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Matrimoni gay: cosa dice la Cassazione


Con la sentenza dell'altro ieri la Cassazione ha negato la possibilità di registrare matrimoni gay in Italia. Ma ha riconosciuto giuridicamente esistente la condizione dell'unione omosessuale. E stabilito che una coppia gay, non potendo sposarsi, ha gli stessi diritti fondamentali delle coppie coniugate. Che può far valere davanti a un giudice.



Quando si parla di coppie omosessuali, la legge va in tilt
. Eppure il vecchio Codice Civile del Regno d’Italia del 1865 sul punto era chiaro. All’articolo 55 sulle “condizioni necessarie per contrarre matrimonio” precisava: “Non possono contrarre matrimonio l'uomo prima che abbia compiuto gli anni diciotto, la donna prima che abbia compiuto gli anni quindici”. Un uomo e una donna, i due soggetti imprescindibili per celebrare le nozze: non esiste matrimonio all’infuori di qui.

Poi, nel nuovo codice Vassalli promulgato sotto il fascismo, quell’articolo sulle condizioni necessarie al matrimonio è diventato un’intera sezione fatta di sette articoli diversi: nessuno che si riferisce al sesso dei coniugi. Non certo perché chi all’epoca scrisse quelle norme fosse tollerante e aperto alle coppie gay al punto di non vietare loro di sposarsi. Ma, al contrario, perché la cultura omofoba e omonegativa era talmente radicata che l’eventualità di una relazione affettiva pubblica e stabile tra due persone dello stesso sesso non venne ipotizzata né concepita. L’amore omosessuale per il legislatore italiano non esiste. Nemmeno in astratto.

Così, quando nel 2004 il sindaco di Latina si vide arrivare la richiesta di Antonio e Mario, la prima coppia gay italiana riuscita a sposarsi (all’estero), di vedere trascritto sul registro comunale il loro matrimonio in Olanda, saltò sulla sedia. Non sapendo che pesci pigliare, ribatté ai due che non poteva trascrivere il loro matrimonio perché “contrario all’ordine pubblico”

Antonio e Mario, che quella spiegazione assurda un po’ se l’aspettavano, ricorsero subito in Tribunale, poi in Appello, ma non ottennero ragione. Decisero allora di ricorrere anche in Cassazione, che proprio due giorni fa ha depositato le motivazioni della sentenza sulla questione, “per la prima volta posta all’esame di questa Corte”. Settantasette pagine. Sui motivi di ordine pubblico che impedirebbero il riconoscimento del matrimonio la Cassazione non ha dubbi: sono una scusa razzista, non esistono
sia perché altrimenti si determinerebbero effetti palesemente discriminatori in base all’orientamento sessuale, sia perché disposizioni comunitarie ed interne vietano esplicitamente discriminazioni fondate su tale orientamento.

La Corte d’Appello di Roma
, però, nella sentenza del 16 luglio 2006, aveva opposto altri motivi alla trascrizione del matrimonio dei due, tutti in punta di diritto. Perché, sosteneva la Corte d’Appello, se è vero
che per il legislatore del 1942, così come per il legislatore costituzionale, non sussisteva l’esigenza di alcuna specificazione in merito alla diversità di sesso dei coniugi, essendo questa insita nella comune accezione e nella tradizione sociale e giuridica dell’istituto matrimoniale e non essendosi all’epoca neppure profilata l’ipotesi di un’estensione dell’istituto all’unione affettiva tra persone dello stesso sesso

è anche vero che in altri articoli del Codice Civile (sei per la precisione) si parla senza sottintesi di “marito” e di “moglie”. Due parole che possono avere solo un significato, peraltro chiarito dallo stesso Codice nell’articolo sugli effetti del divorzio:
[… il tribunale] può autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio quando sussista un interesse suo o dei suoi figli meritevole di tutela.

La Cassazione è costretta a prenderne atto: le unioni omosessuali sono intrascrivibili per “la loro inidoneità a produrre, quali atti di matrimonio appunto, qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano”. Ma le argomentazioni con cui arriva a questa conclusione non sono secondarie.

I giudici hanno preso in considerazione la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 24 giugno 2010, che ha interpretato l’articolo 12 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) che sembrerebbe escludere le coppie omosessuali dal diritto al matrimonio: “l’uomo e la donna hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano l’esercizio di tale diritto”. La Corte europea scrive nella sentenza che
non ritiene più che il diritto al matrimonio di cui all’articolo 12 debba essere limitato in tutti i casi al matrimonio tra persona di sesso opposto […] Tuttavia, per come stanno le cose, si lascia decidere alla legislazione nazionale dello Stato Contraente se permettere o meno il matrimonio omosessuale.

L’Italia, per ora, non lo permette, e la Corte europea, pur riconoscendolo come un diritto legittimo, non lo impone. Ma l’interpretazione della Corte Costituzionale si spinge oltre:
Tale “riserva assoluta di legislazione nazionale”, per così dire, non significa, però, che le menzionate norme, convenzionale e comunitaria non spieghino alcun effetto nell’ordinamento giuridico italiano, fintantoché il Parlamento – libero di scegliere, sia nell’an sia nel quomodo – non garantisca tale diritto o preveda altre forme di riconoscimento giuridico delle unione omosessuali. […] Il limitato ma determinante effetto dell’interpretazione della Corte europea […] sta nell’aver fatto cadere il postulato implicito, il requisito minimo indispensabile a fondamento dell’istituto matrimoniale, costituito dalla diversità di sesso dei nubidendi e, conseguentemente, nell’aver ritenuto incluso nell’articolo 12 del CEDU anche il diritto al matrimonio omosessuale.

Quello che importa, in breve, è che la Corte europea abbia riconosciuto presente la possibilità e il diritto del matrimonio omosessuale nella normativa europea a cui, pur non dovendosi adeguare per forza, l’Italia è soggetta. Perché in questo modo, conclude la Cassazione, “l’intrascrivibilità delle unioni omosessuali dipende non più dalla loro inesistenza”, ma dalla “loro inidoneità a produrre qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano”.

La differenza può sembrare sottile, ma nel diritto è sostanziale perché l’inesistenza di un istituto giuridico vuol dire che quella categoria non esiste non solo nel diritto, ma che la legge non la riconosce esistere nemmeno nel contesto sociale. Come se nella realtà l’unione omosessuale non ci fosse e, quindi, non andasse regolata. Mentre, grazie alla sentenza della Corte europea, la Cassazione ha riconosciuto esistere nell’ordinamento giuridico l’istituto dell’unione omosessuale, che per ora non può produrre nessun “effetto giuridico” perché il parlamento non ha ancora regolato la materia. Un invito, quello a regolamentare le unioni omosessuali, che anche la Corte Costituzionale aveva rivolto al legislatore con una famosa sentenza del 2010.

I giudici costituzionali avevano ritenuto che nell’articolo 2 della Costituzione Italiana (“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità) rientri
anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri. 

Ma precisava:
Si deve escludere, tuttavia, che l’aspirazione a tale riconoscimento – che necessariamente postula una disciplina di carattere generale, finalizzata a regolare diritti e doveri dei componenti della coppia – possa essere realizzata soltanto attraverso una equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio. È sufficiente l’esame, anche non esaustivo, delle legislazioni dei Paesi che finora hanno riconosciuto le unioni suddette per verificare la diversità delle scelte operate.

Ne deriva, dunque, che […] spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette, restando riservata alla Corte costituzionale la possibilità d’intervenire a tutela di specifiche situazioni. Può accadere, infatti, che, in relazione ad ipotesi particolari, sia riscontrabile la necessità di un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e quella della coppia omosessuale, trattamento che questa Corte può garantire con il controllo di ragionevolezza.

Proprio in base a queste considerazioni, la Cassazione, non potendo autorizzare la trascrizione del matrimonio dei due coniugi, offre loro un consiglio prezioso, stabilendo che
I componenti della coppia omosessuale, conviventi in stabile relazione di fatto, se – secondo la legislazione italiana – non possono far valere né il diritto a contrarre matrimonio né il diritto alla trascrizione del matrimonio contratto all’estero, tuttavia – a prescindere dall’intervento del legislatore in materia –, quali titolari del diritto alla “vita familiare” e nell’esercizio del diritto inviolabile di vivere liberamente una condizione di coppia e del diritto alla tutela giurisdizionale di specifiche situazioni, segnatamente alla tutela di altri diritti fondamentali, possono adire i giudici comuni per far valere, in presenza appunto di “specifiche situazioni”, il diritto a un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata e, in tale sede, eventualmente sollevare le conferenti eccezioni di illegittimità costituzionale delle disposizioni delle leggi vigenti, applicabili nelle singole fattispecie.

In concreto, ad esempio, se a uno dei conviventi di una coppia stabile omosessuale verrà negata la possibilità di assistere in ospedale il proprio compagno o la sua pensione di reversibilità in caso di decesso, la magistratura potrà ordinare che al convivente gay sia riservato un trattamento uguale a quello della coppia sposata, e, se necessario, riformare per vizio di incostituzionalità le leggi che lo impediscono.

Non sarà il matrimonio che volevano, ma per Antonio e Mario è un “bel regalo” per il decimo anniversario di nozze. Per tutte le coppie omosessuali italiane, un primo strumento concreto a tutela dei propri diritti. Si attendono segni di vita dagli scranni parlamentari.


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Commenti all'articolo

  • Di Vindice (---.---.---.217) 18 marzo 2012 02:28

    La Cassazione è stata chiamata a decidere se fosse legittima la condotta del sindaco di Latina che ebbe a rifiutare la trascrizione nei registri di stato civile di quel Comune del matrimonio contratto all’estero tra due soggetti omosessuati.Si può discutere sulla motivazione addotta dal sindaco a sostegno del rifiuto solo per dire che l’ordine pubblico è minacciato purtroppo da ben altri eventi.Sulla sentenza della Suprema Corte-invece-se proprio si vuole aprire una discussione la si deve contenere rigorosamente nell’ambito del diritto,perchè è questo il solco entro il quale i giudici della legittimità hanno collocato la loro pronuncia.Ed infatti la Corte ha dichiarato non trascrivibile il matrimonio perchè nel nostro ordinamento non vi è una legge che lo consenta,ma ha giustamente ribadito che sono inviolabili i diritti,costituzionalmente protetti,tra cui è preminente il diritto di ogni cittadino di organizzare liberamente la propria vita,anche sotto il profilo del proprio orientamento sessuale.In altri termini si afferma il principio che la condizione di omosessuale non può privare il cittadino del godimento di ogni suo diritto,purchè nel rispetto della legge.In tale ottica giuristi ed operatori del diritto non possono che convergere sulla posizione espressa dalla Corte. Ma la sentenza ha già destato un certo scalpore,ed altre censure certamente non mancheranno da parte di quanti si ostinano a voler lucrare rendite di posizione con ottuse prediche sulla morale.E’ bene invece uscire dall’equivoco ed accettare una volta per tutte che i diritti civili si perdono soltanto in presenza di violazioni di norme di legge e non quando si sceglie di vivere liberamente la propria vita."Honeste vivere,neminem laedere" è un precetto cristiano che non osservano coloro che discriminano il diverso.Non è un peccato essere omosessuali,ma è certamente un peccatore l’omofobo.
    In definitiva non preoccupa la bufala della bomba atomica ipotizzata da Carlo Casini,quanto invece è indegno di un Paese civile che non si provveda a normare situazioni che, piaccia o meno, esistono e non possono essere ignorate con grave pregiudizio per le persone e per l’immagine stessa dello Stato.

  • Di (---.---.---.45) 18 marzo 2012 12:57

    Nulla di nuovo >
    Se parliamo di diritto dobbiamo riconoscere che quanto asserito dalla Cassazione è riferibile ad una qualsiasi "coppia di fatto". A prescindere dal sesso dei componenti.
    Che debbano essere tutelati i diritti fondamentali dell’individuo è sacrosanto.
    La legge non chiarisce quando si configura una "stabile" convivenza, nè quali sono le "specifiche situazioni" degne di tutela in caso di "stabile" convivenza.
    Non è quindi secondario che la Cassazione faccia rinvio alla decisione, caso per caso, del giudice civile.
    Tutto questo non ha niente a che vedere con il matrimonio.
    Niente di nuovo in tema di Omosessualità e Discriminazione ...

    • Di (---.---.---.35) 19 marzo 2012 17:23

      Sarebbe infatti interessante iniziare a pensare a questo genere di risposte per situazioni che sono oramai cosa quotidiana: le coppie di fatto, le unioni omosessuali, checchè ne possa pensare la chiesa e chi la segue, esistono. Sarebbe quindi più onesto, da parte di tutti, trovare una collocazione corretta all’interno di un ordinamento che fa da base al tessuto sociale.

      E non solo: il portare alla luce queste condizioni (che, per chi le vive, sono la normalità) dovrebbe iniziare anche la conversione di pensiero necessaria ad accettarle quali, appunto, "normali".

  • Di (---.---.---.62) 19 marzo 2012 11:38
    Un sorriso e una speranza (anche se il nord Europa sembra sempre più lontano): in Danimarca alla mega-manifestazione contro i matrimoni gay si sono presentate ben... 19 persone! E pensare che c’era stato un battage pubblicitario enorme!

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