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Mafia e Fede nell’omertà, contro Saviano

Terrificante la (casuale?) coincidenza dell’attacco di Emilio Fede contro Roberto Saviano, con l’anniversario dell’assassinio di Peppino Impastato.

Mafia e Fede nell'omertà, contro Saviano

Tralasciamo la telenovela sull’abusivismo di Rete4 O che il TG di quel canale non riesce a fare molti ascolti è più che risaputo. Come il fatto che il suo direttore, preso in giro un po’ da tutti (amici e comunisti), possa avere frequenti crisi di nervi. C’è da chiedersi se tutto questo giustifica il suo vergognoso attacco a Roberto Saviano per avere un po’ più d’attenzione.
 
Saviano ha fatto una scelta coraggiosa. Al contrario di chi, ogni tanto, informa di qualche blitz per dovere di cronaca, mentre cerca di distrarre il pubblico con qualche meteorina. Saviano non ha bisogno di nascondersi dietro arroganza e insulti gratuiti. Ma è capace di usare la parola nel modo giusto, perché ne comprende il valore.
 
Riuscendo a distinguere anche quando viene attaccato da chi vuole salvare ipocritamente false immagini. E anche quando questi attacchi vengono difesi d’ufficio come semplice diritto di critica.
 
Ovviamente, in un Paese dove la libertà è usata come slogan si può esprimere qualunque opinione. Anche se contro giustizia e verità. Anche se manca di rispetto. Si può anche pretendere il silenzio. Degli altri. I talebani non sono tanto differenti. Questo non avverrebbe se la libertà fosse considerata un valore e fosse accompagnata dalla reciprocità. Probabilmente qui ognuno dovrebbe fare un po’ d’autocritica. Senza contare che tra chi oggi grida allo scandalo (es.: Leoluca Orlando), ieri non si comportava molto diversamente verso Giovanni Falcone. Giusto per non dimenticare. E per notare come tante volte gli opposti si attraggono.
 
Sempre per non dimenticare, è opportuno notare che il direttore del Tg4 non poteva scegliere momento peggiore per attaccare Roberto Saviano. La concomitanza con l’anniversario dell’assassinio di Peppino Impastato (9 Maggio 1978). Era nato il 5 Gennaio 1948. Quindi morì poco più che trentenne. L’età che ha ora Saviano. Terrificante coincidenza. Soltanto una svista capitata a un giornalista di cotanta esperienza?
 
Anche Peppino Impastato rompeva. Provocava la riflessione della gente. Perciò non volle tacere. Sapeva che è un modo efficace per disturbare le prepotenze di Cosa Nostra. Perché le si impedisce di agire tranquillamente.
 
Anche Peppino Impastato faceva clamore. “Creammo un forte nucleo giovanile”, scrisse, “fondammo un giornale e un movimento d’opinione, finimmo in tribunale e su tutti i giornali”. Credeva così tanto nella forza della parola che realizzò Radio Aut. Piccola radio locale, ma capace di farsi sentire più di qualche rete nazionale.
 
Non lo si voleva riconoscere eroe neanche da morto, ma a volte la storia riesce a riscattare. E non si voglia che per questo si debba per forza morire. E neanche essere dimenticati o isolati.
 
Il che potrebbe avere un sapore peggiore della morte.
 
Non si capisce perché Saviano dovrebbe indossare il saio, quando altri dovrebbero indossare il cilicio. Non è lui che deve sentirsi in colpa. Non spetta a lui risarcire le vittime di Cosa Nostra. Si confondono volutamente carnefici e vittime. Si vuole far terra bruciata attorno a chi è anch’egli vittima e vuole ribellarsi a meccanismi sporchi e perversi. A chi da veramente fastidio il clamore che suscita? Ci auguriamo che Saviano continui a guadagnare sempre di più alle spalle della Camorra. E che arrivi presto il giorno in cui possa goderne tutti i profitti in piena libertà. Le mafie hanno guadagnato troppo alle spese di tutti. Grazie al silenzio. È ora che la musica cambi.
 
Sappiamo tutti che Saviano non ha scoperto la camorra. Ma la denuncia e la svela ai molti disposti ad ascoltare. Contribuisce a formare delle coscienze e una cultura che si oppongono all’illegalità. Come hanno fatto e continuano a fare altri eroi. Così come molti altri personaggi non fanno. Piuttosto preferiscono riempire i media con modelli senza valori. Non scomodi. Così non si vede. Non si sente. Non si parla. Forse quello che pensa Fede “lo pensa la maggioranza degli Italiani” (convinto lui!). Forse sarà per questo che Saviano ha più seguito e vende più di lui. Forse il nostro carissimo direttore potrebbe fare un’intervista a qualche boss di sua scelta e chiedergli come la pensa. Certamente come la maggioranza fedele a cui il direttore si riferisce. Forse c’è una differenza sostanziale tra chi si guadagna meritatamente ammirazione e sostegno, e chi cerca di imporsi con prepotenza. Finalmente per una volta bisogna dare ragione a Fede. “Un Paese come il nostro è contro la malavita organizzata”.

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