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Lupus: vivere quarant’anni con la malattia, la storia di Maria Grazia

La difficoltà della diagnosi e quella ancora più grande di accedere alla terapia occupazionale. Vivere con il Lupus è una lotta ed è importante saper chiedere aiuto.

di Cristina Da Rold

Maria Grazia ha sempre fatto la tessitrice, un mestiere faticoso, che richiede dedizione al lavoro e mani operose, e ci è riuscita fino a 39 anni. Aveva 21 anni quando sono iniziati i dolori alle articolazioni, in uno dei momenti più importanti per una donna: la nascita del primo figlio.

Una diagnosi difficile

“È stato il pediatra, mi racconta – che aveva notato i miei movimenti goffi nel tenere il mio bambino a inviarmi presso un Centro di Reumatologia a Milano”. Eppure ci sono voluti 10 anni perché la malattia fosse conclamata e Maria Grazia Pisu – che ora di anni ne ha 65 ed è la Presidentessa di ALOMAR Onlus (Associazione Lombarda Malati Reumatici) – potesse iniziare a chiamare per nome questa malattia. Dopo 10 anni , un effettivo peggioramento dei sintomi ha permesso la diagnosi precisa: LES-Lupus Eritematoso Sistemico.

“Lo specialista mi disse che non c’era molto da fare dato che avevo dei sintomi ma a livello clinico ancora non compariva nulla, gli esami erano tutti negativi e si poteva solo supporre, dai sintomi e da alcuni accertamenti specifici che fosse un’artrite reumatoide, ma non era nulla di conclamato. Il medico concluse la seduta con la frase che non scorderò mai: ‘Ci rivedremo quando starà peggio’, e mentre lo diceva ricordo che guardavo quelle scale in fondo al corridoio e pensavo che la prossima volta che lo avrei percorso non sarebbe stato autonomamente con le mie gambe e con il mio bambino in braccio.”

L’artrite reumatoide colpisce prevalentemente le articolazioni e in alcuni casi diventa sistemica, mentre nel Lupus il sistema immunitario colpisce da subito gli organi. Un racconto molto vivo del Lupus lo fa la scrittrice americana Laurea Groff nel suo bel romanzo The Monsters of Templeton (al momento non esiste la traduzione italiana) dove racconta la sofferenza della sua più cara amica, facendo emergere molto bene che cosa significa essere prostrati dalla malattia, essere esausti, prima ancora nello spirito che nel fisico. Il Lupus sono tante frecce che ti colpiscono in varie parti del corpo, senza mai darti una vera tregua.

Maria Grazia nel tempo ha avuto episodi di pleuriti, pericarditi, segue una terapia anticoagulante, una antiepilettica mentre anni di terapia cortisonica le hanno provocato una forte osteoporosi. Una persona che vive il Lupus è stanca, si vede giorno dopo giorno più debole, e la paura di non farcela, di trovarsi sola di fronte alle difficoltà pratiche che diventano d’un tratto giganti, diventa enorme.

Cosa fornisce il SSN?

Come per altre patologie, per il LES non è previsto il supporto psicologico nel Servizio Sanitario Nazionale. Se non hai un aiuto in famiglia sei fragile. “Ho vissuto oltre quarant’anni con il Lupus, senza mai arrendermi e, da quando ho perso mio marito è mio figlio ad aiutarmi nei piccoli disagi quotidiani. Io da presidentessa di ALOMAR negli anni ho incontrato molte persone, anche giovani, che avevano paura di ammettere a se stessi e ai propri cari la malattia. Quello che vorrei dire a tutti e a tutte è di parlare il più possibile con i vostri figli, chiedere aiuto, non crearsi una solitudine per paura di proteggere chi amiamo. Io ho sempre chiesto aiuto, anche solo per aprire una bottiglia quando le tue mani non seguono più le forme degli oggetti.”

Così come mi raccontavano anche Laura per la SM e Flavia per la distonia, la riabilitazione e in primis la fisioterapia sono un problema enorme per le malattie meno comuni. Da una parte per la quantità dell’offerta, quasi mai adeguata al reale bisogno, dall’altra per la scarsa formazione che viene fornita nelle sedi adeguate.

Abbiamo diritto a 10 giorni ogni sei mesi di terapia fisica conservativa, ma è evidente che non basta per persone con malattie reumatiche – spiega Maria Grazia – e allora chi può si organizza privatamente”. Ma in mani non esperte non solo una malattia come il Lupus non migliora, ma può anche peggiorare sensibilmente, come è capitato a Maria Grazia che ha subito la rottura di una costola proprio durante la riabilitazione dopo un incidente d’auto.

“Non è colpa dei fisioterapisti – sia chiaro – ma della scarsa formazione che viene offerta intorno a malattie come la nostra”.

Accanto alla fisioterapia, l’altro enorme buco è la mancanza di un’adeguata terapia occupazionale, una forma di riabilitazione che ha come scopo aiutare chi soffre per esempio di malattie reumatiche a continuare a compiere gli stessi gesti quotidiani assecondando il corpo che cambia. Eppure di terapisti occupazionali passati dal SSN ce ne sono ben pochi a quanto apprendo, tanto che in Lombardia l’associazione si occupa di organizzare questo servizio per chi ne ha bisogno. Anche in una città come Milano la terapia occupazionale per i malati reumatici al momento è attiva solo al Niguarda, dove ALOMAR ha attivato il servizio nel reparto di reumatologia.

Vita quotidiana e legge 104

“Basta poco per rimanere se stessi” mi dice Maria Grazia. “Per me terapia occupazionale significa qualcuno che mi insegna come alzarmi dal letto nel modo giusto per evitare i forti dolori che sento, o che mi spieghi come gestirmi in cucina, ad esempio come tenere in mano il pelapatate se devo pelare una patata. O anche solo come continuare a ricamare, che è una delle attività che ho sempre amato fare”.

A un certo punto della sua vita, alla soglia dei 40 anni, Maria Grazia si è licenziata dal suo lavoro di tessitrice. Aveva una sua famiglia e la prospettiva di un impegno per aiutare altri come lei attraverso l’associazione. Per questo motivo non ha avuto bisogno di richiedere l’accesso alla Legge 104, ma molti altri ne hanno bisogno. Ci sono casi in cui il Lupus, e altre patologie reumatiche autoimmuni, richiedono di assentarsi dal lavoro ogni due settimane per sottoporsi a infusioni salvavita.

Eppure ancora oggi di rado, secondo quanto mi racconta Maria Grazia, è presente un reumatologo in commissione, con il risultato che rimangono escluse persone che avrebbero bisogno dell’invalidità.

“Basterebbe anche una cartella clinica ben fatta, completa di tutti i documenti, compreso un certificato dello specialista che ha in cura il paziente, che specifichi quali sono le difficoltà quotidiane, per ovviare il problema, in modo da dare ai medici in commissione modo di capire esattamente che paziente hanno davanti, ma spesso ciò non avviene. Noi come associazione per esempio consigliamo di recarci prima in patronato per essere adeguatamente seguiti appositamente in vista della commissione e aiutiamo i pazienti a iniziare questo cammino, sapendo che non sono soli”.

“Oggi sono passati 44 anni”, conclude sorridendo Maria Grazia, “e da quel giorno quelle famose scale le ho salite migliaia di volte, continuo a salirle e mi auguro di poterlo fare per tanto tempo ancora”.

Maria Grazia Pisu è Presidentessa di ALOMAR Onlus – Associazione Lombarda Malati Reumatici

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Questo articolo è stato pubblicato qui

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