce una catena di altri ispirati”.Se Socrate ha ragione, allora nessun artista è proprietario di ciò che crea, ma ne è mero detentore. Lei cosa ne pensa?

«Questo pezzo non lo conoscevo. La ringrazio di avermelo fatto apprendere. La Musa non solo rende ispirati gli artisti ma crea fili lontanissimi, oltre il tempo e lo spazio, per instillare negli animi dei nuovi giuristi, a tanti anni di distanza, la nuova legge dell'anticopyright.

Quando non ero ancora un cybernauta, agli inizi degli anni '90, elaborai il Manifesto “Iperavanguardista del Medioevo Atomico”, in cui già esprimevo l'idea che l'autore è solo il portavoce di un messaggio d'arte universale, che egli esprime in nome dell'Umanità. Il decalogo del manifesto, elaborato con parametri internettiani, al numero 7 recita: “L'Autore è solo il portavoce di cronache artistiche vissute e scritte in quel grande serbatoio cosmico che è l'Akasha e di cui l'Internet è un modello vivente. Essere privilegiati nell'usufruirne significa avere solo il mero possesso (detentio) delle forme artistiche iperuraniche, senza che chicchessia possa vantare alcuna proprietà né assoluta né relativa sul prodotto”.
 
L'Akasha, per rimanere in ambito filosofico paraplatonico, rappresenta una sorta di gigantesco archivio - conosciuto in Oriente come Cronache dell'Akasha - costituito da uno schema a disco delle cose passate. In esso vengono registrati tutti gli eventi, le parole, le azioni personali e razziali accadute sulla terra sin dalla sua origine. Questo Riproduttore Terrestre, individuato peculiarmente dalla gnosi, dalla teosofia e dall'antroposofo Rudolf Steiner, coincide proprio col Mondo delle Idee di Platone, con l'Inconscio Collettivo di Jung o col Serbatoio Cosmico di William James, formato dalle tracce e dalla memoria di tutto quanto accaduto nel passato e differenziantesi dalla "coscienza cosmica" che mette in contatto occulto tutti gli uomini viventi (http://www.antiarte.it/urobornauta/l'arte_di_kobal.htm).
 
Da questa sinergia underground o palese tra gli umani e il serbatoio akashico deriva che il creativo non ha la proprietà intellettuale delle sue opere ma il mero possesso (detentio) delle forme artistiche, senza che chicchessia possa vantare alcuna proprietà né assoluta né relativa sul prodotto. L'opera, per come viene concepita, manipolata, riassemblata, infatti, appartiene all'Umanità presente, passata e futura.
 
Esplorai questi concetti a livello pragmatico più a fondo nella DUDDA (Dichiarazione Universale dei diritti dell’arte), facendola firmare nel novembre 2002 da una serie di artisti, intellettuali, giuristi, rappresentanti di associazioni culturali presso il Museo del Cinema di Roma, nel corso di un sit-in per salvare il Museo, che rischiava di essere cacciato dalla sua sede per farne al suo posto un centro commerciale. Il principio della mera detentio implica il mantenimento del riconoscimento della paternità dell'opera in minimis, ma una drastica riduzione dei diritti di sfruttamento commerciale di qualunque creazione che è generata grazie e in nome dell'Umanità.
 
Quest'idea era già nell'aria, tanto che Joost Smiers, rispolverando Pierre-Joseph Proudhon e il suo libercolo Qu'est-ce que la propriété? (1840), arrivava addirittura a considerare la proprietà intellettuale (come quella privata proudhoniana) un autentico furto. La mia proposta, veicolata grazie al Movimento dell'Antiarte e soprattutto assimilata dal Me Cybernauta attraverso la DUDDA, si è evoluta fino a predicare una degradazione radicale alla base della proprietà intellettuale, perché il Sapere è patrimonio dell'Umanità e l'individuo, in quanto creatore di arte e cultura specifiche, ne è solo un portavoce. Anzi, ne rappresenta il Cancelliere Estetico, per usare una metafora connessa al mio essere di giudice. Pertanto, qualunque diritto d'autore assoluto è un attentato all'Uomo, nei suoi diritti alla libertà e gratuità del Sapere».

Il valore economico di un'idea, di un frammento di iperuranio, non è inestimabile? E se lo è, monetizzare il frutto di una "forza divina" non è "blasfemo"?
 
«Solo blasfemo? Chi osa pretendere diritti d'autore è degno delle fiamme del più profondo Tartaro! L'arte va diffusa gratuitamente nel mondo, e ciò è possibile con le nuove tecnologie internettiane, che devono fare da modello a quelle tradizionali (cartaceo, ad esempio) per derivarne un nuovo sistema apparentemente rivoluzionario del vivere dove il Sapere prevale sull'Economia.
 
Un principio non solo fondamentale nelle nuove elaborande costituzioni universali, ma già annidantesi con energia nelle pieghe della vecchia Costituzione repubblicana, là dove si limita la proprietà privata a fini sociali (art. 42); ma soprattutto, all'articolo 41 della Costituzione, si afferma che l'iniziativa economica privata libera “non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.
 
Questo principio, coordinato con quello costituzionale dell'arte e la scienza libere (art. 33 della Costituzione), comporta che l'Arte e la Cultura vanno offerte al Mondo. Il che non può che significare: arte libera e gratuita per tutti!
 
Noi dell'Antiarte affermiamo il Primato del Sapere sull'Economia e per questo stiamo studiando forme di diffusione gratuita e universale dell'arte e della cultura. L'opera va diffusa gratuitamente come contenuto grazie alla Biblioteca Universale che si può creare con Internet. Solo in una seconda fase, in ipotesi di confezionamento del prodotto, si paga un prezzo, comunque equo per permettere a chicchessia di accedere all'arte confezionata.
 
Un esempio è il copione teatrale dell'opera da me creata e messa in scena, Processo alle bestie, pubblicato dalla casa editrice animalista NuovaEtica.org, che si propone di distribuire gratuitamente romanzi, saggi, poesie e materiale informativo. Ognuno può scaricare dal sito la versione elettronica delle pubblicazioni, in formato PDF, e stamparla. E' anche disponibile la versione stampata e rilegata, nel normale formato dei libri che trovate in libreria. In questo caso gli editori chiedono solo la copertura delle spese di stampa e spedizione, senza alcun sovrapprezzo, perché la distribuzione resta sempre e comunque gratuita.
 
Insomma, la filosofia è semplice. Tu autore, tu editore, non puoi più pretendere di essere pagato per far conoscere la tua opera. Io ho il diritto di leggerla, di prenderne visione, perché essa in qualche modo mi appartiene. Solo se, dopo averla letta o averla potuta leggere in rete, decido di acquistarla, pagherò alle più eque spese di produzione e distribuzione nell'ulespazio. E' un po' l'estensione della vostra idea per cui le opere finanziate con soldi pubblici devono essere gratuite per gli utenti cui quei soldi appartengono.
 
Noi diciamo che chiunque scrive lo fa con materiali offertigli dall'Umanità, che rimane la proprietaria di quelle opere, salvo diritti limitatissimi morali e commerciali dell'autore».
 
Art. 32 bis della futura Carta Costituzionale: “La Repubblica tutela la conoscenza come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce sapere gratuito a tutti”. In altre parole, nella Società della Conoscenza, il sapere non dovrebbe essere il bene giuridico primario? E il diritto alla conoscenza, al pari del diritto alla salute, non dovrebbe essere garantito a tutti i cittadini, indipendentemente dalle condizioni economiche? 

«Principio bellissimo quello da lei enucleato, che già si trova nelle pieghe dell'attuale Costituzione, come dicevo prima, negli artticoli 33, 41 e 42. Il principio da lei espresso fu già enunciato nella DUDDA citata, che all'articolo 5 recita: “L'arte e il sapere sono liberi e gratuiti, essendo consentite solo limitate eccezioni alla gratuità con prezzi comunque accessibili al popolo e particolarmente all'infanzia”. Il prezzo è quello del prodotto a valle confezionato, mentre il contenuto a monte, diffuso attraverso la Cyberbiblioteca Universale, è assolutamente gratuito e accessibile a tutti».

Nella motivazione della celebre "sentenza anticopyright" da Lei emessa, si fa riferimento, tra le altre cose, allo stato di necessità (nella fattispecie: assenza di mezzi di sussistenza). Nella Società della Conoscenza il sapere sarà il nostro "pane quotidiano": ciò con cui ogni giorno avremo la necessità di sfamarci. In questa futura società, Lei, Giudice, quale pena infliggerebbe a me, ladro di conoscenza e di informazione, per avere commesso un furto necessitato di sapere?
 
«Nessuna perché se non c'è legge che incrimina chi “si appropri dell'arte altrui”, non c'è sanzione. Non c'è appropriazione criminale di arte e cultura perché l'altrui appartiene a colui stesso che usufruisca della cosa da altri creata. Ergo nessuno può rubare a se stesso».

Qualcuno ha dato alla Società della Conoscenza il nome di Dorosofia ("dono della conoscenza"): conoscenza come dono che si elargisce attraverso la comunicazione; la Società della Conoscenza come la società in cui donare conoscenza significa acquisire lo status di cittadini. A Lei piacerebbe vivere in Dorosofia?
 
«Sì, sarebbe sublime. Come cittadino e come artista. Come cittadino io voglio leggere tutti libri del mondo, sentire tutta la musica del mondo, vedere tutti i film del mondo. Ma dove potrei prendere i soldi per comprare il tutto di arte e cultura? Nella Cyberpansofia potrò farlo perché tutto mi sarà dato gratuitamente, a parte comprare computer e accessori, pagare elettricità e connessione telefonica. Anche come creatore di arte e cultura ho tutto da guadagnare nel nuovo sistema della diffusione internettiana della mia opera, perché il mio massimo profitto è di vederla diffusa, essendo solo secondario e conseguenziale il lucro, peraltro, realizzabile, comunque, secondo i principi della New Economy, attraverso minimi diffusissimi conseguenti al gift, al dono che ho fatto della mia opera. Insomma, un invito anche a tutti gli antiartisti: date alla cyberbiblioteca universale e vi sarà dato. Ne beneficeranno la vostra testa, il vostro cuore, la vostra immagine. E, se vi va bene, farete anche qualche soldino. Ma quella è l'ultima cosa. Ciò che conta è abbattere l'attuale sistema fatto a Piramide dove poche star appaiono dappertutto e straguadagnano sulle spalle dei cittadini e della massa degli autori. Nella Dorosfera il sistema ancora platonicamente avrà la forma di una Sfera dove le possibilità di manifestarsi e far conoscere le proprie opere saranno davvero democraticamente uguali per tutti».

 

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