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Martelli e Grasso: la memoria ritrovata

Di una trattativa tra Stato e mafia, il primo a parlarne fu Salvatore Riina. In una udienza subito dopo il suo arresto (15 gennaio 1993) disse “Chiedete a Mancino come mai ha dichiarato che pochi giorni prima del mio arresto disse ’Tra poco cattureremo Riina’ e al figlio di Ciancimino che aveva contatti con i Carabinieri". Quelle che sembravano farneticazioni rabbiose di un boss catturato, dopo 30 anni di latitanza si stanno rivelando veritiere in questi giorni che a partire da Claudio Martelli al Procuratore Grasso.

Per arrivare alle prime, seppur non complete ammissioni, abbiamo dovuto attendere sedici anni.

E’ spuntato anche il famoso papello, che dettava le condizioni di cosa nostra per poter metere fine alle stragi. Tutto a posto quindi? No. Non ancora.

Possibile che un colonnello e un capitano dei Carabinieri siano i referenti ultimi della trattativa?

Ora che molti protagonisti dell’epoca hanno ritrovato la memoria, vorremmo sapere a chi rispondevano i due ufficiali dell’Arma e a chi si riferiva Paolo Borsellino, quando dichiarò a Don Cesare Rattoballi che qualcuno di molto vicino lo aveva tradito.

Proprio Don Cesare (il cugino di Vito Schifani che durante il funerale Falcone e gli uomini della scorta, sorregge Rosaria mentre legge quel testo ormai tristemente famoso), al di fuori del segreto della confessione, potrebbe dire cosa turbava nei giorni precedenti alla strage di Via D’Amelio.

Paolo Borsellino, ormai lo sappiamo, è stato ucciso perché assolutamente contrario a legittimare cosa nostra al pari dello Stato. Ma l’impulso a mio avviso di far presto avviene quando Borsellino consegna il dossier dei rapporti mafia-politica-affari, ovvero quella che poteva essere la “tangentopoli del sud”. Un intreccio di malaffare che vedeva coinvolti gli stessi gruppi industriali coinvolti a Milano, solo che in questo caso c’è un elemento in più, la mafia

Ed in ballo non più qualche giorno di galera, ma la morte.

Credits Foto: Corriere della Sera

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