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Marchionne è un bluff, come Alitalia (che sarà venduta a Airfrance)

In questi giorni hanno fatto sapere che il destino inevitabile di quel che resta di Alitalia, è quello di essere pappato da Air France. Quasi tutti, anche nel paese senza memoria, ricorderanno che si stava già vendendo l'Alitalia (che era) ai francesi, ma che Berlusconi irruppe facendone una questione da campagna elettorale sulle ali dell'italianità della compagnia.

Quello che ne emerse fu il macello di Alitalia (pagato anche da Malpensa) e la creazione di CAI, dove confluì anche, quasi inosservata, la compagnia Airone, pure lei in disgrazia. Agli investitori cooptati da Berlusconi venne offerta un'Alitalia mondata dai debiti e da gran parte dei dipendenti, così è bastato loro contenere i costi e concentrarsi su poche rotte redditizie e ridursi a vettore regionale o poco più. Ad Air France finirà così una mini-Alitalia che porta in dote i privilegi di un vettore nazionale, ma che non peserà come tale dentro Air France. Ai capitani coraggiosi non resta che attendere il termine del divieto di rivendere le quote e non sembra che abbiano molti dubbi, l'affare è già in preparazione e lo stesso amministratore di Alitalia lo dà per scontatoLo sventurato sindacalista che ha sparato l'ipotesi di altre alleanze sembra ignorare che Air France ha già il 25% di Alitalia, ma anche quello fa parte dello spettacolo, come il barbaro che grida contro i nemici di Malpensa.

Similmente sembra si proceda anche per la Fiat, con la parte imprenditoriale che sta platealmente raccontando storie alle parti sociali e al paese, trovando pure parecchi alleati. Due sono gli argomenti principali usati da Marchionne e associati per sostenere pretese francamente assurde e platealmente provocatorie: Fiat è un'azienda moderna che si sta imponendo sui mercati internazionali. Fiat è pronta a investire in Italia venti miliardi di euro.

fiat+operai+fiches+di+marchionne

Non è vera la prima e non è vera nemmeno la seconda e non si capisce come non lo faccia notare nessuno quando si citano queste due affermazioni dandole per scontate. Venti miliardi di euro non sono una cifra scontata e non risulta che Fiat ne disponga. Sui mercati internazionali Fiat è sicuramente presente, ma non brilla per prestazioni e nemmeno per dimensioni. Fiat è entrata in Chrysler senza metterci un euro, nessun investimento miliardario, e gode di buona stampa perché i contribuenti americani ci hanno messo parecchi soldi e perché i sindacati possiedono il 55% delle azioni, a relativa garanzia dei crediti dei lavoratori. Chrysler è un'azienda decotta che non è decollata nemmeno quando i tedeschi di Daimler (Mercedes) l'hanno comprata e ci hanno investito.

Il mercato delle auto è in tremenda contrazione in tutta Europa e anche negli Stati Uniti, la metà o quasi dell'industria dell'auto occidentale è fallita negli ultimi anni, ma essere sopravvissuti al fallimento non significa aver acquisito i superpoteri o aver trovato generose fonti di finanziamento per gettarsi alla conquista del mercato dell'auto, che ha sempre punito duramente che ha fatto passi più lunghi del dovuto. Chrysler è un problema, non una risorsa, proietta Fiat in una dimensione superiore, ma è una scatola quasi vuota, se non fosse per i dollari che ci ha messo dentro il Tesoro americano.

Marchionne

Non si capisce chi potrebbe finanziare i piani di Marchionne in uno scenario del genere, ma si capisce che la voce grossa di Marchionne non è altro che un bluff, più utile a far pressione su sindacati già rovinati che a dialogare con un governo che da sempre agisce con ostilità nei confronti della casa di Torino, c'è chi dice per ovvia ostilità di un Berlusconi cresciuto masticando amaro all'ombra del mito della famiglia Agnelli.

Non finirà con la Fiat venduta ad Air France, ma per evitare il rischio di sfracelli Marchionne farebbe meglio a volare basso, il suo bluff non è privo di rischi e il suo tempo utile si potrebbe rivelare più breve di quello necessario a fare bottino.

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.232) 21 novembre 2010 13:10

    Quella di Marchionne è la vecchia strategia del "divide et impera". Ogni stabilimento con proprie regole e destino. Con buona pace del Contratto nazionale.
    La Camusso chiede a Marchionne: dimmi come è fatta Fabbrica Italia e come sono fatti i 20 miliardi promessi. Questa è l’unica condizione preliminare per sposare il Contratto con la produttività di ogni stabilimento. Solo così anche gli irriducibili della Fiom non saranno più un problema.
    Perfino Bonanni condivide questa linea.
    E’ l’unica strada per dare sostanza a Parola e Merito ...

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