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 Home page > Attualità > Società > Lo straniero | Il desiderio di una terra affrancata

Lo straniero | Il desiderio di una terra affrancata

Ricordo un tempo, forse un luogo, in cui lo straniero, quell’uno di altri paesi, di altre nazioni semplicemente, con le sue diversità, con le sue peculiarità, incuriosiva, attraeva e invitava alla scoperta di un mondo altro, seppur d’appartenenza. Quella nota di estraneità, in tal caso, fu presto dissolta cedendo il campo alla familiarità e alla vicinanza, così care ad un’accoglienza in essenza incondizionata. E un dato, or sospeso, che lo stesso sia di fuori, solo mera costruzione contrapposta a un tal dentro, a favorirla, la separazione, non fu mai sì efficace in questo senso.

Ricordo una terra, bucolica e sconfinata, una terra di girasoli ambrati e cieli tersi, di acque argentine e foreste incontaminate, una terra in cui lo straniero in quanto estraneo è sconosciuto, non vi è nemmeno la parola a definirlo, a bollarlo, a condannarlo. Ogni nuovo e benvenuto è negli occhi di un nativo meramente un viaggiatore di altre terre, foriero di ricchezze e originalità. Le porte a lui aperte, senza pena né inganno, quel di casa e pur del cuore, son custodi d’antica scienza, già fusione e mai barriera. É così che lui errante, l’altro volto di un nativo, sempre a scoprire è solo sé stesso in quell’Uno indiviso.
Ricordo ancora una corte, un giardino, un loggiato con le colonne d’epoca a suo sostegno e alti muri già in pietra, sol vestiti d’edera fiorente, un labirinto di viottoli foderati di ghiaia e una fontana posta al centro, che a sentire solo dire d’uno straniero di altre terre, si mise in viaggio oltre quella linea di un sol nascente, per vedere e toccar con mano lo sconosciuto, l’ignoto, l’inatteso, l’altro volto di sé stesso. Di ritorno in patria, non più diviso, vi portò i doni di una vita nuova, prima andata e poi risorta, or più ricca e tal solare da cambiare pur le sorti d’un grigiore secolare.
Ricordo un uomo e una donna, stessa terra, altro costume, che all’amore si son concessi fondendo corpo, arte e genio, al di là di ogni tentazione di frattura e separazione. Insieme hanno avuto modo di portare all’emersione la fusione di uno e altro, l’incontro di luce e ombra, l’unione di cielo e terra. In cuor sapevano e si sono dati, ma qualcosa è poi insorto e tutto, da quel dì, e sì mutato. Or quell’Altro, dacché amante, è divenuto il nemico, l’avverso, l’odiato, da svilire, da allontanare, da trattare con ostilità. Emerge, d’un tratto, lo straniero in casa propria, la mia gente, la tua gente, i figli già meticci, povere foglie solo al vento, senza terra né radici, e così avanti, or nell’aria la separazione, la rottura, il diviso. Irreparabile la frattura, resta solo più la morte per liberarle, le insane sorti.
Ricordo ora pure il tempo in cui lo stesso italiano, in terra propria, fu tacciato d’esser lo straniero, incursore, già nemico. E prima ancora fu quell’altro, ora lui accusatore, a vestire gli stessi panni di un intruso da cacciare, dalla casa sua sedicente. Una spirale infinita di estranei da aggredire, di terre da impoverire, di case da svuotare. Vi è sempre un Altro, in ogni luogo, in ogni tempo, vuol dio diverso, da rifiutare, da condannare, da assassinare. É l’essenza del tiranno, in cuor nostro gran padrone, coccolato e pur servito, è così che vuole il gioco di una vita ancora incerta e in attesa di maturazione.
Le memorie sì andate, porto in cuore il desiderio e la certezza di una terra imperitura, affrancata dal timore e dal pensiero d’un estraneo, d’uno straniero, d’uno sconosciuto, unica sorte di quella mente sì ignara d’un mondo vivo e dedita alla sua natura, il pensiero, quando la vita è conoscenza.
É questa forse utopia?
#senzatetto #memoria #accoglienza #straniero #conoscenza #utopia
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