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Loro 2, di Paolo Sorrentino

Con la seconda parte di Loro il film di Sorrentino si compie, si conclude ed è un prodotto finito. Loro1 era preparatorio ma è in questa seconda parte che viene fuori la vera anima del nostro (o loro) protagonista, i 6 senatori comprati che gli permetteranno ancora una volta di guidare il Paese come ho guidato le aziende, cosa che in quel momento di depressione non gli “permettevano”, la separazione dalla seconda moglie, le cene eleganti (e grottesche, o “burlesque”). 

Negli avvertimenti d'apertura il film dice di non avere “scopi cronachistici” ma altro non può essere se non una rappresentazione delle caratteristiche umane dell'ometto coi tacchi, accessorio proprio di uno che tiene all'apparenza, preoccupato della rappresentazione di sé stesso, che ha vissuto in una lunghissima messinscena, una vita somigliante a fiction, un bambino che ha paura di morire (gli uomini sono limitati schiavi di tentazioni puerili, gli fa dire Sorrentino), tutto preso dal fare innamorare, imbroglione (Montanelli che lo conobbe bene disse di lui: “Ha l'allergia alla verità, una voluttuaria e voluttuosa propensione alle menzogne”), affetto da un gigantesco complesso d'inferiorità, interessato a sé e agli amici “compagni di merende”, che cadono in disgrazia se sviano da una condotta contraria alla sua “causa”.
 
Il suo grande amico Doris gli dice all'inizio di questa seconda parte che il loro egoismo deve apparire come la migliore forma di altruismo, solo così può essere ben spacciato, se convinti della bontà dei nostri sogni … Ci è riuscito benissimo, ha realizzato tutto quanto ha voluto e ha goduto delle opportunità della vita, ma c'è da meravigliarsi, o atterrire, che i cittadini del “Paese che ama” (Loro, a cui il film è dedicato) glielo abbiano permesso. Ma lui questo è stato, un ottimo piazzista (“il più grande del mondo”, disse il solito Montanelli, “se un giorno si mettesse a produrre vasi da notte, farebbe scappare la voglia di urinare a tutt'Italia”) un magnifico venditore, il migliore, di quelli che non si alzano dal tavolo se il cliente non ha prima firmato il contratto. E “Il Venditore” s'intitola il bel libro di Giuseppe Fiori del 2004, storia di B. e della Fininvest (beh, non si può dire che non abbia creato lavoro, sia a compiacenti sia a detrattori).

Il film non è “cronachistico” perché Sorrentino lo realizza da buon ultimo, quando ormai la parabola del persuasore è in caduta e diversi altri film più contemporanei al tempo della cronaca sono usciti. Lui lo rende eccessivo, grottesco, ci mette dentro degli scherzi perfino, la tragedia trasformata in farsa: il mieloso inno di FI, immancabilmente cantato dalle sue ammiratrici prezzolate e scoscianti non può che far sorridere, Viva l'Italia (loro) che ha scelto di credere in questo sogno. Piccola riflessione a margine: ma se così tanto pubblico femminile si offre volentieri alle fauci del drago quanto è credibile il MeToo fuori tempo massimo?

Ha lasciato gente svuotata attorno a sé: l'ape regina Sabina Began (magnifica attrice e avvenente Kasia Smutniak) dice nel film di sentirsi scema, dopo tutto quel lavoro di procacciatrice, lo stesso Tarantini (Scamarcio) e moglie (Euridice Axen, pepata al punto giusto) hanno lo sguardo spento e vuoto dopo le loro pubbliche relazioni. Svuotati e, pare, con un leggero senso di presa per il sedere appaiono gli abitanti de L'Aquila nelle loro new town, onorati del G8 del 2009, iniziativa pubblicitaria che rientra in quell'egoismo venduto per altruismo di cui s'è detto. Abitanti rimasti soli con le loro macerie: i boati del terremoto abruzzese Sorrentino li sistema proprio durante il giuramento per il 3° governo, dopo la compera dei 6 senatori; succede lo stesso nei film della crocefissione, quando Gesù Cristo spira si scatena il terremoto, e del resto B. era l'unto del Signore.

In questa seconda parte molti minuti sono dedicati ai discorsi tra i due coniugi in separazione, forse troppi, ma la domanda che Silvio fa a Veronica, Come mai sei stata tanti anni accanto a un essere così banale?, resta inevasa da parte di lei. Già, come mai? Eppure lei, all'inizio di Loro2, scuote la testa all'ennesima esibizione del suo “soubrettone”, canta Malafemmina applaudito dagli amici in Villa Certosa. Lo conosceva bene, ma sembra aver rinunciato all'impossibile compito di riportarlo alla realtà, Qui non sei a Porta a Porta!.

“La voce dell'innocenza” si direbbe quella di una ventenne invitata una volta alle cene eleganti, Stella (Alice Pagani) che non si diverte - osserva distaccata e scettica le esibizioni delle altre partecipanti, tutte sul mercato - la quale mette il 70enne Silvio di fronte alla realtà, dopo la inutile tentata seduzione: e dopo?, lei ha l'alito di mio nonno, mi sembra tutto così patetico e triste. Bello che se ne vada in fretta col suo trolley, una preda che non s'è data, una ragazzina inarrivabile che l'anziano forse ancora cerca. Il lavoro di Sorrentino ha senso infine, s'è davvero compiuto: viene rappresentata la deposizione di un Cristo morto estratto dalle macerie di una chiesa ad opera dei vigili del fuoco. Ecco: una deposizione avviene, certo avverrà in un tempo non lontano quella del protagonista assoluto, ha il suo mausoleo bell'e pronto.

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