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Maurizio Maggiani e la retorica delle celebrazioni: la rivoluzione del risorgimento italiano

Non conoscevo abbastanza Maurizio Maggiani, ma mi incuriosiva uno scrittore - vincitore del Campiello, dello Strega e del Viareggio Repaci - e per giunta anarchico, cui stesse tanto a cuore il Risorgimento da voler portare in tournée per l’Italia una sua versione, tanto originale quanto irrituale, di una storia che sembrava sepolta nei libri di storia o nelle stereotipate celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia.

Ma ricordavo anche che Fabrizio De André aveva annotato, sull'ultima pagina del Coraggio del pettirosso, un romanzo di Maggiani del 1995, un messaggio che lo stesso scrittore ignorava sino a un paio di anni fa: "Ho aperto il tuo libro per vanità, sono rimasto incollato al tuo splendido modo di scrivere".

E così per soddisfare questa curiosità bisognava andare a Tarquinia. E' la cittadina etrusca che ospita lo scrittore originario di Castelnuovo di Magra, terra di confine per definizione, nell’ambito degli Incontri con l’autore che fanno da cornice al Premio Tarquinia-Cardarelli per la critica e la poesia 2011, curato da Massimo Onofri, saggista, critico letterario e docente all’Università di Sassari.

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E si è capito subito che la serata non sarebbe stata di quelle formali, perché dopo l’introduzione del critico Filippo La Porta, Maggiani abbandona il tavolo e invita il pubblico ad avvicinarsi. In piedi, per almeno due ore, riesce a catturare l’attenzione dei presenti proiettando un’altra storia del Risorgimento, non a caso intitolata “Carne macinata per l’universo”, una definizione cruda di Giuseppe Mazzini, data dal filosofo e storico Thomas Carlyle.

E “carne macinata per un nuovo universo”, secondo Maggiani, sono state due intere generazioni di giovani, uomini e donne - contadini e popolani, del nord e meridionali - uniti dagli ideali di libertà dall’ignoranza, dal bisogno, dalla tirannia e dalle sete di giustizia, che riuscirono a cancellare quel giudizio che degli italiani aveva dato nel 1820 lo storico francese Alphonse de Lamartine“Terra, ove i figli non hanno più il sangue degli avi! un Paese di morti, abitato da polvere umana".

Ma quanti, ad oltre 150 anni di distanza, ricordano ancora Ugo Bassi, Filippo Buonarroti, Ciceruacchio, Aurelio Saffi , Carlo Pisacane o la Repubblica Romana? Al di là forse di Giuseppe Garibaldi, gli altri sono solo nomi scritti su anonime targhe delle strade o inanimati busti collocati nelle piazze di tutti i paesi d’Italia, nomi dei quali ignoriamo ancora la storia e la grandezza.

Ecco quindi delineata la ragione che ha spinto Maggiani ad occuparsi del Risorgimento, la più grande rivoluzione del XIX secolo: dare voce e rendere giustizia con la memoria a chi ha dato la propria vita per il raggiungimento di quegli ideali in un’Italia, che fino a quel momento era sotto il dominio straniero, priva di qualsiasi diritto elementare.

Da questi ricordi di un emozionato Maggiani escono, finalmente con il riconoscimento che meritano, i giovani del Battaglione Universitario della Sapienza che, gridando per la paura e per farsi coraggio, si gettano sulle agguerrite truppe francesi di Oudinot, mettendole in fuga.

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Maurizio Maggiani. Incontri con l’autore. Tarquinia 26 novembre 2011
Da sinistra: Massimo Onofri, Maurizio Maggiani, Filippo La Porta, Assessore alla Cultura

Ma dalle parole di Maggiani, traspare anche la delusione e la tristezza impressa nei volti di quelle migliaia di volontari garibaldini che assistono all’incontro di Garibaldi con Vittorio Emanuele, dopo la liberazione del sud dai Borboni. Nemmeno due anni dopo, quelle terre strappate da Garibaldi ai baroni per essere date ai contadini che ne erano i legittimi proprietari, nel tentativo di eliminare ingiustizie e privilegi, sarebbero nuovamente tornate ai baroni. Torna in mente quel "tutto cambia per non cambiare nulla".

Poi, in questa galleria di ricordi, appare il grande sconfitto del Risorgimento: Giuseppe Mazzini, l’unico che avesse un’idea dell’Italia diversa da quella monarchica ed una moderna idea di Europa. Muore sotto falso nome a Pisa, ospite di amici, ancora ricercato per una condanna inflittagli addirittura prima dell’unità d’Italia. Ma prima di morire chiede di essere accompagnato a Firenze, per rendere omaggio, nella chiesa di Santa Croce, a Ugo Foscolo, uno dei primi giovani rivoluzionari ad andare in esilio all’estero, dove morirà.

Ma è soprattutto l’Italia di oggi che deve molto a Mazzini perché la stessa Costituzione Italiana, come le altre europee e americane, trae ispirazione da quella della Repubblica Romana del 1849, che al primo articolo afferma: "La sovranità è per diritto eterno nel popolo".

Quando fu promulgata, a poche ore dalla riconquista francese di Roma e dal ritorno del Papa, quei giovani universitari, contadini, gente normale, difendevano la tipografia dove si stava stampando la Costituzione della Repubblica votata qualche mese prima con suffragio universale. Un fatto che non era mai accaduto prima.

Ma quella conquista, costata carissima, avrebbe dovuto attendere altri cento anni per trovare sanciti, e neanche tutti ancora oggi, i principi per i quali avevano sacrificato la vita migliaia di giovani.

Ora, a distanza di oltre centocinquanta anni, di quegli avvenimenti che hanno infiammato l’Italia e l’Europa si è persa la memoria, di quei giovani si sono dimenticate le storie e le grandi motivazioni che li hanno animati. Non era solo il Risorgimento era davvero una rivoluzione e troviamo appropriato l'invito di Maggiani a riappropriarsi, tutti indistintamente, di quella storia. Per non rendere inutili quelle vite che davvero sono "una goccia di splendore".

A questo link è visualizzabile l’intervento di Maggiani al Salone del Libro 2010 intitolato Risorgimento senza memoria ma che di fatto è “Carne macinata per l’universo”. Sullo stesso argomento è presente inoltre un documento di testo che riporta anche un profilo dello scrittore.

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