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M5S-Lega | Ipotesi di governo, ipotesi di opposizione

Parlare di politica italiana è oggi piuttosto frustrante. E anche scontato.

La sintesi più semplice è che il M5S è andato là dove l’essenza ideologica dei suoi padri fondatori, Grillo e Casaleggio, lo avevano avviato. A destra. Anzi ad accordarsi con la peggiore estrema destra xenofoba e sovranista, suprematista e reazionaria - oltre che vincente - dai tempi del dopoguerra.

 

Con buona pace di tutti gli illusi che pensavano davvero che il movimento - in quanto “ribelle” - fosse di sinistra e che quindi il suo collocamento a sinistra si potesse manifestare in un processo di apertura al Partito Democratico che fosse vero. Riuscendo dove era fallito qualsiasi tentativo frazionaista delle formazioni della sinistra più o meno radicale e/o socialdemocratiche: spostare il PD a gauche.

La realtà è più banale, il M5S non è un movimento di sinistra, né nella ideologia di fondo né nella prassi politica. E lo si vede nell’accordo di governo con Matteo Salvini, lo si vede nella proposta fiscale che regalerà, se confermata, paccate di soldi ai più ricchi sottraendoli allo stato (cioè tagliando risorse a quei settori di welfare che già annaspano) o nelle parti di programma che riguardano i migranti di cui ricordiamo qui la più cervellotica: «La valutazione dell’ammissibilità delle domande di protezione internazionale deve avvenire nei Paesi di origine o di transito, col supporto delle Agenzie europee». Sic!

Nel frattempo le uniche cose che si muovono in casa PD, dove volano gli stracci, sono i previsti piccoli passi che Matteo Renzi sta compiendo per abbandonare il partito al suo destino, ritagliandosi una formazione politica a sua immagine e somiglianza.

Il 19-20-21 ottobre 2018 tornerà la Leopolda. Si chiamerà ‘La prova del Nove’. Ne parla un articolo de Il Foglio che sintetizza: «Sarà la prova del nove perché avrà l’occasione di sperimentare se può esistere anche senza il Pd e se il brand “Renzi” vale ancora qualcosa». Se - in altri termini - il nuovo soggetto politico potrà «aggregare le forze che non si riconoscono più nel Pd e in Forza Italia». Alias un partito fotocopia del progetto vincente di Emanuel Macron che tenterà di cannibalizzare (verbo abusato di questi tempi, ma quantomai utile per una fotografia esatta della realtà) il centro ex-democristiano sia di destra che di sinistra.

Ma se la Lega e il M5S dovessero andare a un confronto/scontro diretto (il che avverrà appena caduto questo - per ora ipotetico - governo) il quadro politico che ne risulterà sarà oltremodo caotico: oltre alla destra leghista avremo il partito di Renzi a presidiare l'area del patto del Nazareno e un M5S che dovrà riciclarsi surretiziamente come forza “di sinistra” per poter contrastare l’estrema destra rampante, sottraendo spazi alle residuali forze realmente progressiste (che peraltro stanno facendo una fatica improba a riprendersi dalla mazzata del 4 marzo e, soprattutto, dalla storica litigiosità interna).

Mentre l'ultrasinistra radicale e nostalgica continuerà a coltivare il suo orticello irrilevante quanto illusorio, la vera domanda è: la sinistra socialdemocratica riuscirà a ritagliarsi e a ricostruire pazientemente quel territorio riformatore, moderno, intelligente, unica possibilità di ripresa, essendosi ormai depurata dal renzismo macroniano così come dal ribellismo grillino o dal revanscismo rifondarolo o non si avvierà pacatamente verso la dolce morte che sembra accogliere fra le sue braccia ogni ipotesi riformista - Portogallo escluso - in questo drammatico primo quarto di millennio?

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