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Mafia: i senatori Gaetti, Bertorotta e Catalfo interrogano su pentito Melo Bisognano

Per gli interroganti Bisognano e i suoi familiari sarebbero a tutt'oggi sottoposti allo speciale programma di protezione del ministero dell'Interno e, conseguentemente, beneficerebbero delle provvidenze economiche correlate, nonostante la commissione di reati in costanza di collaborazione e nonostante la documentata infedeltà nel contributo collaborativo fornito. 

Il 25 maggio 2016, nell'ambito dell'operazione "Vecchia Maniera", veniva arrestato nella casa in cui viveva sotto protezione il "pentito" Carmelo Bisognano (nella foto) ex capo della mafia mazzarrota, collaboratore di giustizia dal novembre 2010.
Bisognasno e altri tre soggetti sono accusati di aver commesso diversi reati in costanza di sottoposizione allo speciale programma di protezione. In particolare, le intercettazioni telefoniche avevano rivelato «che Bisognano Carmelo, collaboratore di giustizia, sottoposto a programma di protezione e residente in località protetta, continuava a coltivare anomali "interessi" per il territorio di Mazzarrà S. Andrea, nonostante si fosse allontanato da tempo da quell'area».
La condotta in carcere di Bisognano si era resa necessaria per il trasferimento fraudolento di valori attraverso l'attribuzione fittizia di titolarità societarie al fine di occultare la reale proprietà dei beni e delle ricchezze in capo al pentito, nonché per una tentata estorsione posta in essere con l'aiuto di un complice ai danni di una società di costruzioni, scavi e movimento terra dell'area di Barcellona Pozzo di Gotto al fine di ottenere subappalti per la società fittiziamente intestata. Inoltre gli veniva contestato il reato di aver rilasciato false dichiarazioni davanti ai giudici, in certa misura parziali ed omissive, e il reato di favoreggiamento. Dall'indagine è emerso che il pentito disponeva di notizie riservate fornitegli da taluni appartenenti all'Arma dei Carabinieri, poi identificati ed attualmente sottoposti a procedimento penale, che lo mettevano in condizione di conoscere dati, attinti dalle banche date interforze, consultabili esclusivamente dalle forze di polizia e di allontanarsi dalla località protetta o comunque muoversi liberamente nel territorio peloritano, anche accompagnato dal personale di scorta, incontrando altri collaboratori di giustizia, soggetti criminali o in contatto con ambienti criminali.
Sulla posizione del collaboratore il 3 maggio scorso è stata presentata in Senato un’interrogazione ai ministri dell’Interno e della Giustizia firma dei senatori Gaetti Bertoratta e Catalfo.
Nell’atto parlamentare si legge come “il collaboratore di giustizia avrebbe ottenuto, precedentemente al suo arresto (25 maggio 2016), ma in data successiva all'irrevocabilità della sentenza nell'operazione "Vivaio" (11 novembre 2015), nella quale si era rilevata l'incompletezza del suo contributo dichiarativo, un provvedimento giudiziario di favore, adottato in violazione di legge, beneficiando il 23 dicembre 2015 della sospensione dell'ordine di carcerazione riguardante la pena residua comminatagli. Con la sentenza "Vivaio" Bisognano era stato ritenuto responsabile per i reati di associazione mafiosa ed estorsione, dunque per delitti tutti ostativi alla possibilità di ottenere la sospensione dell'esecuzione della pena; infatti, ai sensi dell'art. 656 del codice di procedura penale il condannato deve essere arrestato ed attendere in carcere la concessione di una misura alternativa alla detenzione. Eppure la stessa sentenza di condanna, in relazione ai medesimi titoli di reato, è stata posta immediatamente in esecuzione per gli altri condannati, tra cui un altro collaboratore di giustizia, Alfio Giuseppe Castro, che godeva dello speciale programma di protezione. L'indebita sospensione dell'ordine di esecuzione è stata sollecitata dalla difesa di Bisognano ai magistrati del distretto messinese, come risulta dal contenuto di colloqui telefonici tra quest'ultimo ed il proprio difensore. L'avvocato ha inoltre fatto richiesta, in corso di valutazione per verificare l'effettiva irrilevanza ai fini dell'oggetto del processo, della distruzione delle bobine di ascolto al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina, motivandola con l'asserita irrilevanza e con la circostanza che si tratti di conversazioni meramente inerenti alla scelta della linea difensiva”.
I senatori inoltre evidenziano che “nonostante la commissione di reati in costanza di collaborazione e nonostante la documentata infedeltà nel contributo collaborativo fornito, Bisognano e i suoi familiari sarebbero a tutt'oggi sottoposti allo speciale programma di protezione del Ministero dell'interno e, conseguentemente, beneficerebbero delle provvidenze economiche correlate;”.
Sottolineando che “la gravità della condotta dell'infedele collaboratore di giustizia è stata confermata dai provvedimenti del Tribunale del riesame di Messina e del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, ove attualmente è in corso il processo, che hanno rigettato le richieste di scarcerazione proposte dalla difesa” e che, a parere degli interroganti, “sarebbe necessario verificare se la sospensione, che appare contra legem, dell'ordine di esecuzione di sentenza irrevocabile nei confronti del collaboratore di giustizia e che ha permesso a Bisognano di rimanere a piede libero in attesa della decisione del Tribunale di sorveglianza di Roma competente per territorio, sia stata disposta in osservanza delle norme che regolano l'istituto di cui all'art. 656 del codice di procedura penale e quali ragioni abbiano giustificato il diverso metro di giudizio adottato nei confronti dell'altro collaboratore di giustizia Castro, condannato per gli stessi titoli di reato di Bisognano nel medesimo processo e nei riguardi del quale non vi è stata sospensione dell'ordine di carcerazione”.
Gli interroganti pertanto chiedono ai ministri competenti se essi “siano a conoscenza della condotta di Bisognano in costanza di collaborazione e delle documentate strumentalizzazioni della collaborazione con la giustizia; se il Ministro dell'interno abbia notizia di quali provvedimenti, in relazione alle sistematiche violazioni delle regole comportamentali che ogni collaborante è tenuto ad osservare, siano stati adottati da parte della commissione centrale per la definizione dello speciale programma di protezione e, in caso negativo, se vi siano ragioni che giustifichino tale situazione di impasse; se il Ministro della giustizia sia a conoscenza delle modalità e delle ragioni per le quali la Procura generale presso la Corte di appello di Messina ha sospeso in data 23 dicembre 2015 l'ordine di carcerazione nei confronti di Carmelo Bisognano, concernente titoli ostativi alla sospensione quali l'associazione mafiosa e l'estorsione aggravata dal metodo e dall'agire mafioso; se sia a conoscenza degli atti processuali, ivi compresi i contenuti delle conversazioni telefoniche sull'utenza in uso a Carmelo Bisognano, successivamente all'11 novembre 2015, data del passaggio in giudicato della sentenza da porre in esecuzione, da cui emerge la commissione di attività tese ad ottenere la sospensione dell'ordine di carcerazione, ed eventualmente se intenda esercitare i propri poteri ispettivi al fine di valutare anche la condotta di quei magistrati che si sono adoperati per conseguire il risultato della sospensione dell'ordine di carcerazione; se non ritenga necessario attivare le procedure ispettive e conoscitive previste dall'ordinamento, anche al fine di prendere in considerazione ogni eventuale sottovalutazione di significativi profili di accertamento.”

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