• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > Ma io difendo il Popolo Viola

Ma io difendo il Popolo Viola

Ieri sono stato ad Arcore. Nonostante tutto. Nonostante il periodo veramente poco felice per qualsiasi cosa che abbia lontanamente la forma di un incontro pubblico. Sono stato ad Arcore perché come spesso mi succede nelle manifestazioni del Popolo Viola mi sento a casa, e se non a casa comunque molto comodo. Perché i Viola sono fondamentalmente la gente: chi più incazzato, chi meno, chi con grandi capacità oratorie e chi con la parolaccia in bocca per lo sdegno. Sono stato ad Arcore perché alle manifestazioni dei Viola i politici non parlano. Ascoltano. Come nei paesi civili in cui lo sdegno viene esercitato per diventare uno stimolo delle prossime azioni istituzionali (anche se poi si intrufola qualche futuro candidato con decenni di politica alle spalle che sfrutta il periodo di vuoto istituzionale…). Sono stato ad Arcore perché non c’erano prodotti di marketing editoriali: figli delle sigle presunte ribelli che rispondono alle stesse logiche di chi abbiamo contestato, con la differenza che perdono da decenni. Sono stato ad Arcore perché non c’erano divi: migliaia di disoccupati, studenti disillusi, gente non avvezza alla prostituzione (prostituzione da dietro o prostituzione intellettuale non importa). Sono stato ad Arcore dove si riconoscevano benissimo quei pochi che vorrebbero incanalare il dissenso nei binari della spettacolarizzazione come nelle peggiori famiglie berlusconiane. E ho visto la gente. Il popolo, si sarebbe chiamato qualche anno fa. Spettinato, sudato, incazzato e con un culto per l’informazione civile: quella obbligatoria secondo la Costituzione.

Poi ho visto un gruppetto diventare scheggia. Una scheggia che indipendentemente e autonomamente ha deciso di usare altri modi rispetto al tragico sorriso di chi racconta un Paese in cui puttanieri si sono sostituiti agli statisti. Ed ero sicuro che non solo i nemici ma anche (e soprattutto) i falsi amici più moderati avrebbero usato quel manipolo per raccontare una manifestazione “maleducata”.

C’è qualcuno che si ostina a pretendere una ribellione composta per non rompere gli equilibri come se il problema fosse una persona e non un modo. C’è qualcuno che crede di salire sui monti della nuova resistenza insieme a Fini e Casini imparando la parte del partigiano e aspettando solo qualche adolescente con una birra di troppo in corpo per gridare allo scandalo istituzionale.

Ho sempre temuto più le vestali icone della democrazia e gli amici falsi cortesi rispetto ad un nemico chiaro e dichiarato. Per questo sono stato ad Arcore e stasera più di ieri sono con quella gente in piazza. Che si chiami Popolo Viola o gente. L’importante è che sia lontana dalla prostituzione della bicamerale.

Commenti all'articolo

  • Di fernanda cataldo (---.---.---.162) 7 febbraio 2011 14:19
    fernanda cataldo

    concordo pienamente!

    ferni

  • Di saturninox (---.---.---.62) 8 febbraio 2011 16:56
    saturninox

    Ieri sono stato ad Arcore. Bella giornata, molto calda, per esser febbraio. Molta gente, colori, ironia, spesso sarcasmo.

    Un’aria strana, stratificata. Molta energia, molte voci, molta rabbia. Certo, le dichiarazioni erano spesso nonviolente, anzi. Dal palco molte volte si è dichiarato la volontà e il bisogno di mantenere il livello dello scontro in termini pacifici. Ma c’era un altro sentire tra le righe.

    Non in tutti, certo, ma specie nei più giovani, la rabbia era presente. Una rabbia sorda, la stessa rabbia del 14 dicembre, quella che era scoppiata a Roma.

    Una rabbia che ho già sentito dagli studenti, dai ricercatori. Quella che cresce quando non ci sono alternative.

    Quella che tiprende quando vedi che il burrone è sempre più vicino e non si riesce a invertire la marcia, a frenare prima di cadere nello strapiombo.

    Quella che hai quando non trovi lavoro e non sai più come mantenere i figli. Quella che ti prende di fronte a imbecilli raccomandati, strizzati in abiti alla moda, dietro occhiali che valgono quanto due o tre dei tuoi stipendi da precario.

    Quella che vedi arrivare da piazze di paesi lontani, ma che hanno trovato forza e coraggio di urlare la loro ribellione.

    Non ho visto gruppi organizzati. Mi spiace per chi cerca i nemici da additare, ma non c’erano organizzazioni o strutture ad occupare la piazza.

    Ho visto solo che l’incazzatura cresce e che se non si trova una via d’uscita da questa pornorepubblica arcoreana, prima o poi esplode.

    Forse è nichilismo, forse è mancanza di speranza, ma siamo sull’orlo del vulcano. e giù la lava si vede, guardando nel cratere. Già l’odore dello zolfo brucia nelle nari di molti, nelle vene di tanti. Non si può uccidere la speranza di vita senza che questo non provochi una reazione.

    E su questo devono riflettere tutti. Certo, il Sultano è il despota di oggi, ma il vero problema è che non c’è nessuno che stia cercando di trovare una risposta per i nostri figli.

    Paghiamo il fatto di essere un paese di vecchi, ripiegati sui propri interessi, senza più un progetto credibile. Oramai siamo oltre al si salvi chi può, pieni di fica e di suv, di cellulari e di grandi fratelli.

    Ora possiamo, come ha fatto il presidente Napolitano, strillare scandalizzati di fronte alle violenze della piazza. Possiamo chiedere sentenze esemplari per i colpevoli di cotanto spregio delle regole democratiche (francamente le cose successe sono molto più lievi di quanto i media hanno pompato), ma chiederei a questi solenni censori:

    come fate voi a dire queste cose, quando i responsabili di Genova stanno ancora nelle "forze dell’ordine" anzi sono stati promossi? Andatevene, fatevi da parte, lasciate che i giovani possano avere la loro possibilità.

    Sbagliando, magari, ma ridategli la speranza di poter essere protagonisti del loro futiro. Adesso!

    saturninox

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares