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Matrimonio omosessuale: le promesse sugli sposi

Dall’Europa arriva l’ennesimo forte segnale a confermare, caso mai ce ne fosse stato il bisogno, l’arretratezza ormai più che patologica del nostro paese in tema di diritti civili.

La Corte Europea dei Diritti Umani ha infatti accolto il ricorso presentato da tre coppie omosessuali (tra le quali anche quella di Enrico Oliari, presidente dell’associazione di omosessuali di centrodestra Gaylib) e condannato l’Italia al risarcimento — cinquemila euro a coppia — del danno morale da loro subito, vista l’opposizione dei Comuni di residenza alla celebrazione delle nozze. Questo perché tale rifiuto si sostanzia nella violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, ex art. 8 della Carta Europea dei Diritti Umani. Pertanto la Corte senza troppi giri di parole chiede un intervento normativo celere, considerato che “la protezione legale disponibile attualmente a coppie dello stesso sesso non solo non garantisce i bisogni fondamentali per una coppia che sia in una relazione stabile, ma non dà neanche sufficienti certezze”.

Dall’Europa, ma non dall’Unione europea: a parlare è infatti la sentenza di una Corte di giustizia internazionale e indipendente, chiamata a deliberare sulla base della Carta di cui sopra, non i “burocrati che hanno rotto le palle” tirati in ballo dallo scandalizzato Matteo Salvini. Reazione che peraltro renderebbe comprensibile il suo assenteismo record come europarlamentare: forse sbagliava palazzo.

Ma di che ci lamentiamo, in fondo possiamo stare tranquilli. Che come ci dice il ministro Boschi, e prima ancora aveva fatto Renzi, avremo una legge entro la fine dell’anno. Quale, di anno, ancora esattamente non è dato sapere, visto che ‘sta manfrina del “a brevissimo” dura da ben più di dodici mesi. Non bastassero gli emendamenti-fiume presentati dai soliti Giovanardi & Co. e dei quali avevamo già parlato da queste parti, rischia di saltare in ogni caso la calendarizzazione della discussione del progetto di legge a palazzo Madama per la prima settimana di agosto. Pare manchi il parere obbligatorio che deve fornire il Tesoro sulle coperture finanziarie della legge stessa.

Di queste ultime ore però un tweet del Ministero dell’Economia e delle Finanze: gli oneri delle unioni civili ammonterebbero a 3,5 milioni per il 2016 e a 6,0 milioni per il 2017 (non i 40 miliardi paventati come spauracchio, forse italianamente più efficace persino rispetto alla bufala creativa del “gender”). Fa piacere saperlo. Finché però nel nostro iter normativo-parlamentare non verranno introdotti i cinguettii social, per ora cambia poco.

E chissà se non passeranno avanti, ancora una volta, le solite “urgenze” (Cei dixit) per le quali sembra normale pretermettere e posporre all’infinito il riconoscimento di diritti fondamentali. Per fortuna qualcuno ci aiuta e piovono suggerimenti preziosi, come l’escamotage consigliato dalla sempre brillante Paola Binetti. In riferimento alla recentissima e innovativa pronuncia della Cassazione, che ha escluso l’obbligo della operazione chirurgica per il cambio anagrafico del sesso, la parlamentare col cilicio consiglia ironica (ma, si sa, seriamente disgustata) a uno dei componenti la coppia omosessuale di effettuare il cambiamento e accedere al matrimonio eterosessuale. Quando si dice capire il cuore del problema, senza pregiudizi e discriminazioni.

Chissà se il governo, che si dichiara, da tanto, tanto pronto a riconoscere le civil partnership, farà ricorso contro questa sentenza della Corte Edu. Un po’ come accadde per l’affaire crocifisso, che vide prontamente schierarsi contro il pronunciamento della Premiere Chambre il governo Berlusconi, seguito a ruota in tema di fecondazione assistita dal “tecnicissimo” governo Monti. Di sicuro a preannunciare appello sono in molti, a cominciare dal comitato organizzatore del Family day, da poco autoproclamatosi “realtà permanente” e ben più celere nel manifestare contro i diritti altrui che a ricordare le evangeliche travi e pagliuzze.

Insomma, tocca aspettare ancora un po’. In attesa dell’epifania, dell’apparizione ormai da considerarsi miracolosa (?), di uno stato compiutamente laico civile e contemporaneo. Per il quale servirebbe anche una classe politica davvero e concretamente pronta a considerare tutti i cittadini come uguali fra loro. Perché, per citare Lia Celi, il problema non è tanto la presenza del Vaticano, quanto l’assenza dell’Italia.

Adele Orioli

 

Foto: David Goehring/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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