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Ma il Mein Kampf è già in libreria. L’insensatezza, politica e scientifica, di una polemica risibile

Prima di tutto i fatti.

Sabato scorso Il Giornale è uscito nelle edicole con, in allegato, il primo volume della Storia del Terzo Reich di William L. Shirer e il Mein Kampf di Adolf Hitler, nell’edizione critica dello storico Francesco Perfetti, professore ordinario di Storia Contemporanea presso la Facoltà di Scienze Politiche della Luiss di Roma.

Di fronte a tale iniziativa editoriale si è alzato un coro di critiche da parte di soggetti, istituzionali e non, che è andato dalle dichiarazioni di inopportunità ad annunci di esposti all’autorità giudiziaria per il reato di apologia del fascismo.

Tali reazioni mi sembrano infondate sia sotto il profilo politico che scientifico.

Sotto il primo, infatti, ricordiamo come sia opinione comune e consolidata che occorra non dimenticare, affinché l’orrore non si ripeta. D’altronde la legge italiana del luglio 2000, istitutiva del Giorno della Memoria, non afferma proprio la necessità di «conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa», di modo che «quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti» non debba «mai più accadere»?

Ebbene, cos’è l’edizione critica e curata da un docente universitario di un testo se non uno strumento per ricordare in modo consapevole?

L’unica critica politica legittima che può essere mossa all’operazione messa in cantiere dal Giornale è quella di chi, non simpatizzando ovviamente per il nazismo, dovesse ritenere che proprio per evitare che il fantasma hitleriano riprenda corpo e vita, si debba impedire alle nuove generazioni anche solo di sapere che Hitler abbia scritto quel tragico pamphlet. L’oblio, quindi, e non il ricordo, per tenere a bada il demone.

In questo caso, bisognerebbe però ritirare dal commercio tutte le copie della Mia battaglia (i detrattori dell’iniziativa di Sallusti si sono infatti ben guardati dal ricordare che il programma politico di Hitler è comodamente a disposizione in libreria), farne un ben falò e vietarne l’ulteriore diffusione. Ma questi propositi nessuno li ha enunciati, perlomeno esplicitamente.

Da un punto di vista scientifico, poi, è fin troppo imbarazzante far presente come la comunità degli studiosi non possa che trarre profitto da un documento accompagnato dall’introduzione di uno dei suoi esponenti, introduzione che potrà ovviamente essere criticata nel merito, ma non osteggiata in via pregiudiziale (e quindi antiscientifica).

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