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Lotta al terrore: Obama come Bush. Ex della Cia attacca il presidente Usa

John Rizzo la faccia del falco ce l'ha, nonché un bel sassolino nelle scarpa da togliersi. La sua ascesa come principale consulente giuridico della Cia ha dovuto subire uno stop per l'opposizione dei democratici: nel 2007 hanno costretto la Casa Bianca a ritirare la sua candidatura come general counsel per aver di fatto avallato le spregiudicate misure messe in atto sotto la presidenza Bush per stanare terroristi o presunti tali in giro per il mondo. C'è da dire inoltre che a poco più di un anno dalle presidenziali ci possiamo già considerare in campagna elettorale. Le sue affermazioni vanno quindi prese con le pinze, ma costituiscono senza dubbio una notizia di rilievo, e un altro colpo all'appeal di Barack Obama.

In una intervista alla Pbs, che andrà in onda il 6 settembre, Rizzo, definito da un giornale importante come il Los Angeles Times, il “più influente giurista nella storia della Cia”, ha dichiarato: “Con la notevole eccezione dei programmi relativi alle tecniche avanzate di interrogatorio, l'allora entrante amministrazione Obama non ha cambiato praticamente nulla delle operazioni e degli esistenti programmi della Cia. Le cose sono andate avanti. Le autorità continuano a fare ciò che era stato inizialmente permesso dal presidente Bush”.

Durante l'interregno del passaggio di consegne tra un'amministrazione e l'altra ci sarebbero stati dei briefing ai quali Rizzo dice di aver partecipato. In quelle occasioni, i funzionari di Obama sarebbero stati chiarissimi: “dissero da subito che il nuovo presidente credeva in un vigoroso, aggressivo e continuativo, sforzo antiterrorismo. Sebbene non lo dissero apertamente, era chiaro che i programmi di interrogatorio sarebbero andati avanti. Noi tutti lo sapevamo”.

Le affermazioni di Rizzo, se non dovessero essere smentite con prove documentali, di fatto costituirebbero un'ulteriore conferma della sostanziale continuità delle scelte di Obama con quelle del suo predecessore. Su di un terreno sul quale le prospettive di cambimento incarnate dall'allora senatore chicagoano hanno giocato un ruolo fondamentale nella sua elezione. Insomma, Obama doveva essere il presidente che avrebbe dovuto riaffemare con forza i valori fondanti la nazione, tra i quali il rispetto della dignità e dei diritti umani, anche per i presunti terroristi.

È ormai evidente che il cambiamento radicale nella cosiddetta “lotta al terrore”, promesso da Obama, ha dovuto fare i conti con la realtà. Lo dimostra, tra le altre cose, la mancata chiusura del campo di detenzione di Guantanamo. A marzo la Casa Bianca ha annunciato la decisione di riprendere i processi ai presunti terroristi incarcerati nel centro di detenzione cubano, precisando di aver introdotto delle nuove regole per lo svolgimento dei procedimenti e ribadendo l'intenzione di voler chiudere la base. Peccato che la chiusura di Guantanamo doveva essere uno dei principali risultati del primo anno di mandato.

A gennaio era stato già Dick Cheney, l'ex potentissimo vicepresidente, a prendersi gioco di Obama: “Abbiamo visto la sua campagna elettorale da un capo all'altro del paese: avrebbe chiuso Guantanamo”, ha detto. “Beh, così non è stato e Guantanamo è ancora lì. Alla fine ha dovuto addottare molte delle politiche che noi abbiamo messo in campo perché erano le più efficaci per difendere la nazione". Scelte che anche i neocon nostrani hanno apprezzato.

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