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Lumbini: Buddha e turismo

Finito il Nepal Tourism Year 2011 con risultati non esaltanti si pensa di riproporre il Lumbini Year 2012. I maoisti capofila dei comitati per raccogliere finanziamenti internazionali per fare del luogo di nascita del Buddha un hub turistico internazionale. 

Lumbini è nel profondo Terai, ora freddissimo (31 morti per il freddo) e nebbioso, proprio sui confini con l’India. Ci andai più o meno 20 anni orsono, viaggiando sulle strade diritte e sconnesse della pianura, sorpassando carri trainati da buoi dalle lunghe corna, guidati da baffuti contadini. Un ricordo medioevale. Passai fra campi di girasoli, riso e colza, qualche spruzzo di giungla, un po’ di fabbriche vicino alle città diroccate. A Lumbini non c’era niente, solo delle antiche fondamenta di mattoni, la vasca e la statua della Natività del Buddha. Neanche un albergo, solo una guest house poco accogliente.

Ora tutto è cambiato, monasteri dai tetti dorati, stupa bianchi e hotel accoglienti e ancora si vorrebbe migliorare. Lumbini raccoglie quasi 1.000.000 di visitatori all’anno, nella maggioranza nepalesi e indiani ma, adesso anche tanti cinesi. Dopo costanti battaglie con l’India è ormai consacrato il luogo di nascita del principe Siddharta Gautama che nel 642 AC, rinunciò al Nirvana per rinascere nel Samsara ed insegnare il Sentiero verso la Liberazione ai poveri umani. Maya Devi fu la madre, fiori di loto dorati, santi e Rishi (saggi) accolsero il ritorno di colui che, secondo molte tradizioni buddhiste, è l’ultimo di una lunga serie di Buddha. Ora si aspetta Maitreya il Buddha del Futuro, per risolvere i problemi di questa era confusa. Lumbini era un piccolo villaggio raccolto intorno a una pozza d’acqua che ancora oggi segnala il luogo della Natività. Proprio lì, qualche secolo dopo l’imperatore buddhista Ashoka mise uno dei suoi innumerevoli pilastri (249 dc). Come spesso è accaduto in Asia, invasioni e natura fecero dimenticare il luogo (e per molti secoli anche il buddhismo, almeno in India) fino al 1895 quando un gruppo di archeologi tedeschi lo riscoprì. Da allora una lunga diatriba con L’india che voleva in Kapilvastu (nei suoi confini) il luogo di nascita dell’Illuminato.

Nell’ultimo decennio grazie a Giappone, Corea del Sud, esuli tibetani e in ultimo Cina il posto ha ripreso vigore, anche turistico. Gli hotel decenti sono aumentati e, adesso, con a capo il maoista Prachanda un apposito Comitato cerca di racimolare USD 30 milioni per rendere il luogo un centro internazionale di pace e di turismo. L’idea è quella di ampliare le strutture alberghiere, costruire un aeroporto internazionale, facilitare i collegamenti stradali con l’India. Può apparire strano che sia il Lumbini Tourism and Dev. Commitee locale che quello nazionale siano diretti da maoisti, ma l’operazione e il luogo possono portare prestigio.

Addirittura Prachanda è volato a New York per chiedere l’intervento economico delle Nazioni Unite (con poco successo). In precedenza un’organizzazione cinese (Asia Pacific Exchange and Cooperation Foundation) e l’UNDP avevano firmato un accordo per realizzare strutture alberghiere, peccato che il governo nepalese non fosse stato avvertito e, giustamente, ha bloccato tutto. Le molte scuole buddhiste vorrebbero qualche loro rappresentante a capo di questi Comitati, sono preoccupati che Lumbini sia trasformato in Disney World e indispettiti dalla loro esclusione. Già hanno protestato pubblicamente.

Il Nepal Tourism Year 2011 sta finendo con risultati mediocri e Lumbini potrebbe essere una nuova proposta turistica per il 2012. Dati non brillanti nel 2011 ma incoraggianti. Il numero di turisti ha raggiunto il massimo storico quasi 550.000 (non sono confermati i dati di dicembre) con un incremento del 21,5 rispetto al 2010. Ma i commercianti di Thamel e di Basantapur si lamentano (come del resto in ogni parte del mondo). L’aumento ha riguardato in massima parte turisti cinesi e indiani che portano poco business. Gli occidentali sono stabili (ed è già un buon risultato) ma spendono solo negli hotels le 7\8.000 rupie (70/80 euro) considerate la spesa media giornaliera anche per l’artigianato. Un po’ in grigio, dunque, i risultati che pagano la perdurante instabilità politica, l’aumento dei costi e l’assenza complessiva di una politica (visti, percorsi, permessi, organizzazione, preservazione, aree pedonali, etc.) per il turismo. Malgrado gli aumenti, il Nepal rimane alla 115 posizione (su un totale di 190 paesi) come accoglienza turistica alla pari del Bangladesh e della Mongolia. Insomma si può migliorare.

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